Salario minimo, una battaglia sbagliata

La battaglia sul salario minimo impostata dalle opposizioni, in particolare dal Pd,  come un diritto di civiltà è nuovamente un impostazione sbagliata, condita con un po’ di propaganda e populismo di sinistra, perdente che non gli porterà nemmeno voti, come i sondaggi dimostrano. I motivi sono vari e dovrebbero fare parte della capacità di analisi di un gruppo dirigente di un partito e della sua segretaria.

Il salario non è un diritto di civiltà ma una tutela sociale del lavoratore che esercita attraverso l’applicazione del Contratto Nazionale. Quindi il diritto è avere il contratto nazionale, la tutela sociale è un salario minimo se non si applica il contratto nazionale.

Allora la priorità è dare a tutti i lavoratori il diritto di tutelarsi attraverso un contratto nazionale ma questo non  mi sembra sia al centro della proposta delle opposizioni. O meglio non si evidenzia il ruolo delle Organizzazioni Sindacali maggiormente rappresentative. Credo che dire quei sindacati che hanno firmato più ccnl non regga perché abbiamo centinaia di contratti firmati da sigline sindacali, quindi vale chi è maggiormente rappresentativo cioè chi ha la maggioranza: si chiama democrazia rappresentativa che è quella a cui aspiriamo.

Questa disattenzione delle opposizioni al sindacato confederale è evidente sia dalle opinioni che hanno i 5S del sindacato sia del fatto che il Pd strizza l’occhio alla Cgil e non all’insieme della confederalità mettendo in difficoltà lo storico ruolo di mediatore che ha sempre avuto la Cisl dentro il sistema confederale. Primo problema pertanto è il mancato ruolo centrale che le opposizioni non assegnano al sindacato confederale chiedendogli, anche, una forte proposta unitaria sul tema.

Se è vero, come è vero che i parametri europei in tema di copertura del contratto nazionale che supera l’80% dei lavoratori, allora è necessario introdurre forti penalità per le categorie che non lo applicano, definire le nuove categorie emergenti di lavoratori, stabilire nuovi contratti nazionali di categoria per i nuovi lavori e, questo sì, applicare un salario minimo per tutti quei lavoratori che non hanno ancora un contratto nazionale.

Confindustria vede di buon occhio il salario minimo perché sa benissimo che così potrà destrutturare i contratti nazionali, ridurre ancora di più la contrattazione collettiva e il ruolo dei sindacati e realizzare, finalmente, il suo sogno: la contrattazione ad personam. Schlein e compagnia bella lo capiscono questo? I 5S di sicuro ma loro del sindacato confederale non importa nulla essendo populisti e rivolgendosi direttamente ai cittadini, ma nel Pd è chiara la strategia degli altri ed è chiaro che perseguire il salario minimo come stanno facendo è fare il gioco delle imprese? Tanto peggio tanto meglio così il popolo si solleverà e voterà a sinistra? Vecchia strategia perdente e irrealizzabile in Italia.

Come si può notare il lavoro del Cnel non è citato perché assolutamente inutile, pieno di banalità e di fatti già conosciuti. Il punto vero è che per fare un accordo che tuteli, con un salario minimo, chi non ha un contratto nazionale firmato dal 50% più uno dei sindacati più rappresentativi ci va la capacità di mediare, cosa che oggi non solo nessuno ha voglia di fare ma non ci sono leader capaci di farlo.

Secondo punto è che, per stabilire chi rappresenta chi, ci vanno delle regole condivise e rispettate e torna il tema della rappresentanza e rappresentatività.

Terza e ultima questione si poteva raccogliere l’appello di alcuni saggi e definire un salario minimo per tutti quei lavoratori che non hanno contratto o contratti firmati da sindacatini minoritari e non rappresentativi. Non cogliere questa opportunità da parte delle opposizioni e del Pd è miopia strategica e tattica perché avrebbero visto venire allo scoperto tutti quei “padroni” che vogliono il sindacato giallo in azienda per farsi i fatti propri e avrebbero portato allo scoperto la Presidente del Consiglio il cui mantra è “non ci facciamo condizionare da nessuno” ma si sarebbe subito visto che sarebbe stata attaccata, appunto, da tutti quei padroncini che la foraggiano con il voto. D’altra parte se Meloni e compagnia cantando governano non è solo merito loro ma anche di un opposizione che non sa, attraverso le giuste strategie e mediazioni, rappresentare il mondo del lavoro.

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