OBITUARY

Morto Ferrero, l'ultimo einaudita

Si è spento a 85 anni. I primi passi nella casa editrice Einaudi, poi la direzione del Salone del Libro di Torino in tandem con Picchioni. Ai "formidabili anni" trascorsi in via Biancamano ha dedicato un suo memoir

È morto a 85 anni Ernesto Ferrero, dopo una lunga malattia. Editore, scrittore, critico letterario, organizzatore culturale, ha diretto il Salone del Libro dal 1998 al 2016 costituendo un proficuo sodalizio con l’allora presidente Rolando Picchioni. Nato a Torino il 6 maggio 1938 ha dedicato ai libri tutta la sua vita, lascia la moglie Carla e le figlie Chiara e Silvia.

Esordì nel mondo letterario nel 1963 come responsabile dell’ufficio stampa della casa editrice Einaudi. Alla fine degli anni ’70 ne diventò il direttore letterario, e poi, dall’84 all’89, direttore editoriale; è stato poi segretario generale della Bollati Boringhieri, direttore editoriale in Garzanti e direttore letterario presso Mondadori. Ha vinto nel 2000 il Premio Strega con N che ricostruisce l’esilio di Napoleone all’isola d’Elba. Il suo ultimo libro, Italo, uscito da pochi giorni è dedicato a Calvino.

Era il 1963 quando Ernesto Ferrero entra “per concorso” alla corte del Principe Giulio Einaudi, ma sotto l’egida di Anna e Vittorio Foa. Quando nel 1983 a salvare l’Einaudi arrivano i danè meneghini di Silvio Berlusconi, Ferrero si erge come l’ultimo custode di quella storia, editoriale e intellettuale. Fulminante il ritratto di Einaudi tratteggiato da Natalia Ginzburg e riportato ne I migliori anni della nostra vita di Ferrero: “Era un nobile predone, è diventato un raccoglitore di cicche. Era Arsenio Lupin è diventato il Gobbo del Quarticciolo”. Eppure tutto ciò non ha impedito all’ex studente fuori corso di medicina, un bizzoso fainéant patito di giardinaggio e non troppo avvezzo alla lettura, di indossare gli abiti del più celebrato e riverito editore italiano. Una storia scritta lungo la strada che congiunge via delle Botteghe Oscure con via Biancamano, sede storica dell’Einaudi. Una contiguità mai troppo celata con il Partito comunista e quel filone culturale e letterario. Di cui Ferrero è stato ultimo testimone, esegeta e custode.

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