FINANZA & POTERI

Scontro sul vertice di CrAlessandria, tutti divisi nel nome di Palenzona

Cordate politiche, autocandidature, finte designazioni. Per mettere a tacere il tourbillon di voci sulla sua successione il presidente uscente Taverna lancia l'attuale numero due Mariano. Ma da più parti si invoca la discesa in campo del camionista di Tortona

Gigante pensaci tu. Chi ha qualche capello bianco ricorda la reclame della Ferrero con Jo Condor, il disturbatore della Valle Felice, preso per la coda e sistemato a dovere dal gigante, dopo aver risposto: “Ci penso io”. Ecco, è un po’ quello che sta capitando alla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria dove, visto il clima sempre meno sereno e qualche svolazzo maldestro e non disinteressato attorno alla poltrona di presidente che Pierangelo Taverna sta per lasciare dopo due mandati, non stupisce se più d’uno confidi nell’arrivo della stazza oversize di Fabrizio Palenzona. E, più o meno apertamente, invochi l’aiuto del gigante di Tortona con un suo impegno in prima persona. Che poi è quello che aveva fatto, forse con una non perfetta scelta dei tempi e delle circostanze, proprio il presidente uscente lo scorso dicembre quando davanti a una folta platea annunciò: “A prendere il mio posto sarà Palenzona”. La successione, allora, pareva una mera formalità. Pochi mesi dopo è l’auspicio di un intervento al limite del salvifico.

Nel frattempo se da Big Fabrizio paiono essere arrivati segnali piuttosto eloquenti di un suo disinteresse, forse condito da qualche attrito o incomprensione, per un ritorno a casa, senza peraltro dover rinunciare ad altri e assai più remunerati incarichi. incominciando da quello al vertice di Prelios, non poco altro si è mosso dentro e al di fuori del palazzo che affaccia su piazza della Libertà nel capoluogo mandrogno.

Veline e veleni, come spesso accade, non sono mancati e ancora circolano a ridosso della decisione che il cda dovrà prendere nelle prossime settimane, non prima (probabilmente in maniera contestuale) della surroga di Taverna nel board, all’interno del quale continuerà comunque a rimanere a titolo “onorario” pur senza diritto di voto.

Ultimamente si è fatta largo l’ipotesi di una presidenza affidata all’attuale direttore generale Pier Luigi Sovico, che a sua volta, secondo rumors, potrebbe essere sostituito nel ruolo di grand commis dall’avvocato romano Fabrizio Carbonetti, già consulente della fondazione.

La scelta di Sovico avrebbe preso consistenza quando è parsa affievolirsi l’altra ipotesi: quella dell’attuale vice di Taverna, il notaio Luciano Mariano, noto e stimato professionista alessandrino (nel suo studio si è svolta una parte importante della complessa operazione di salvataggio della Borsalino), figura improntata all’understatement, non schierato politicamente, ma con solide e vaste relazioni e un ottimo rapporto con l’attuale presidente.

Mariano è l’unico nome dell’attuale cda ad essere finito tra i papabili. Non solo: nel tardo pomeriggio è proprio Taverna a rimettere sul tavolo il nome del notaio. In una nota il numero uno della fondazione scrive: "Nel rincorrersi delle più disparate voci circa il futuro presidente, viste le più fantasiose ipotesi anche di autocandidatura, ritengo doveroso comunicare che per quanto mi riguarda, a futuro presidente dovrà essere l'attuale vice, Luciano Mariano, affiancato da un vice che tenga conto dei territori de del genere". 

Che Mariano non piaccia a qualcuno dei membri del cda è cosa nota.Tant’è che secondo una delle molteplici versioni su quanto sta succedendo dentro e attorno alla cassaforte alessandrina, il board - di cui fanno parte anche Giovanna Maria De Bernardi (imprenditrice data assai vicina a Taverna, il cui profilo risponde a quello del vicepresidente indicato nella nota), Egidio Rangone, professionista di area Lega e l’ottantunenne Agostino Gatti, potente collettore di voti ai tempi della Dc e figura con una vasta rete di contatti con gli amministratori locali che ha portato in dote al Pd di segno orlandiano con ascendente Ravetti (Domenico, capogruppo dem in consiglio regionale) e un passato nel board di CR Torino – si sarebbe in qualche modo diviso tra Sovico e Mariano. Sempre e comunque in nome di Palenzona. Che, si sa, è una garanzia. Magari inconsapevole, come in questo caso.

C’è però un’altra lettura dei giochi e delle manovre. E pure qualche indizio (rintracciabile anche della dichiarazione di Taverna), pur sempre da prendere con le molle. Racconta di una neppure troppo nascosta ambizione da parte di Gatti per quella poltrona presidenziale, coronamento di oltre mezzo secolo di attività tra politica e sottogoverno, nonché postazione da cui poter continuare ad esercitare potere con ancora più peso.

Forse non va troppo lontano dal vero chi indica proprio in questa iperattività dell’ottuagenario dem(ocristiano) e nel suo possibile scorno nel probabile fallimento delle sue manovre una delle ragioni del passo indietro del notaio, disponibile a una sua investitura solo nel caso di una piena e sincera condivisione di tutti i componenti del cda.

Pur avendo in passato curato la regia degli appuntamenti annuali con Palenzona, ai quali pressoché  nessuno attraversando tutte le collocazioni politiche mancava il rito del bacio della pantofola al banchiere, pare che Gatti non abbia perdonato lo scarso o nullo entusiasmo di Furbizio all’invito ad aiutare con tutto il suo peso Ravetti alle prossime elezioni regionali. E fors’anche per non essersi per nulla opposto (per usare un efemismo), come molti spiegano, all’ascesa della Lega al governo cittadino di Alessandria.

Politica e potere, ancora. Nei corridoi della fondazione viene ricordata la recente proposta avanzata ancora dall’infaticabile ottantenne che ancora conserva un ufficio nel Palazzo della Provincia (dopo aver subito anni addietro lo sfratto da parte dell’allora presidente Paolo Filippi, vi era tornato con la presidenza di Rita Rossa e vi permane con quella di centrodestra con Gianfranco Baldi) per la sostituzione di Sovico alla direzione generale. Gatti avrebbe suggerito Corrado Calvo, già consigliere della fondazione e uomo molto vicino a Filippi, a sua volta in rapporti non certo idilliaci con l’anziano ex Dc.

Quale la ragione?, si è chiesto chi l’ha saputo. Tentativo di strappare all’ex presidente della Provincia un suo uomo portandolo verso Ravetti, oppure una sorta di polizza nel caso di una conquista di un seggio a Palazzo Lascaris di Filippi che, ormai pare certo, sarà candidato alle regionali?

Un intreccio, quello che accompagna verso il rinnovo del vertice della fondazione, che certamente non alletta chi pare aver già archiviato la pratica, come nel caso di Palenzona. Ma anche una situazione che molti, dall’osservatorio privilegiato del Consiglio Generale, considerano risolvibile nel migliore dei modi – non trascurando che nel futuro c’è anche l’importante e delicata fusione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona – solo con l’arrivo di Big Fabrizio, nel caso la preinvestitura di Mariano dovesse scontrarsi con una parte del cda. Furbizio, peraltro sarebbe certamente non sgradito al centrodestra, piuttosto visto con qualche fastidio da una parte del Pd locale, sofferente per un malcelato senso di abbandono.

Toccherà ancora una volta al gigante di Tortona sbrogliare la matassa. Se lo farà in prima persona o benedicendo la nomina del notaio lo si vedrà a breve.

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