Dem, serve una visione glocal

Gli organi dirigenti del Pd devono essere selezionati a partire dai territori. Dobbiamo evitare che a decidere siano i soliti gruppi di potere e i detentori di pacchetti di tessere. Premiamo competenze e capacità anche della provincia

Egregio Direttore,

è proprio nei momenti di crisi che nuove e inaspettate energie si mostrano e danno slancio a inedite o vecchie idee che portano al cambiamento, parola certamente abusata che però oggi deve stare al centro dei nostri ragionamenti.

Ragionamenti che devono partire da una semplice ed antica domanda: che possiamo noi fare per il Partito democratico? A questa domanda ne segue una ancora  più importante: noi vogliamo ancora il Pd? Crediamo ancora in quel progetto di miscellanea virtuosa di culture che vengono dalla Resistenza, dalla Costituzione e sono la base della storia Repubblicana?

Per questo, mutuando lo slogan della recente campagna elettorale, penso si debba considerare il Partito democratico un Bene Comune per il Paese. Se vogliamo ancora fare qualcosa di buono per l’Italia, dobbiamo prima fare qualcosa di buono per il Partito democratico, che lungi dall’essere di “pochi” è bene che sia di tutti, perché senza Pd l’Italia non ha speranza.

Gli iscritti, i militanti, i simpatizzanti, gli amministratori possono fare molto per il Pd, continuando a lavorare, come fanno, per i territori, per le Città dove vivono e per cui si impegnano con passione e competenza ogni giorno. Oggi è più che mai necessario partire da qui: da ciò che ci sta vicino e che conosciamo meglio, dalle nostre Città, dai nostri quartieri, sapendo che si deve farlo con una visione ampia, una visione “glocal” che guardi in ottica locale ai temi generali.

E questo vale a maggior ragione per il nostro Partito, che si impegna per governare sia i territori che il Paese intero. Il ricambio dei vertici del Partito a tutti i livelli, che le vicende nazionali in qualche modo ci impongono, diventa perciò un’occasione da non sprecare e va affrontata con metodi e criteri diversi dal passato. Le primarie rappresentano senza dubbio uno strumento democratico e di partecipazione eccezionale e ci hanno consentito di condividere con milioni di elettori tutte le scelte importanti degli ultimi anni. Per diversi motivi non è però possibile applicare tale metodo alla nomina di tutte le cariche del Partito.

I livelli più vicini ai circoli, i vertici provinciali in primis, vanno perciò selezionati in base a criteri di rappresentanza interni al Partito e i territori, comunque organizzati, devono essere il motore di questa scelta, il cuore della rappresentanza diffusa. Il Partito Democratico di Torino, con felice scelta dei suoi vertici, si è dotato di una struttura di organizzazione “sovra-cittadina”, i coordinamenti di zona.

In questi anni hanno lavorato con impegno per coordinare le attività dei circoli e contribuito a valorizzare quanto di buono viene dai territori in termini di idee e pratiche virtuose. Oggi è venuto il tempo di dare sostanza e peso a questa intuizione e fare in modo che i territori partecipino direttamente al “governo” del Partito. Solo sommando le tante competenze che abitano i Circoli si potrà finalmente far nascere un Partito forte ed al tempo radicato, vicino ai cittadini.

Bisogna evitare che a decidere le sorti del Partito siano persone espressione di gruppi di potere interno quando non di pacchetti di tessere, col rischio che ciò vada a discapito di competenze e capacità. Oggi si presenta l’occasione per un nuovo metodo per dare spazio a quanti portano con sé esperienze e capacità di ascolto, accumulate in anni di confronto con i cittadini. E’ tempo di guardare oltre i confini di Torino e lasciare spazio a nuove energie, facendo lavorare per il Partito chi in questi anni è stato chiamato solo a portare acqua a decisioni non sempre comprensibili prese in ambiti ristretti e poco trasparenti.

Un Partito provinciale finalmente guidato dai territori, dove i coordinamenti di zona e i loro rappresentanti abbiano la possibilità di contribuire con competenza alla nascita di una forza politica finalmente pronta a guidare il Paese grazie all’esperienza ed alle buone pratiche, con una classe dirigente nuova e competente. Quindi non un rinnovamento fine a sé stesso, una furia iconoclasta che tutto distrugge senza darsi degli obiettivi di contenuti e di metodo. Niente rivoluzioni, né metaforiche ghigliottine, ma uno spostamento delle responsabilità verso quelle competenze diffuse che tanto hanno dato e danno alla sinistra nella nostra Provincia.

La nostra proposta è che la segreteria Provinciale venga formata a partire dai territori e che al suo interno siano rappresentati tutti coordinamenti di zona che hanno lavorato in questi anni. Un segreteria snella che prepari il Congresso e si occupi, come ha ben detto il Presidente del Consiglio Letta, più di politiche che di politica, più delle cose che ci sono da fare che delle persone chiamate a farle, coordinata da una persona la cui autorevolezza ed esperienza sia riconosciuta prima di tutto dai territori e che abbandoni una visione torinocentrica dell’agire del Partito.

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