Le "colonizzazioni" ideologiche

Caro Direttore,
mi permetto una riflessione allargata che parte dall’ennesimo dibattito sul Crocifisso nella Sala del Consiglio Comunale di Torino. Credo che sulla questione stringente il prof. Pier Franco Quaglieni, proveniente da una tradizione politico-culturale diversa dal sottoscritto, abbia scritto parole chiare che riprendo non nella parte delle condivisibili considerazioni su chi ha innescato la polemica: «Dagli al Crocifisso è un modo sguaiato e barbaro di presentarsi di un vetero-laicismo che non legge e non studia. Un uomo come Marco Pannella che parlava di laici credenti e non credenti, aveva rispetto per i simboli religiosi. Quando i Francesi arrivarono a Milano, tolsero subito i Crocifissi dalla Sala del Comune a Palazzo Marino. Il poeta illuminista Parini che non era distante dalle idee egualitarie della Rivoluzione francese disse: “dove non entra il cittadino Cristo, non entra neppure il cittadino Parini”». Punto!

Mi permetto, invece, una riflessione più allargata perché questa polemica, che da anni viene sollevata, sempre uguale a se stessa, segue quasi un format prestabilito, quest’anno coincide con la linea dettata di Torino “capitale dei diritti”. Trecento sindaci, ci hanno detto i mezzi di informazione, su circa 8000, sono convenuti nella capitale sabauda per questa questione: a tal proposito la migliore risposta, sul punto rimasto in ombra, è contenuta nel comunicato stampa (non “accusabile” di essere cattolico) delle femministe di Radfem, Rete per l’inviolabilità del corpo femminile, con il supporto di Ciams-Icams, International coalition for the abolition of Surrogate Motherhood e di Stop Surrogacy now WDI, Women's declaration International, dal titolo “la vita umana non è merce” sul presidio aperto del 20 maggio a Milano: “Anche quest’anno le aziende internazionali di produttori di bambini provano a presentare le loro offerte commerciali – dalla fecondazione in vitro all’utero in affitto. E anche quest’anno la fiera va fermata con un presidio pacifico per testimoniare che la riproduzione non è produzione, che appartiene naturalmente alle donne e agli uomini e non va loro sottratta da un mercato sempre più avido; per dire che le/i giovani non devono più essere ostacolate/i nel loro desiderio di avere figli, lottando per garantire loro le migliori condizioni economiche, sociali e culturali affinché questo desiderio possa essere praticato nei tempi giusti e in piena libertà, per opporsi alla disinformazione prodotta dalle sirene del bio-mercato – un figlio come un oggetto che si può acquistare in qualunque momento della vita – disinformazione funzionale ai profitti della riproduzione artificiale dell’uomo”.

Il problema evidente è lo scivolamento verso una sorta di totalitarismo mercantilista che cerca di sfruttare meccanismi comunicativi, come la ben nota “finestra di Overton”, per superare la prevalente contrarietà del popolo e portare ad essere accolto ciò che alla fine è una ideologia che, innanzitutto, quindi, cerca il politically correct come clava per annichilire ogni dibattito, confronto, posizione non allineata. Per usare le parole di Papa Francesco, siamo di fronte alle “colonizzazioni ideologiche” che sono negazioniste rispetto ad una “ecologia integrale” come ben definito al punto 155 dell’Enciclica Laudato Si: “L’ecologia umana implica anche qualcosa di molto profondo: la necessaria relazione della vita dell’essere umano con la legge morale inscritta nella sua propria natura, relazione indispensabile per poter creare un ambiente più dignitoso. Affermava Benedetto XVI che esiste una “ecologia dell'uomo” perché “anche l'uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere”.

In questa linea, bisogna riconoscere che il nostro corpo ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi. L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere ed accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio sul creato. Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana. Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell'incontro con l'altro diverso da sé. In tal modo è possibile accettare con gioia il dono specifico dell'altro o dell'altra, opera di Dio creatore e arricchirsi reciprocamente.

Pertanto, non è sano un atteggiamento che pretenda di “cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa”. Non sfugge il fatto che l’allargamento del discorso rispetto al punto di partenza sia legato alla necessità di riconoscere lo spazio laico che sarebbe inesistente in assenza di cristianesimo che lo ha determinato, con un salto indietro di duemila anni: di fronte a tutto ciò ci si interroga sui cattolici e sulla loro presenza politica che sarebbe assurdo ridurre ad una posizione geografica o ancora succube con l’idea di presenze plurali finite non bene in questi tre decenni (e su argomenti come quello in parola).

Il popolarismo, ad esempio, richiama ad una radicalità dell’ispirazione che, essendo in vena di citazioni, provo a spiegare con le parole delle anticipazioni dell’ultimo libro del giovane pensatore francese Jean de Saint-Cheron, “Chi crede non è un borghese”: «Non c’è nulla di meno cristiano del vuoto ottimismo e delle fesserie a base di “buoni sentimenti” che fanno scappare a gambe levate qualsiasi persona razionale. Insomma il punto è questo: se noi ci diciamo cristiani a volte siamo tentati di fuggire dalla realtà, convincendoci di essere gli ultimi giusti, sia che ciò avvenga per riflesso identitario di una falsa purezza (a destra), sia che sia dovuto piuttosto alla tentazione del lassismo derivante da una falsa misericordia (a sinistra), c’è comunque da scommettere che solo ed esclusivamente nella realtà più concreta potremo pretendere di accedere al cristianesimo dei santi, che poi è il cristianesimo di Cristo».

*Giancarlo Chiapello, segreteria nazionale Popolari/Italia Popolare

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