Camillo Benso Giachino

Piccola storia vera. Per le celebrazioni del 158° anniversario dell’Unità d’Italia, tenutesi ieri, il Museo del Risorgimento di Torino ha eccezionalmente aperto al pubblico l’aula della Camera dei deputati del Parlamento subalpino. Il luogo è simbolico e la coda per accedere assai lunga. I visitatori vengono fatti entrare a poche decine per volta e in una manciata di minuti una guida museale snocciola le informazioni essenziali sulla storia del luogo per poi invitare le persone a uscire e far spazio al prossimo turno. All’interno del gruppo entrato in aula con me spicca un signore attempato seguito da una folta schiera di giovani. È Bartolomeo Giachino insieme ai ragazzi dell’associazione Sì Lavoro Sì Tav. Sottobraccio ha una cartellina da cui spunta il riconoscibile logo giallo. Al termine della rapida spiegazione, la guida viene bloccata da due giovani che iniziano a porle una serie di domande che poco c’entrano con il luogo in cui ci troviamo (ne ricordo una sulla funzione della maschere funerarie), guadagnando così minuti preziosi dentro l’aula a discapito del turno successivo che preme per entrare. Con la guida distratta, Giachino si piazza davanti al seggio di Cavour e, filmato da un altro dei suoi accompagnatori, improvvisa a beneficio dei suoi followers una rapida diretta Facebook nella quale ribadisce le ragioni del sì alla Tav, lanciandosi in un parallelismo con il favore mostrato ai tempi da Camillo Benso per il traforo del Frejus. Spenta la videocamera, si spegne anche l’interesse dei ragazzi per maschere funebri e affini e il gruppo si sposta finalmente fuori dall’aula, mentre Giachino detta ai suoi il titolo col quale l’intervento dovrà essere diffuso sui media. È forse troppo pretendere che non si approfitti di luoghi simbolo della storia del nostro paese per un’insopportabile campagna elettorale permanente? È forse eccessivo bollare come irrispettosa la propaganda politica in una data importante come il 17 marzo? Forse. O forse no.

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