Quella Bastiglia di Revelli

Era il 14 luglio 1789 quando una folla di parigini infuriati attaccò la Bastiglia, carcere reale e simbolo dell’assolutismo e della repressione monarchica. Nella Bastiglia venivano rinchiuse, senza processo pubblico, le persone che potevano arrecare disonore al clero, alla nobiltà e soprattutto alla famiglia reale. I detenuti della Bastiglia, però, vivevano sufficientemente agiati, con i propri arredamenti e domestici, e tutto a carico dello Stato. La Bastiglia era quindi l’emblema del lato più oscuro della monarchia assoluta, della tirannia e dell’ingiustizia. Sempre più parigini, guidati dal curato Saint-Étienne-du-Mont, si accodarono verso la Bastiglia, con armi rubate dai negozi e dall’armeria del Palazzo degli Invalidi. Launay, governatore del carcere, dopo un’accanita discussione con i rivoltosi, ordinò alle guardie di far fuoco. I parigini, entrati all’interno della Bastiglia, trovarono l’arsenale vuoto. L’evento, comunque, destò grande felicità in tutta Parigi poiché il simbolo dell’ingiustizia e del libero arbitrio era stato distrutto, e per sottolineare l’avvenimento la testa del governatore Launay fu infilzata su una picca come trofeo. La Rivoluzione francese era iniziata!

Il 13 luglio 2021, dopo 232 anni, su di un importante e autorevole quotidiano italiano è stato pubblicato l’articolo “Governo dei padroni” a firma Marco Revelli (titolare delle cattedre di Scienza della politica, Sistemi Politici e Amministrativi Comparati e Teorie dell'Amministrazione e Politiche Pubbliche presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università degli Studi del Piemonte Orientale Amedeo Avogadro oltre che noto opinionista televisivo). Alcuni passaggi:

1) «Esemplare – ripetiamolo! – e persino caricaturale, il caso dello sblocco anticipato dei licenziamenti, con quell’”obbedisco” pronunciato con disciplina pronta e assoluta dal Capo del governo nei confronti del Capo degli industriali che non tollerava dilazioni». Vorrei ricordare che il termine di durata del blocco, inizialmente fissato al 16 maggio 2020, è stato ripetutamente prorogato, da ultimo proprio con il Decreti sostegni (D.L. 22 marzo 2021, n. 41) e il Decreto sostegni bis (D.L. 25 maggio 2021, n. 73) e non è stato anticipato. Salvo ulteriori proroghe, il termine ultimo è oggi fissato al 30 giugno 2021 eccettuate le aziende che accedono agli ammortizzatori sociali introdotti dal Decreto sostegni (in particolare la Cassa Integrazione Guadagni In Deroga, l’assegno erogato dal Fondo di Integrazione Salariale e la Cassa Integrazione Salariale Operai Agricoli), per le quali la scadenza è prevista per il 31 ottobre 2021, e i datori di lavoro che, a partire dal 1° luglio 2021, accederanno alla Cassa Integrazione Ordinaria o Straordinaria (non Covid-19), che hanno come scadenza il 31 dicembre 2021.

2) «E neanche abbiamo scordato il tormentone sul deficit “buono” e quello “cattivo”, dove il secondo è la spesa in sussidi mentre il primo in investimenti, cioè in sostegno alle imprese mentre le persone possono tranquillamente affondare… È in fondo l’assioma di Flavio Briatore – i poveri mangiano perché ci sono i ricchi  – solo per pudore riformulato in termini meno grezzi». Ogni spesa può generare debito, ad esempio: una famiglia decide di spendere per i propri figli iscrivendoli in una buona scuola, a un corso di musica, di arte, a degli stages in Europa, nel Mondo, ecc. oppure può decidere di acquistare un tablet, uno smartphone ogni 3 mesi, una bicicletta elettrica nuova, un monopattino elettrico ogni anno ecc. Ecco, le prime spese sono investimenti produttivi per la formazione dei figli e quindi “deficit buono”, mentre le seconde sono scarsamente produttive e quindi classificabili come “deficit cattivo”. In ogni caso “buono” e “cattivo” non sono appellativi “benevoli” o “malevoli” ma solo due modi per distinguere le spese di investimento per il futuro dalle spese di pur lecito piacere momentaneo. In una società dove i mezzi di produzione non sono tutti dello Stato, quello che un po’ grossolanamente afferma Flavio Briatore non è così fuori dal mondo. Se non ci fossero i “padroni” (come li chiama Revelli) con le loro imprese, i casi sono due: o si ha una disoccupazione totale oppure i salariati diventano imprenditori e, costituendo delle aziende, danno lavoro a se stessi e ad altri salariati ricostruendo la situazione di partenza con “padroni” da una parte e “salariati” dall’altra. Se invece non si vogliono più avere dei “padroni” è sufficiente implementare il comunismo dove tutti i mezzi di produzione sono dello Stato.

