VERSO IL 2024

Allarme rosso Pd. Cirio vince anche contro il campo largo

Gli ultimi sondaggi certificano il crollo del partito di Schlein sotto la soglia psicologica del 20%, riportandolo all'ultimo tragico Letta. La segretaria può insistere finché vuole sull'alleanza con i Stelle ma con questi rapporti di forza è destinata a perdere ovunque

Quattro anni orsono fu una sconfitta, questa volta potrebbe essere una disfatta. Il Pd può allargare il campo finché vuole, ma se resterà su queste percentuali non solo lascerà il Piemonte ad Alberto Cirio ma rischia addirittura di peggiorare il risultato già tutt’altro che lusinghiero del 2019, quando l’attuale governatore distanziò Sergio Chiamparino di quasi 15 punti, vincendo in tutte le province, Torino compresa. I sondaggi sono impietosi, l’allarme al Nazareno è già scattato, ma le contromisure fino a questo punto “si son limitate all’invettiva”. Contro Giorgia Meloni, in particolare, che però non è scalfita più di tanto dallo strepitar dell’opposizione. I sondaggi valutano il Pd ben al di sotto della soglia psicologica del 20 per cento con l’elettorato riformista in fuga verso i partiti del (fu) terzo polo o addirittura sedotto dall’astensione. Quando non attratto dal centrodestra, in particolare dalla lista civica del governatore uscente.

Secondo l’ultima Supermedia YouTrend/Agi il Pd ristagna al 19,2%, il M5s lo incalza al 16,5. Alle scorse Europee pur senza brillare i dem avevano raggiunto il 22,7 e alle concomitanti regionali piemontesi aveva sostanzialmente confermato quel dato (22,4) nonostante la presenza in coalizione di due liste – Monviso e Moderati – che ne avevano drenato parte del consenso (circa il 6 percento). Quanto riuscirà a racimolare il Pd questa volta con un vento nazionale che soffia contro? Nel 2019 i consiglieri eletti furono 9 più il candidato presidente, questa volta quel risultato potrebbe essere confermato solo grazie alla salvaguardia introdotta nella riforma della legge elettorale che porta i rappresentanti delle minoranze ad essere almeno 20 (attualmente sono 18). Insomma, non è ancora chiaro se Elly Schlein abbia spostato il Pd a sinistra, di rosso però c’è sicuramente l’allarme.

Quattro anni fa c’era Chiamparino, presidente uscente, che almeno a Torino città (e solo entro la cinta daziaria) era stato in grado di trainare partito e coalizione. Lui era arrivato a superare il 50 per cento, il centrosinistra aveva raggiunto il 46,8. Il Piemonte più profondo aveva voltato le spalle al centrosinistra, ma il capoluogo aveva tenuto, anzi si era schierato per il suo ex sindaco, il più amato d’Italia nell’era olimpica. Il rischio è che tra sei mesi la coalizione sprofondi ovunque, mentre al Nazareno inseguono le chimere grilline.

A livello nazionale Schlein non riesce a esprimere una linea, a livello locale ha messo in freezer un partito che aveva iniziato a discutere di temi e avviato a primarie. Risultato: mentre Cirio è in campagna elettorale permanente, il Pd si arrovella su alchimie politiche in cerca di un accordo (al ribasso) con il M5s su cui in pochi scommettono, vista anche la torsione populista di Giuseppe Conte che è riuscito persino a rinnegare se stesso nel recente voto sul Mes in cui ha schierato il suo partito sul No, allineandolo a Lega e Fratelli d’Italia. Queste sono le premesse di un’intesa difficile da trovare vista anche la concomitanza delle regionali in Piemonte con le europee, una tornata in cui i partiti sono spinti a enfatizzare le proprie posizioni per massimizzare il consenso, marcando le differenze con gli avversari ma anche con i potenziali alleati. Il paradosso è che, calcolatrice alla mano, pure laddove il campo largo dovesse realizzarsi ed estendersi dalle forze più riformiste a quelle più radical-populiste, con un Pd al di sotto del 20 per cento la coalizione non sarebbe comunque competitiva.

print_icon