VERSO IL 2024

Voto anticipato e assetti di partito,
in Fratelli d'Italia sale la tensione

Fibrillazioni per l'ipotesi di elezioni a marzo in Piemonte e in altre tre regioni. Meloni decisa, alleati ancora guardinghi. L'assedio al ministro-cognato Lollobrigida, ma lui non si sbottona. Nei piani il cambio al vertice regionale di FdI: Riboldi al posto di Comba

Altro che cheese. Più che i sorrisi, i capataz piemontesi di Fratelli d’Italia all’arrivo l’altro giorno di Francesco Lollobrigida a Bra per la kermesse dei formaggi, hanno sfoderato occhiate al laser su Augusta Montaruli, insieme alla quale il ministro-cognato è arrivato in auto. Il sospetto che durante il viaggio la deputata abbia potuto ricevere confidenze e anticipazioni, s’è fatto spettro tra coloro che hanno poi cercato di recuperare assediando “Lollo” e, prima ancora di perorare inserimenti di protegé in lista e altre questue immancabili in simili occasioni (in ballo ci sono alcuni ingressi da altri partiti), hanno cercato di capire qualcosa di più e di meno incerto sul voto anticipato delle regionali. 

Accerchiato dalla prima linea meloniana del Piemonte – dagli assessori Maurizio Marrone ed Elena Chiorino al coordinatore-deputato Fabrizio Comba, al capogruppo “kaimano” Paolo Bongioanni e via a seguire – il ministro dell’Agricoltura ha confermato che la decisione sarà, ovviamente presa a Roma e che la questione è sul tavolo nazionale, senza di fatto né tranquillizzare del tutto, né agitare ulteriormente gli animi. In realtà il tavolo del centrodestra il nodo della data in cui mandare al voto le quattro regioni, Sardegna, Abruzzo, Basilicata e Piemonte, avrebbe dovuto affrontarlo, se non già scioglierlo mercoledì scorso, ma in quella riunione assenti i vertici dei partiti, gli sherpa hanno ragionato soltanto di votazioni nei Comuni.

Ma l’indicazione di Giorgia Meloni, a quanto emerge da fonti a lei vicine, è chiara: anticipare il voto regionale. Un’indicazione che, ovviamente, viene fatta propria senza remore dal livello nazionale del partito e trova non pregiudizialmente contrari gli alleati. Manca solo il timbro politico e, poi, quello istituzionale in forma di decreto per consentire alle amministrazioni regionali in scadenza di anticipare accorciare la legislatura in corso, come nel caso del Piemonte. Regione il cui presidente continua a tenere un profilo basso sulla questione, aspettando con accorta tattica che a decidere sia, appunto, Roma. 

Alberto Cirio, come abbiamo già scritto nei giorni scorsi, non intende farsi stringere nella morsa sulla data del voto. Affermando che per lui non cambia nulla votando a giugno o a marzo il governatore si tiene lontano dalla querelle che ha visto l’immediata reazione contraria del Pd e delle altre forze di opposizione, oggettivamente in ulteriore affanno nel caso di anticipo, rapide a mettere sul tavolo la questione dei maggiori costi milionari (in capo alla Regione) nel caso non si tenga fermo l’election day con le europee. In questo modo Cirio evita anche di acuire tensioni domestiche, i cui segnali non sono mancati e che rimandano a non pochi consiglieri di maggioranza impalliditi dinanzi all’ipotesi di perdere tre mesi di stipendio senza avere la certezza di tornare sui banchi di via Alfieri. Ma, anche in questo caso, per quanto riguarda Lega e Forza Italia, una decisione nazionale toglie le castagne dal fuoco a Cirio, così come ai vertici piemontesi dei partiti. Decisione che non dovrebbe tardare, anche se gli impegni su fronti caldi – dall’emergenza immigrazione alla manovra economica – della premier vengono certamente prima del nodo delle regionali. 

La data del voto, certamente, arriverà prima di un altro appuntamento importante per il partito della premier, ovvero i congressi provinciali di FdI il cui avvio è previsto per ottobre. Non sono alle viste quelli regionali, ma ciò non significa che non cambi nulla alla testa del partito in Piemonte. Da qualche tempo circola la voce, tutt’altro che infondata, di un rinnovo al vertice regionale con un passaggio del testimone da parte di Fabrizio Comba, crosettiano di ferro, entrato in Parlamento in questa legislatura e, forse anche per qualche incertezza dovuta all’ulteriore impegno a Montecitorio, recentemente affiancato da due vice, il capogruppo in Consiglio regionale Bongioanni e il sindaco di Casale Monferrato Federico Riboldi.

Proprio il nome di Riboldi è quello che circola con una certa insistenza come possibile successore di Comba alla guida del partito in Piemonte. Di lui qualcuno parla come del futuro assessore alla Sanità (ovviamente in caso di vittoria del centrodestra) dove la Lega dovrà lasciare la poltrona di maggior peso al principale azionista dell’alleanza, ma sarebbe egli stesso in più di un ragionamento con i suoi a frenare di fronte a quell’ipotesi. Anche in questo caso la tattica incrocia la strategia e, dunque, le letture possibili sono più d’una. Tra queste l’essere un consigliere al primo mandato, il rispetto di regole interne seppure non scritte e, fors’anche la propensione a un ruolo più politico per il giovane sindaco. Se così sarà, non mancheranno certamente coloro che ambiscono a occupare il ruolo oggi del leghista Luigi Icardi. A puntare sulla Sanità c’è sicuramente l’attuale titolare del Welfare Marrone, ma di fronte alla delega che rappresenta in core business della politica regionale è pronto a aprire le fauci anche Bongioanni, il kaimano. 

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