Una guida per le politiche dell'auto

Uno dei motivi del declino economico e sociale di Torino che data dal 1995-6 sta nel ritardo a capire cosa sta succedendo da parte della intellighenzia della Città a partire dalla classe politica sino ai centri culturali e ai commentatori della carta stampata.

Le difficoltà del settore auto acuite dalla perdita di potere di Torino a favore dei francesi erano preannunciate anche dal calo della produzione di auto; eppure, nella Legge di Bilancio il documento più importante che viene sottoposto al Parlamento ogni anno non si parla del settore auto. Come se una grande azienda decidesse di affrontare il nuovo anno perdendo un cliente che vale il 5-6% del suo fatturato. Se lo facessi nella azienda che amministro mi manderebbero a casa subito. Gli unici fondi a favore sono ancora quelli destinati all’acquisto dei tir euro 6 ma guarda caso sono fondi che si ripetono ogni anno dal 2008 l’anno nel quale al governo c’era un sottosegretario che conosceva molto bene il settore. I dati forniti ieri dalla Fim-Cisl sull’auto confermano le previsioni pessimistiche espresse nei giorni scorsi sull’andamento di uno dei settori trainanti lavoro ed economia italiana. E sarebbe interessante fare la stessa analisi sui volumi prodotti per gli altri Paesi europei dalla Spagna alla Francia dalla Germania alla Polonia. Ecco perché è grave che nella Finanziaria non si siano previste per uno dei settori più importanti per occupazione e innovazione.

Il Paese ha bisogno di una politica industriale dell’auto che governi la grande transizione tecnologica e ambientale, una transizione che rischia di distruggere un patrimonio industriale che ha cent’anni di storia.

Non sto qui a fare i nomi di aziende torinesi nate appunto negli anni Venti e Trenta del secolo scorso che vanno difese ora è supportate più in avanti. Chi pensa che gli incentivi siano un favore alle aziende è fuori strada. Chi pensa che gli incentivi non abbiano sufficienti ricadute sul pil non tiene conto delle importanti ricadute sull’ambiente e sulla sicurezza stradale. Gli incentivi per il rinnovo parco circolante (il 30% dell’auto e il 60% dei mezzi pesanti) rendono più sicura la circolazione, diminuiscono la incidentalità stradale e l’inquinamento.

Come terrà il settore auto nei prossimi anni, a partire dal 2022, deve preoccupare non solo i lavori del settore ma tutta l’economia nazionale che ha beneficiato negli anni delle ricadute del settore. È una questione che non interessa solo il sindacato ma il sistema produttivo complessivo. La politica industriale del settore deve guidare e accompagnare la fase di transizione dal motore all’elettrico e all’idrogeno. Ecco perché la data del 2035, come ha scritto Chiarle, per il nostro Paese è troppo ravvicinata.

Il tema deve diventare una questione nazionale che deve essere affrontata a livello nazionale per superare le resistenze del Mef che detiene i cordoni della borsa. Ecco perché la scorsa settimana ho lanciato l’idea di un tavolo nazionale dei parlamentari delle Regioni in cui insistono stabilimenti produttivi (Piemonte, Lombardia, Emilia, Abruzzo, Molise, Campania e Basilicata) che produca una risoluzione parlamentare alla quale il Governo è tenuto a dare risposte concrete fatta di norme e di stanziamenti. Ecco perché gli interventi di alcuni deputati e senatori come Margiotta, Laus, Fregolent, Molinari, di Comba di Fratelli d’Italia, di Forza Italia, di Airuado e della Cisl fanno ben sperare. Tra l’altro anche Landini è sulla stessa lunghezza d’onda.

Difendere il settore auto oggi è la cosa più importante per difendere la economia e il lavoro a Torino e nel Piemonte. Non è un favore alla famiglia Agnelli che ci ha svenduto ai francesi, è d’un favore al lavoro e al sistema produttivo torinese e al futuro della nostra città tanto quanto lo è la battaglia a favore della Tav.

*Mino GIACHINO, Sì Tav Sì Lavoro

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