SPESE VIRALI

Un milione e mezzo in due mesi per curare il Covid al telefono 

Conto salatissimo dai medici di famiglia. L'Adi specifico prevede 70 euro per ogni presa in carico di paziente positivo con sintomi, senza imporre la visita a domicilio. Impennata dalla fine dello scorso anno. Icardi dispone verifiche e stoppa ipotesi di prosecuzione

Un milione e mezzo di euro in due mesi per occuparsi dei pazienti Covid. Al telefono. Messa giù così è un po’ brutale e può apparire assurda, però è la realtà. L’Adi (che sta per assistenza domiciliare integrata) applicato alla pandemia, con l’affidamento ai medici di famiglia di un compito che peraltro avrebbe dovuto essere già loro, sta presentando conti che allarmano l’assessorato alla Sanità e inducono il suo titolare Luigi Icardi a chiedere, come ha fatto nelle scorse ore, ai dirigenti un’”analisi approfondita e rigorosa” del sistema e del suo utilizzo in maniera appropriata.

La questione è stata affrontata, sempre in corso Regina, pochi giorni fa in un incontro tra il direttore regionale della Sanità Mario Minola e le rappresentanze sindacali dei medici di medicina generale in cui si sarebbe discussa la prosecuzione dell’Adi Covid. Ipotesi che non vedrebbe l’unità delle sigle di rappresentanza della categoria, ma soprattutto pare non aggradi per nulla allo stesso Icardi, proprio a fronte delle cifre spese nei primi due mesi di quest’anno e di quello passato. 

Nel 2021 il conto per le prestazioni riconosciute ai medici di famiglia, per registrare sulla piattaforma e monitorare a distanza le persone risultate positive al virus e con sintomi, è arrivato a circa un milione e 250mila euro a fronte di 139mila euro per le visite domiciliari, facendo emergere come nella stragrande maggioranza dei casi il medico che ha segnalato i propri assistiti, solo in pochi casi ha fatto seguire e questa procedura la visita a domicilio. Ma c’è un altro aspetto che appare evidente confrontando l’esborso per tutto il 2021 con quello per i primi due mesi del 2022 che già è superiore. La spiegazione non è tanto nel numero di positivi al Covid (che certo non erano di meno lo scorso anno), piuttosto nell’incremento deciso a partire dagli ultimi mesi dell’anno scorso delle richieste di Adi Covid da parte dei medici di famigli anche su sollecitazione di alcune sigle sindacali. 

L’incremento a dir poco notevole aveva messo in allarme, già nei mesi scorsi, le Asl cui arriva il conto da pagare ai medici. Adesso che le cifre sono ben più definite la questione rischia di diventare esplosiva, anche alla luce delle difficoltà finanziarie con cui deve misurasi la sanità piemontese. Proprio oggi in IV commissione del Consiglio regionale si discuterà, nel corso delle audizioni dei sindacati e dello stesso assessore, delle stabilizzazioni del personale assunto con contratti a termine. Il nodo, manco a dirlo, è proprio quello della scarsità di risorse. 

Va detto che i 70 euro (lordi) assegnati ai medici di famiglia per ogni apertura di procedura Adi Covid sono stati decisi dalla Regione, formalizzati con una delibera del 13 novembre del 2020 i cui effetti sono poi stati prorogati fino al 31 marzo scorso, in coincidenza con la fine dello stato di emergenza. Tutto legittimo, quindi. Certo il balzo enorme delle procedure a partire dalla fine del 2021 è un elemento significativo, che racconta come fino ad allora molti camici bianchi del territorio seguissero i loro assistiti senza presentare poi il conto alla Asl per incassare i 70 euro procapite.

Non solo. Le verifiche chieste da Icardi mirano anche a stabilire se tutte le procedure siano state seguite nel rigoroso rispetto dei criteri fissati. A pensare male non si può escludere che a fronte della positività (requisito necessario, ma non sufficiente) in qualche caso siano stati segnalati sintomi e valori, come quello della temperatura, magari non proprio aderenti alla realtà. Un dubbio, quello che nel novero dei segnalati sia finito un gran numero di positivi senza sintomi o comunque con una situazione clinica critica, che potrà essere sciolto solo con verifiche. E mentre dell’applicazione corretta dell’Adi Covid si stanno occupando, da un po’ di tempo, anche i carabinieri del Nas, l’idea di proseguire con questo sistema di remunerazione aggiuntiva per i medici di famiglia, aleggiata nella riunione di pochi giorni fa, sembra trovare la ferma contrarietà dell’assessore. Numeri, per meglio dire tanti soldi spesi e scarse risorse disponibili, alla mano.

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