Un'alleanza tra meriti e bisogni

La crisi del nostro sistema politico che si trascina da oltre un trentennio senza apprezzabili esiti, nasce dall’azione di delegittimazione degli istituti fondamentali della nostra democrazia rappresentativa, culminata con il crollo della Prima Repubblica e, con esso, del sistema dei partiti che aveva garantito, certo non sempre in modo impeccabile, il rapporto tra i cittadini e lo Stato.

La “caduta delle forme” acutamente evidenziata da Goffredo Bettini (cfr.“A Sinistra. Da capo” Edizioni Paper First, 2022) ed in primis della “forma partito” ha dato il colpo di grazia, innescando un processo di disintermediazione della rappresentanza politica diventata fragile, liquida ed effimera.

Un fenomeno reso ancora più grave dal fatto che – a differenza degli omologhi partiti europei – gran parte delle attuali forze politiche non hanno più alcuna riconoscibile cultura politica di riferimento.  Anzi, si direbbe che fanno di tutto per non rivendicarla continuando a fare dell’Italia un unicum nel suo genere.
Giova sottolineare che le culture politiche hanno sempre svolto il ruolo fondamentale di offrire una chiave di lettura per conoscere il passato, gestire il presente e disegnare il futuro, dando un senso, una profondità ed una prospettiva alle proposte programmatiche delle forze politiche Invece in questi decenni è prevalsa - soprattutto a sinistra - una narrazione tutta incentrata sul superamento dei “partiti” e delle relative identità politiche unitamente alle categorie di destra e sinistra ritenute desuete (salvo riesumarle in modo “scolastico” con l’avvento del Governo Meloni) nel tentativo di legittimare quell’ indistinto “democraticismo” quale surrogato ideale di un partito, il Pd, nato da un “salto” della Storia.
Una destrutturazione, quella di cui stiamo discorrendo, resa possibile da quanti hanno assecondato negli anni, senza battere ciglio, la teoria, profondamente antidemocratica, secondo la quale i partiti sono la sentina di tutti i mali e le istituzioni rappresentative sono un “costo” e non un “valore” da preservare, esso sì, a tutti i costi.

Se così è, allora forse è giunto il momento di provare ad invertire la rotta per arrestare il declino, inaugurando  un processo di rilegittimazione della politica che deve snodarsi lungo il difficile crinale di una nuova sintesi - tutta da costruire - tesa a convogliare e convertire le pulsioni populiste che stanno corrodendo la società non solo italiananel quadro di un più ampio disegno di recupero del tradizionale retroterra popolare dei partiti che, nella storia della Repubblica Italiana, ha costituito l’ossatura e la spina dorsale di un sistema politico che seppe affrontare e superare sfide difficili.

Per fare ciò occorre avere la determinazione di ripartire dai fondamentali rivendicando con forza il ruolo e la funzione dei partiti quale primario ed indefettibile ambito di operatività della politica e avendo il coraggio di opporsi ad una narrazione corrente rivelatasi alquanto fallace. Da questo punto di vista Alleanza per Torino può avere un senso nella misura in cui saprà essere, a partire dal contesto torinese, l’incubatore di questo disegno e saprà opporsi al regresso e all’ignorantamento - per dirla con Claudio Martelli e con il Censis – che costituiscono la cifra distintiva del nostro tempo e di una politica incapace di parlare il linguaggio della verità e della responsabilità.

Per fare ciò occorre recuperare nel discorso pubblico un approccio concretamente “riformista” che sia in grado di arginare la deriva “sterilmente movimentista” di una certa sinistra prigioniera di vetusti quanto sterili cascami ideologici che preferisce cullarsi nell’ eterna  ”illusione berlingueriana” per colmare i limiti di una proposta politica che non riesce a smuovere l’elettorato dalle secche dell’astensionismo.
In altri termini Alleanza per Torino deve porsi l’ambizioso traguardo di tessere, a partire dal contesto torinese, una nuova alleanza tra meriti e bisogni avendo la capacità di parlare realmente alla gente e di cogliere le linee di tendenza dei cambiamenti in atto nella prospettiva di far uscire Torino dal suo splendido isolamento

Diversamente rischia di essere solo un espediente tattico di breve momento o un mero trampolino di lancio per qualche rampollo della “benecrazia” torinese destinato a durare lo spazio di un mattino come gran parte delle esperienze civiche nate e ben presto estintesi perché prive di un disegno di lungo termine e di un’adeguata cultura politica.

*Andrea Pinto, già Segretario del Club Turati di Torino

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