Una città che non reagisce al declino

Caro Direttore,
Torino e il Piemonte da tempo sono in declino dal punto di vista economico e sociale eppure non si vede in giro il sacro furore per reagire, per recuperare il terreno perso, addirittura gli elettori hanno votato chi li ha amministrati per 23 anni di seguito dal 1993 al 2016. Così a Torino vi è la più alta disoccupazione giovanile e da anni molti giovani torinesi e piemontesi neolaureati, terminati gli studi, sono costretti ad andare all’estero a cercare un lavoro e un futuro.

Oggi sui giornali c’è entusiasmo per lo spazio dato sulle tv alle Atp Finals e a Torino, dimenticando che uno studio ha valutato che i benefici economici di questo evento nei cinque anni non varranno 1 miliardo di euro quando in 5 anni il Pil prodotto a Torino e provincia sarà di 350 miliardi. Eppure a leggere i giornali o a sentire da ciò che ha detto il Sottosegretario Amendola ieri in visita alla città ritornata nelle mani del Pd abbiamo un futuro nell’industria moderna, un quotidiano titola oggi “andremo su Marte”. Il tutto mentre alla recente Assemblea degli Industriali, tenutasi stranamente il giorno dopo le elezioni comunali, il Presidente Marsiaj ha detto che dal 1996 al 2019 Torino e il Piemonte hanno perso 18 punti di Pil rispetto a Milano e alla Lombardia e 8 rispetto alla media nazionale. Questo vuol dire che Torino e il Piemonte che fino a trent’anni fa erano tra le tre regioni di testa che trainavano lo sviluppo del Paese, oggi Torino e il Piemonte si trovano dopo la metà della classifica.

Il forte calo economico di Torino dipende sicuramente dal venir meno di tante aziende e dallo spostamento di tante produzioni all’estero ma questo dipende anche dal fatto che chi amministrava Città e Regione ha sottovalutato questi processi e non ha costruito delle alternative valide. Quando Castellani diceva, sbagliando, che l’industria a Torino sarebbe stata meno importante e pensava di sostituirla con il turismo, il loisir e la cultura, non capiva che ciò che se ne stava andando valeva molto ma molto di più. Tutto questo sarebbe stato più difficile se ci si fosse comportati come fa il buon manager che nell’analizzare i conti non guarda soltanto agli utili ma fa una tabella dei suoi clienti più importanti per capire come e composto il suo fatturato e per non perdere neanche uno dei clienti più importanti. Negli stessi anni in cui a Torino si cercava una alternativa all’industria, in Emilia si puntava sui motori e si lavorava con successo a quella che è oggi la Motor Valley.

Come è possibile che vi sia stato un periodo così lungo (23 anni) di calo economico senza che i giornali o i giornalisti, che rappresentano l’anima critica della città, lo abbiano denunciato con grande forza avvertendo gli elettori che gli amministratori stavano portando al declino economico e sociale Torino e il Piemonte?

A metà degli anni 70, dopo la crisi del Kippur, la Regione convocò una specie di Stati Generali e al Teatro Nuovo arrivarono gli industriali guidati dagli Agnelli e da De Benedetti, i sindacati etc. per pensare cosa fare e allora i libici avevano acquistato solo una parte delle azioni Fiat. Oggi la Fiat è stata venduta ai francesi, senza che sia stata messa alcuna condizione a difesa di Torino, abbiamo perso la Gigafactory e Intel perché non siamo stati ritenuti competitivi, il Sindaco di Milano ci tratta senza rispetto sulle Olimpiadi invernali del 2026 e tutto va ben Madama la Marchesa?

Ricorderai che la Appendino al termine del suo mandato incontrando Draghi dopo che la Gigafactory era stata assegnata a Termoli, aveva detto che Torino è come il Sud. Ecco perché mi rivolgo ai giornali che ogni giorno interpretano e scrivono per noi ciò che succede in città affinché non si comportino come il medico compassionevole che non ha avuto il coraggio di dire al paziente o ai suoi parenti più stretti la verità. Lo dico dopo aver letto i resoconti giornalistici alla presentazione l’altro ieri da parte di Banca d’Italia sull’economia della nostra regione nei primi 6-9 mesi del 2021 avvenuta ieri. Io l’ho seguita dal mio ufficio genovese su Zoom, e mi sono appuntato bene due giudizi che a mio parere sono fondamentali e che non sono stati per nulla ripresi dalla stampa subalpina:

A) La crescita dell’economia piemontese è in linea come quella nazionale cioè anche dopo il Covid il Piemonte non riesce a crescere di più della media nazionale e rimane staccato dalla economia milanese di 18 punti.

B) I consumi in Piemonte crescono meno della media nazionale. Questo vuol dire che globalmente ci siamo impoveriti e la massa di nostri concittadini disoccupati, in cassa integrazione o con contratti a tempo determinato con compensi inferiori a mille euro fa sì che la domanda di consumi nella regione che ha guidato l’unità politica del Paese, nella Regione una volta leader nella industria e nel tessile, oggi sono più bassi della media nazionale.

È ovvio che la responsabilità del declino oltre che di quegli imprenditori che non hanno più creduto in Torino è delle Amministrazioni che si sono illuse, come continua a fare Verri, che bastassero turismo e cultura, ma un po’ anche di chi non ha evidenziato sui giornali la preoccupazione per l’andamento economico declinante e per la fuga da Torino di aziende e di eventi. Recentemente ci siamo illusi sul ruolo del Centro dell’Intelligenza artificiale e per la inesperienza di chi ci governa, se va bene, ne arriverà una parte ma l’altro ieri abbiamo letto che anche sull’Intelligenza artificiale a primeggiare sarà la città del panettone.

Per uscire dal declino Torino e il Piemonte hanno bisogno di amministratori più competenti, di imprenditori che credano di più nella nostra città ma anche di una città più reattiva, dagli uomini di cultura che si preoccupano solo della destra fascista, del sindacato, ma anche di giornalisti che non facciano sconti e evidenzino con l’asterisco come fanno i Centri Medici quando ci consegnano i risultati delle analisi del sangue. Ti scrivo, caro Direttore, perché negli ultimi anni chi ha reagito è stata la società civile che con le grandi manifestazioni in piazza per la Tav ha salvato l’opera più importante del futuro.

Con stima,

*Mino Giachino, Sì Lavoro Sì Tav

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