C'era una volta una gatta

Qualche giorno fa è mancata la mia anziana gatta. Nell’annunciare questo triste evento non voglio redigere un necrologio, e il mio intento non è neanche quello di ricevere innumerevoli “Mi spiace, sono desolato per la tua perdita”, recitati con sguardi pieni di cordoglio, oppure provocare pensieri a mala pena celati del tipo “Era solo un animale”.

Il mio obiettivo non è nemmeno quello di voler commemorare una vecchia amica, e in questa occasione non voglio neppure limitarmi a descrivere lo speciale rapporto che univa il sottoscritto alla creatura dalle vibrisse e il pelo lungo, oramai scomparsa per sempre. Allo stesso modo non mi soffermo a raccontare gli scherzi che la gattona amava fare ai miei danni, così come evito di elencare le tante dimostrazioni di vicinanza e affetto che mi ha quotidianamente regalato durante la sua esistenza.

Accenno solamente alla bellezza del felino “Norvegese delle montagne”, al mio fianco per 17 anni e mezzo, dal pelo rossiccio e gli occhi di color azzurro ghiaccio, mentre vorrei concentrarmi meglio sui giorni più tristi: gli ultimi, segnati dalla malattia e poi dal suo addio alla Vita.

La mia scelta inerente al tema del commento settimanale non è animata da una strana (quanto perversa) attenzione cinica nei riguardi della morte di un essere a me caro, oppure dal desiderio di contraddistinguere in modo macabro la rubrica che mi ospita. Questo breve articolo sorge invece dall’esigenza di condividere pubblicamente una verità negata da sempre: provare dolore non è peculiarità della nostra specie bensì di tutti gli esseri viventi.

La mia amica è stata vittima di un attacco epilettico che l’ha spenta lentamente nelle ore a seguire. Nel giro di un giorno la gattona non riusciva più a coordinarsi nei movimenti, facendo una ciclopica fatica per entrare nella lettiera o per bere. In poco tempo ha abbandonato il cibo e non è più riuscita ad avvicinare la testa alla ciotola dell’acqua: confondeva i gesti sino a infilare la zampina nel contenitore per poi guardarmi dritto negli occhi stupita, sconcertata (sguardi difficili da dimenticare).

Il crollo fisico è stato conseguenziale, manifestandosi con la perdita della capacità di reggersi sulle zampe e ansimando a ogni faticoso tentativo di trascinarsi verso incomprensibili mete. L’abbiamo quindi tenuta in grembo per molte ore (tutta la domenica notte) sino al momento di separarci da lei per sempre.

Ho sentito il suo respiro difficoltoso inciampare mentre si posava delicatamente sulla mia guancia, e il ritmo frenetico delle continue contrazioni del diaframma placarsi solo a risposta delle nostre carezze, unite a parole calde e tranquillizzanti.

Ha esalato l’ultimo soffio di Vita dal veterinario, dopo un estremo e purtroppo infruttuoso tentativo di salvarla: la malattia neurologica la stava facendo spegnere tramite una lunga agonia, per cui le è stato immesso in vena un farmaco che ha fermato il suo piccolo, ma immenso, cuore.

E’ mancata rapidamente tra le braccia mie e della mia compagna: gli occhioni azzurri spalancati nel vuoto mentre una lacrima le scendeva da quello sinistro, fermandosi sulle sue lunghe e bianchissime vibrisse.

Lontano dalle mie intenzioni commuovere il lettore, così come angosciarlo con un racconto di fine esistenza, ho deciso invece di scrivere questo articolo per essere in qualche modo vicino a tutti coloro che hanno perso i loro amici con la coda. Un lutto spesso vissuto intensamente ma con estremo imbarazzo, nascondendo la lacerazione interiore per paura di non essere compresi da alcuno (familiari inclusi) oppure, peggio, di essere derisi da chi ha la verità in tasca quando afferma a gran voce: “Gli animali sono solo animali”.

Concludo con quella che per me è una certezza acquisita da tempo, ma purtroppo ancora un’eresia per i più: tutti gli esseri viventi soffrono, provano emozioni, dolore e anche gioia. Un dato di fatto che non perde valore innanzi ai tanti supplizi umani, ma al limite sovrapponibile ai medesimi: constatazione da tenere ben presente quando si sfrutta o si abbandona qualsiasi essere, e più che mai nell’attimo in cui si viene a conoscenza di torture e maltrattamenti degli animali tutti, nonché delle loro penose file al macello comunale in attesa del chiodo sparato in fronte.

Ciao Mela, non eri “solamente un gatto” ma un esserino spesso sbalorditivo che sapeva mostrare a sua volta stupore e divertimento quando si relazionava con i suoi “ospiti di casa”. Buon viaggio gattona e grazie per l’amore che mi hai concesso ogni giorno per tanti anni: un amore incondizionato e puro, mai barattabile con ricchezza e potere.

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