CENTRODESTRA

Regione, nervi tesi in maggioranza

Il trasferimento del direttore dell'Asl di Vercelli diventa un "caso politico" e nella Lega è scontro fratricida. Fibrillazioni anche tra i partiti della coalizione. Ma è un copione che si ripete ormai a ogni decisione. Con il governatore Cirio che dà ragione a tutti

L’annunciato valzer dei direttori generali delle Asl diventa un imbarazzante ballo della scopa per la maggioranza al governo della Regione, in particolare per la Lega che mena le danze nella sanità. Il trasferimento dell’attuale numero uno dell’azienda sanitaria di Vercelli, Chiara Serpieri, con analogo incarico all’Asl Biella, messo venerdì (sia pure senza i crismi dell’ufficialità) sul tavolo della giunta come soluzione al “problema di incompatibilità ambientale” e risposta alla richiesta perentoria del parlamentare leghista e sindaco di Borgosesia Paolo Tiramani, ha provocato un week end di alta tensione all’interno del principale azionista di maggioranza aprendo una settimana dagli esiti più che incerti.

È bastato che lo Spiffero anticipasse la decisione di far traslocare la Serpieri a Biella, per far levare gli scudi in quella provincia da parte del consigliere regionale Michele Mosca, leghista come l’assessore alla Sanità Luigi Icardi che ha cercato la soluzione e come Riccardo Molinari che del partito è segretario regionale e al quale (insieme al presidente della Regione Alberto Cirio) si deve la mediazione politica che ha portato alla scelta di Biella come nuova sede della manager. “La decisione di far approdare la dottoressa Serpieri, attualmente ai vertici dell’Asl di Vercelli a Biella al posto del commissario Poggio non è percorribile – avverte Mosca –. Scelte del genere devono essere prima di tutto condivise con il territorio e non calate dall’alto”. Tanto già basterebbe per rendere l’idea in che ginepraio si è infilata la Lega, prima lasciando intendere che avrebbe preparato il benservito a Serpieri e poi, di fronte a quel bilancio dell’Asl di Vercelli che non è certo messo bene ma non peggio di altri, dovendo ripiegare su un trasloco con concordato con la manager. “Personalmente non ne sapevo nulla e lo stesso per il sindaco Claudio Corradino e anche l’assessore regionale Elena Chiorino”, aggiunge Mosca. Per quanto riguarda l’esponente di giunta di Fratelli d’Italia nella seduta di venerdì scorso era collegata via Skype e potrebbe aver dato il suo via libera all’operazione, anche se ora difficilmente assisterà inerme alla mossa del leghista che rischia di metterla in serio imbarazzo.

Ma questa storia non racconta solo delle stranezze e degli eccessi di una messa all’indice di un direttore generale – fatto mai accaduto, neppure (giustamente) di fronte a vertici di aziende sanitarie indagati – destinato a vedersi chiudere in faccia le porte da chi milita nello stesso partito di coloro che hanno cercato di aprirle per uscire da una gabbia in cui si sono infilati da soli. Racconta di una Lega che nei campanili non trova l’immagine della sempre sbandierata autonomia, bensì quella di divisioni territoriali interne. Vercelli chiede, Torino risponde, Biella non sa e si mette di traverso. Non ci vuol molto a immaginare cosa potrebbe succedere se domani, o già oggi, da Biella si ripiegasse per Serpieri su Alessandria o Asti. Una situazione che si ripete di fronte a quasi ogni decisione: che si tratti di canoni idrici, dove una parte delle province si è coalizzata contro il capogruppo Alberto Preioni, o di nomine, terreno sul quale agiscono molti mandanti esterni.

E si capisce che in questa vicenda, ma non solo in questa, si giochino più parti in commedia o perlomeno si dia l’impressione di farlo. Venerdì la spiegazione, rivendicata, della soluzione raggiunta era quella di una mediazione operata da Cirio e Molinari. Loro il viatico biellese per la manager invisa. Ma ecco che sempre il consigliere regionale Mosca fornisce una versione differente: “Ho parlato con il governatore Cirio che correttamente ha sostenuto come l’operazione, prospettata solo informalmente, si concluderà unicamente se il territorio sarà d’accordo”. Ma allora cos’è stato mediato in giunta e fuori? Cos’è stato detto a Tiramani per tranquillizzare il parlamentare valsesiano, pronto “a scatenare l’inferno” se la Serpieri non viene mandata via da Vercelli? E come la possono mandare via se i primi a tirar su le barricate sono i leghisti del territorio di nuova destinazione e, soprattutto, se non ci sono le ragioni giuridiche per revocare il contratto alla manager, salvo correre dritti verso un contenzioso con annessi esborsi economici?

Un pasticcio tutto cucinato in casa. Non certo un piatto allettante e rassicurante, quello che offre una maggioranza il cui azionista principale si muove sul territorio in ordine sparso, con un giorno sì e l’altro pure colpi di fuoco amico e un segretario regionale che fa fatica a produrre una sintesi delle diverse istanze, o per dirla più chiara, a tenere a bada capataz e corse in solitaria nei vari territori ormai sempre più spesso sinonimi di componenti interne non di rado in conflitto.

Da una questione sfuggita di mano maldestra non ne esce né bene, né indenne anche lo stesso governatore. Rassicurando da una parte il deputato che chiede la testa della Serpieri, dall’altro il consigliere che si mette di traverso al trasloco nella sua provincia e, in più, avendo “risolto” la faccenda con la mediazione politica insieme a Molinari, Cirio sembra ingarbugliarsi nella matassa che, invece, avrebbe dovuto sciogliere, meglio ancora impedire che si intricasse. A meno che il disegno (perverso) del governatore sia un altro: quello di alimentare le tensioni interne al suo principale azionista.

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