Non c'è rimasto che il lamento?

Egregio direttore,
tutti, proprio tutti, chi più o chi meno, in una maniera o nell’altra, oggi manifestano preoccupazioni e lamenti sulle condizioni della provincia di Cuneo: autostrada, collegamenti stradali, invasi, ferrovie, perfino lotte fra “poveri” per la gestione dei rifiuti. Eppure, negli anni alcuni isolati esponenti politici e tecnici hanno sollevato i problemi più vitali del nostro territorio. Nessun riscontro che conti, nessuna adesione popolare. E adesso tutti si assolvono. Purtroppo, non si studiano più i problemi, chi ha responsabilità di vertice non se ne fa più interprete risolutore. Non esistono più enti che promuovano progetti, che investano in obiettivi mirati. Protagonisti e comparse di ogni schieramento hanno perso fiducia nell’azione politica. Insensibilità, indecisioni, incapacità progettuale.

Nessuno nasce imparato, ma ben pochi – specie tra la nuova generazione – sono indotti a conoscere, ad apprendere, quindi ad affrontare le questioni importanti che incombono. Al massimo scoprono l’acqua calda e l’intenzione di volere ricominciare da capo. I partiti hanno impronta personalistica, sono fluidi, senza struttura; tutt’al più si preoccupano della quantità degli aderenti, senza chiedere loro alcun impegno qualitativo. È la prima grave conseguenza della generale sfiducia nei partiti. Dovremmo fare autocritica e porre rimedi: non sappiamo decidere e realizzare, non sappiamo progettare e disporre. Tanti sono coloro che avanzano ostacoli, piuttosto che contributi costruttivi: i partiti, gli enti locali, gli ecologisti, i comitati spontanei, la burocrazia. Tutti alla rinfusa. È l’ultima chiamata: chi governa, da Roma a Torino a Cuneo, esamini e risolva il fascicolo “provincia di Cuneo”, senza tante ulteriori storie. È il forte appello da lanciare coralmente. Distintamente.

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