3) «Nemmeno la cosiddetta “riforma della giustizia” si salva da questo segno brutalmente padronale. So bene che la vexata quaestio della prescrizione dal punto di vista strettamente giuridico – della dottrina pura del diritto direbbe Hans Kelsen – è intricata, e di non univoca soluzione, come ci ha spiegato Azzariti. Ma da un punto di vista più materialmente sociale (o sociologico) le cose mi sembrano terribilmente chiare. Personalmente non riesco a non pensare che Berlusconi si è salvato da sei processi (tre per falso in bilancio, tre per corruzione) perché così ricco da pagarsi avvocati specializzati nell’arte della dilazione. E che grazie alla prescrizione si è salvato il barone Stephan Schmidheiny proprietario superstite di Eternit, di cui erano documentate le responsabilità per disastro ambientale, e dal cui business sono derivati più di 3000 morti per mesotelioma pleurico nella sola Casale Monferrato. Anche lui aveva un enorme capitale, guadagnato sulla pelle delle sue vittime, per comprarsi il tempo necessario a prescrivere i suoi reati». Ricordiamo che a 8 anni dalla condanna per frode fiscale sulla vicenda della compravendita dei diritti tv, la Cedu (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) ha dichiarato “fondato” il ricorso di Berlusconi. La Cedu ha chiesto al governo italiano di “verificare” e di “spiegare”, in quanto in quella sentenza, e in quella condanna, c’è qualcosa che non va. La condanna e la sentenza in oggetto sono quelle del primo agosto 2013, quando la sessione feriale della Corte di Cassazione, quella che si riunisce per le emergenze durante le ferie d’agosto, condannò l’allora senatore Silvio Berlusconi a quattro anni per frode fiscale nell’ambito della vicenda relativa alla compravendita dei diritti Tv. Sentenza definitiva per un’indagine iniziata dieci anni prima e arrivata in Cassazione già decapitata da una raffica di prescrizioni. Una sentenza storica per cui, applicando la legge Severino, Berlusconi fu costretto a lasciare il Senato e così fu privato di titoli, incarichi e potere. Fu condannato ad un anno e mezzo di servizi sociali e praticamente perse la sua funzione di leader politico. Una sentenza che segnò il declino politico di Forza Italia. Per quanto riguarda il barone Stefhan Schmidheiny, proprietario superstite di Eternit, ricordiamo che l’utilizzo del materiale prodotto da detta azienda, iniziò a vietarsi in Italia solo in seguito alla Legge n. 257 del marzo 1992: Norme relative alla cessazione dell'impiego dell’amianto. Cronologicamente: lo stabilimento di Casale Monferrato chiuse per fallimento nel 1986, la commercializzazione di Eternit contenente cemento-amianto cessò in Italia tra il 1992 e il 1994, l’Inail riconobbe l’asbestosi (malattia respiratoria cronica legata alle proprietà delle fibre di asbesto che provocano una fibrosi del tessuto polmonare) come prima malattia causata dall’eternit nel 1994.

4) Il professor Marco Revelli termina il suo articolo con queste parole: «E questo è e resta, con buona pace di chi fingendo di non saperlo continua a sostenerlo, il governo del privilegio». Il 14 luglio 1789 con la presa della Bastiglia si designò la fine del governo del privilegio tirannico francese, ma quale strategia concreta il professor Revelli suggerisce di mettere in campo per debellare il, da lui considerato, governo del privilegio dei “padroni” italiani?

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