TRAVAGLI DEMOCRATICI

Congresso Pd, Chiamparino pensa a un "suo" segretario

Per superare l'impasse e aggirare i veti contrapposti delle correnti il governatore medita di calare un candidato "unitario". E guarda a un paio di assessori del Piemonte 2: il novarese Ferrari e l'astigiano Ferrero in pole. Come reagiranno i maggiorenti del partito?

Nel nome del Chiampa. Chissà che non avvenga proprio così, su una figura indicata dal presidente della Regione, l’atteso miracolo in grado di mettere tutti d’accordo sul futuro segretario del Pd piemontese. Lui, il governatore traghettatore di quella traversata ormai infinita incominciata con le dimissioni di Davide Gariglio e proseguita in acque ora stagnanti ora agitate senza peraltro mai intravvedere un approdo, il nome ce l’ha, anzi ne avrebbe due.

Profili, per molti versi, assai simili quelli di Augusto Ferrari e Giorgio Ferrero: entrambi assessori, tra i meno criticati (il che, visto il resto della squadra, li fa apparire quasi eccezioni), tutti e due espressione di quel Piemonte 2 con cui si definisce nella geografia politica tutto quel che non è torinese e torinocentrico, né all’uno né all’altro manca l’esperienza politica così come quella distanza di sicurezza dall’integralismo correntizio.

Novarese, 53 anni, laurea in Lettere e Filosofia alla Cattolica di Milano, dal 1991, insegnante nei licei della sua città dove presiede l'Associazione di cultura politica Città dell'Uomo, fondata a Milano da Giuseppe Lazzati, Ferrari è di provenienza Margherita, di cui è stato segretario provinciale. In Comune ha fatto il capogruppo e poi l’assessore alle Politiche Sociali. Area renziana senza eccessi da tifoso, nel 2014 è arrivato a Palazzo Lascaris con 6.227 preferenze. La scelta di averlo in squadra con le deleghe alle Politiche sociali, della casa e della famiglia, è stato un preciso segnale che Chiamparino ha voluto dare a quella componente cattolica non sempre in grande sintonia con il resto del Pd.

Torinese di nascita, è del 1966, ma astigiano di lontana adozione, Ferrero ha percorso la sua carriera pubblica sul doppio binario, anche se sarebbe più appropriato dire filare, della politica e dell’attività associativa nel settore agricolo cui appartiene anche la sua attività imprenditoriale. Sindaco di Pino d’Asti dal 1994 al 1998, membro del Cnel per un paio d’anni, è stato presidente della Coldiretti per la provincia di Asti e poi per l’intera regione, nonché componente dell’esecutivo nazionale. Dal 2004 al 2008 ricopre un’altra presidenza, quella di Agricolfidi e nel curriculum ha pure la partecipazione alla giunta esecutiva della Camera di Commercio di Asti, oltre a incarichi in diversi consorzi, società, associazioni legati all’agricoltura, in Italia e a Bruxelles. Entra per la prima volta in Consiglio regionale nel 2014 con il listino del presidente. Il quale lo vuole assessore, ovviamente, all’Agricoltura. Una poltrona non sempre comoda e verso la quale spesso si sono concentrate le proteste proprio di quel mondo agricolo da cui Ferrero proviene e che ben conosce. Anche lui, come il suo collega novarese, è ascrivibile all’area renziana (in senso lato) e come Ferrari non ha mai assunto posizioni oltranziste, ma sia nell’attività politica sia in quella amministrativa è figura assai dialogante.

E sono proprio queste caratteristiche, qualità per il presidente della Regione, che avrebbero indotto il Chiampa a ipotizzare la proposta di uno dei suoi due assessori per aiutare, ancora una volta, il partito a uscire da un cul de sac dove continuano ad agitarsi ambizioni personali, strategie improvvisate e pulsioni correntizie senza, come confermato ancora nella Direzione regionale di ieri, far intravvedere una soluzione.

Nomi che girano come le palline dell’estrazione del lotto con numeri secchi, ambi e terni che spuntano e spariscono: il consigliere regionale Raffaele Gallo con il suo bagaglio di tessere paterno e l’appoggio (per ora) del senatore renziano (a Roma) Mauro Laus, l’ex parlamentare vercellese Luigi Bobba pronto a candidarsi contro i veti nazionali. E poi la renzianissima Silvia Fregolent nome ripetuto dall’inner circle romano dell’ex segretario (ma neppure tutto) proprio in funzione anti-Bobba, da sola o in accoppiata con funzione unitaria con il biellese Paolo Furia o con l’orlandiano alessandrino Daniele Borioli e via così, in una sarabanda di cui la spinta in avanti, a metà dicembre, dell’inizio del congresso non può essere certo il rimedio ma solo, appunto, un rinvio.

Certamente non del tutto inutile: nei prossimi giorni o settimane il presidente della Regione potrebbe farla, quella sua proposta. E chissà che non trovi accoglimento, oppure il solo paventarla muova anche i più riottosi a trovare quella soluzione unitaria oggi neppure alle viste. Nell’uno o nell’altro caso, sarà comunque nel nome del Chiampa.

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