Al di là di ogni ragionevole dubbio

Questa mattina, come ogni mattina, ho sentito la rassegna stampa su Radio 3 e, come prevedibile, l’attenzione si è concentrata soprattutto sul processo di appello relativo alla “Trattativa Stato-Mafia”, processo che si è concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati in quanto “il fatto non costituisce reato” e, in particolare, per Marcello Dell’Utri l’assoluzione è risultata ancora più radicale: “Non ha commesso il fatto”.

Sul percorso che mi conduce in ufficio passo davanti al palazzo di Giustizia di Torino, monumento dedicato a Bruno Caccia (Cuneo, 16 novembre 1917-Torino, 26 giugno 1983), magistrato ucciso dalla 'ndrangheta. Guardando quell’imponente e “rigoroso” edificio, che dà l’impressione di essere una fortezza, ho, per la prima volta, avuto contezza che il Palazzo di Giustizia è un edificio presente in tutte le città quale testimonianza concreta e durevole di “Giustizia” e di “Stato di Diritto”. Nelle aule dei Palazzi di Giustizia è scritta una solenne frase, famosa in tutto il mondo, posta sopra allo scranno del giudice: “la legge è uguale per tutti”. Questa frase rappresenta un valore universale, un principio fondamentale posto in essere all’articolo 3 della nostra Costituzione.

In uno Stato di Diritto gli attori che hanno ruolo in un processo sono: i giudici, gli imputati, gli avvocati della difesa, i procuratori della repubblica e le forze dell’ordine che hanno fisicamente svolto le indagini sulle ipotesi di reato (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza). Ai giudici (magistrati giudicanti) spetta l’emissione della sentenza in base ai fatti appurati durante il processo, ai procuratori della repubblica (magistrati requirenti) spetta il coordinamento delle indagini e l’esercizio dell’atto accusatorio, agli avvocati difensori è dato mandato per la migliore difesa dell’imputato.

Visto l’attuale stato di disagio della magistratura, in particolare della componente requirente (procure della Repubblica), forse sarebbe opportuno che nei tribunali venisse anche riportato, ben in evidenza e ben leggibile da chi accusa l’imputato, l’articolo 533 del cpp che afferma: “Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio”.

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