Natale con i tuoi, solo se abiti in città

Che in una situazione di drammatica emergenza come quella attuale, vi sia la necessità di prendere misure urgenti ed efficaci è indubbio. Così come dovrebbe essere prevista l’assunzione di strumenti efficaci ai fini del controllo del rispetto di queste, e di piani strutturali che possano permetterci di uscire da un periodo di difficoltà, per poter affrontare i prossimi mesi in sicurezza nonostante la presenza del virus. Purtroppo, così come continuano a mancare piani efficaci per il futuro prossimo, e sono evidenti le mancanze riguardo il controllo del rispetto delle norme restrittive in vigore, è anche evidente la disparità di peso delle misure prese con l’ultimo Dpcm.

Mentre il divieto di spostamento in regioni diverse da quella di residenza, ad esempio verso le seconde case, pur scontentando molti, può avere un minimo di razionalità nel cercare di contenere il più possibile il movimento del virus, l’alternanza dei divieti agli spostamenti tra comuni, tra festivi e feriali, lascia diverse perplessità. Dubbi che nascono sulla base della razionalità della scelta e che si acuiscono pensando al diverso peso che riversano sui cittadini che subiranno misure più o meno rigide a seconda delle dimensioni del comune di residenza. Per assurdo, ad esempio, si potrebbe organizzare un pranzo famigliare il 24 o il 27 dicembre che cade di domenica, tutti a casa del parente stretto, anche in comuni diversi dal proprio, in barba al divieto di uscire il giorno di Natale.

Di fatto, se a livello costituzionale tutti i cittadini hanno pari dignità di fronte alla legge, dopo l’emanazione di questo nuovo Dpcm, almeno nei prossimi giorni di festa non sarà così. Infatti, la disparità di trattamento e di libertà individuali tra chi vive in una grande città e chi, invece, abita in un piccolo comune, risulta evidente. Colui che risiede in un grande centro urbano avrà la possibilità di passare qualche ora con i propri familiari se anch’essi residenti, però, agli abitanti di piccoli comuni, con famigliari stretti residenti in altri comuni adiacenti, è di fatto vietata la possibilità di incontrarsi, scambiarsi un augurio, fare un brindisi. Il tutto, aggiungendo irrazionalità, senza considerare l’entità dello spostamento, spesso maggiore da una parte all’altra di una metropoli, rispetto a due piccoli comuni confinanti.

L’Italia è composta, per la maggior parte, di piccoli centri e la norma deriva dalla volontà di cercare di contenere il più possibile gli spostamenti, però si sarebbe potuto pensare a spostamenti consentiti a livello provinciale, per poter creare il minimo disagio sociale, pur limitando la diffusione del virus. Se ci si affida, come sembra, al senso civico del cittadino, chiedendogli di rispettare il consiglio del massimo dieci persone a tavola, bisognerebbe dare a tutti i cittadini, indipendentemente dal luogo di residenza, la possibilità di dimostrare la propria maturità sociale. Non si possono dividere le persone in categorie differenti a seconda del luogo di residenza. In un momento di grave crisi sanitaria, che si ripercuote a livello sociale con la difficile sopportazione del normale cittadino di una situazione emotivamente stressante, ci si aspetterebbe dalle Istituzioni una maggior razionalità sulla scelta delle misure da prendere. Misure necessarie, ripeto, ma che dovrebbero essere studiate in modo da dare il minor impatto emotivo alla collettività ed essere il più razionale possibile per essere rispettate, controllate ed efficaci nell’interesse di tutti.

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