Le ragioni di una consulenza
Alfredo Quazzo 11:08 Martedì 09 Marzo 2021 0
Il Mef (Ministero dell’Economia e Finanza) ha affidato una consulenza alla società statunitense McKinsey (leader mondiale nella consulenza strategica) finalizzata ad assistere i ministeri dell’Economia, guidato da Daniele Franco, della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e della Transizione digitale, Vittorio Colao, nella gestione dei 209 miliardi di euro del Next generation Eu. Questo incarico alla società americana ha sollevato molte critiche in Parlamento, nei partiti politici e nella società civile. Ad esempio, l’ex ministro degli Affari regionali Francesco Boccia (Pd) e l’ex viceministro al Mef Antonio Misiani (Pd) chiedono al governo di chiarire perché si sia fatto ricorso a una società privata per la consulenza sui fondi europei. Un lavoro che, viene sottolineato, poteva essere affidato ad altre strutture della Pa italiana che già svolgono una funzione di advisory sulla gestione dei fondi comunitari. Il contratto siglato con la multinazionale Usa è di 25mila euro: di fatto un contratto “pro-bono”, ovvero, copre i costi delle spese del team (circa 4-5 persone) che lavorerà sotto il coordinamento del dirigente della Ragioneria Carmine Di Nuzzo. Mi ricordo che, presso una grande banca nazionale, qualche anno fa una consulenza McKinsey (4/5 consulenti più il coordinatore) era regolata con fatture di circa 500mila euro/mense più spese e Iva.
Tutti i governi, di ogni colore politico, hanno da sempre chiesto consulenze a società specializzate e qualificate. Ad esempio, nella prima parte del Recovery Plan, scritta durante il governo Conte-bis, sono state coinvolte per le schede sulla Sanità due delle big four, Kpmg e Pwc. Oggi alcune critiche mosse al governo Draghi sostengono che non si possono affidare a dei consulenti decisioni che spettano solo al Parlamento ed al Governo. Il lavoro della società di consulenza McKinsey non è quello di sostituire il “decisore pubblico” in merito all’indirizzo strategico-politico ma di condurre una analisi di impatto delle misure, di comparazione dei dati e di redigere uno studio di quanto è stato fatto in altri Paesi europei e non.
La società di consulenza non è un temporary manager (manager di alto livello che gestisce un’impresa o parti di essa per un periodo di tempo limitato con l’obiettivo di risolvere problemi gravi e contingenti, di ristabilire l’equilibrio economico-finanziario e di porre le basi per lo sviluppo futuro). Il consulente può fare il suo lavoro solo in presenza di un soggetto che è il committente della consulenza, soggetto che è il titolare e il solo responsabile delle decisioni che andrà a prendere, nel bene e nel male. Se così non fosse significherebbe che in Italia, in questo caso nel Governo, non ci sono le opportune capacità manageriali e dirigenziali e questo, certamente, sarebbe un enorme problema per il Paese ma spiegherebbe il perché il sia, sostanzialmente da anni, in una situazione fallimentare.