Una Torino multicentrica

Sullo Spiffero si leggono spesso articoli interessanti e condivisibili in merito alla situazione socio-economica nella quale si è venuta a trovare la città di Torino. Sono fotografie che mettono correttamente in evidenza lo stato di crisi economico-sociale della città. A tal proposito è interessante l’intervento Una città che non reagisce al declino di Mino Giachino che, esponendo in modo sintetico e semplice i dati comparativi con altre città, induce a riflettere.

Torino non è una città a prevalente vocazione turistica come lo sono, ad esempio, Roma, Firenze, Venezia, Napoli ed altre realtà, soprattutto costiere, che possono vantare un forte richiamo balneare. Torino è una città che, anche per la sua storia, si caratterizza come sito industriale, sia manifatturiero sia di servizi a valore aggiunto. Il “venir meno delle aziende torinesi”, come dice Giachino, e la “delocalizzazione” sono sicuramente significativi motivi di decadenza della città. Ritengo che uno dei percorsi che gli amministratori della città dovrebbero intraprendere per un rilancio di Torino sia, prima ancora di inventare attrazioni per le persone e le aziende di altri territori geografici, quello di trattenere chi ancora in città gestisce un’attività produttiva o semplicemente lavora e ci vive. A tal scopo è indispensabile che chi governa la città favorisca lo sviluppo, sul territorio metropolitano, di realtà che producendo danno lavoro e quindi limitano l’esodo dei torinesi verso altri centri ritenuti più attrattivi.

Poiché lavorare su piccole entità è più facile sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista del coinvolgimento umano, sarebbe utile riprogettare la città in chiave multicentrica effettuando investimenti per riqualificare i quartieri, sia delle aree periferiche sia delle aree cosiddette residenziali, al fine di migliorare la qualità della vita sociale dei residenti. In tutti i quartieri devono essere offerte ai propri residenti opportunità di svago e di socializzazione che non siano solo la festa della via o lo scatenarsi del Black Friday. Tutti i quartieri dovrebbero avere i loro teatri, i loro cinema, i loro musei, i loro bar aperti anche, e soprattutto, nei giorni festivi, i negozi specialistici, non solo mega-centri commerciali che, spesso, mortificano l’economia locale. Ogni quartiere deve essere in primo luogo attrattivo per i suoi residenti per poi diventarlo anche per i residenti degli altri quartieri.

Con la città multicentrica si ingenererebbe un dinamico spostamento di cittadini (molti a molti e non, come oggi, molti ad uno cioè tutti in centro) che darebbe linfa vitale all’economia complessiva della città. In definitiva ogni quartiere deve poter fare registrare la positività del proprio “conto economico-sociale” attraverso il benessere del cittadino. La città multicentrica incentiverebbe lo sviluppo di imprese che operano, citando il sociologo Domenico De Masi, nel comparto dell’“ozio creativo” che, avendo necessità di maestranze, aumenterebbero l’offerta di lavoro in città. Inevitabilmente il termometro che misura l’appetibilità della città, cioè il valore immobiliare, salirebbe dando un bel segnale di ripresa. La città di Berlino, che ha seguito una politica multicentrica, in dieci anni ha quintuplicato il valore dei suoi immobili. Noi cittadini, noi società civile abbiamo il diritto ed il dovere di esigere dai nostri rappresentanti eletti in consiglio comunale, ed in particolare dal sindaco e dalla sua giunta, di mettere in atto i necessari progetti per dare soluzione all’attuale situazione di crisi. Ci vorranno anni, forse cinque, dieci… ma, come diceva nel 20 a.c. Orazio nella Epistole, “chi ben comincia è a metà dell’opera”!

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