Un mondo davvero al contrario

Un generale dell’Esercito Italiano decide improvvisamente di darsi alla letteratura e, un bel giorno, pubblica un libro autofinanziato in cui esprime le sue considerazioni in merito a un mondo che, secondo lui, è al contrario. In alcune centinaia di pagine, il militare elenca una serie di valutazioni personali su costumi e società. Il volume si presenta come un insieme di massime: precetti che sembrano messi insieme per dare risposte a seguaci immaginari; oppure (ipotesi più probabile) sentenze assemblate in un tomo per fare i conti con i propri malesseri e le tante inquietudini interiori.  

All’indomani dell’uscita del libro è scoppiata una violenta polemica, in seguito alla quale tutta l’Italia è stata messa al corrente che il generale è autore di un’opera realizzata per pronunciare giudizi su ogni cosa. Il clamore esploso in seguito, generato in modo tutt’altro che casuale, ha consentito di raggiungere l’incredibile quota di 230mila copie vendute: numero che ha portato il titolo sul podio dei libri più venduti in Italia nel 2023. L’inatteso successo ha indotto una casa editrice a mandare alle rotative la sua prima ristampa, in una veste migliorata nell’aspetto grafico a partire dalla copertina.

I media hanno dato un forte risalto alle polemiche generate dal libro, sino a trasformare il manoscritto, destinato a finire nel mucchio delle autoproduzioni invendute, in un best sellers nazionale. Fenomeno impressionante, e così repentino da far invidia a intellettuali e autori affermati: il mondo va davvero al contrario.

È compito dei fisici stabilire quale sia il verso giusto del nostro pianeta, mentre un generale ha di certo altri doveri, tra cui servire lo Stato con lealtà e fedeltà al giuramento fatto, ossia non tradendo i valori enunciati dalla Carta Costituzionale. Non spetta comunque a nessuno, che vesta una divisa oppure no, il compito di giudicare cosa sia “Bene” e cosa “Male” nelle abitudini delle persone, e neppure quello di censurare i costumi della società moderna. Eppure, dopo una veloce lettura del testo (in cui si definiscono gli omosessuali “non normali”, e il cambiamento climatico una ipotesi fantasiosa), il lettore attento può in effetti maturare il dubbio che il militare stellato abbia davvero ragione, soprattutto quando asserisce che da noi ogni cosa va al rovescio. Alcuni fatti sembrerebbero testimoniare davvero come il mondo si muova al contrario: l’autore del libercolo stesso è la prova vivente della fondatezza di tale ipotesi.

Una società che “è posta nel verso giusto” non avrebbe infatti trasformato in fenomeno librario un testo che potrebbe essere semplicemente la trascrizione di usuali discorsi da bar, e tantomeno avrebbe tollerato una presa di posizione politica, così esplicita, da parte di un alto ufficiale in servizio attivo. 

In un mondo che non “è al contrario”, inoltre, dovrebbe essere oramai acquisito il principio dell’uguaglianza tra le persone, senza alcuna discriminazione dovuta alla provenienza geografica, al sesso, alla religione, al censo e al desiderio di amare individui dello stesso sesso. Allo stesso modo non si dovrebbero considerare “non normali” coloro che si sottraggono dalle regole di costume seguite dalla maggioranza della popolazione. Inoltre, in situazioni ordinarie e non da “mondo al contrario”, un festival musicale non cadrebbe mai sotto la lente della censura morale da parte dei dirigenti RAI e dei deputati della Repubblica che si arrogano tale diritto. La polemica che ha colpito il giovane cantante Ghali a San Remo, reo di non aver citato l’aggressione di Hamas ad Israele quando ha condannato i bombardamenti di ospedali per ottenere un pezzo di terra in più, è ancora più irreale quando si scatena in un Paese che ama definirsi democratico.

Laddove tutto va per il verso giusto, i giornalisti non prendono posizione a favore di una parte (politica o belligerante) quando informano il loro pubblico, e al contempo non occorre essere ricchi professionisti, o industriali, per diventare parlamentari e guidare un governo autodefinito paradossalmente “popolare”. In un contesto “normale”, secondo logica e non affidandosi al solo senso comune, dovremmo bandire la “Guerra”, soprattutto quando la nostra Costituzione non la riconosce quale soluzione per dirimere le questioni internazionali. Nel nostro Paese non sarebbe quindi ammissibile accettare serenamente che un’opinionista in tv invochi lo stato di belligeranza, affermando che non bisogna averne paura, ma al contrario è bene accettarlo facendosene una ragione (della serie: “Alla mia generazione è andata bene e delle future chi se ne frega!”).

Tanti fatti che per il generale non sono posizionati nel verso giusto certificano invece il vivere in una società civile.  Sono in tanti a rifiutare la crudeltà autodistruttiva con cui noi essere umani trattiamo la Natura e gli animali; sono altrettanti coloro che nel loro piccolo si impegnano per rimediare ai danni arrecati al pianeta dal consumismo, le cui conseguenze sono riscontrabili da chiunque (escluso da chi scrive l’enciclopedia dei luoghi comuni).

Viviamo, del resto, in un Paese diviso tra chi rimpiange l’Imperatore d’Austria, i Borbone, il Duca Leopoldo e i Savoia; in cui la Storia non è minimamente considerata dal Ministero dell’Istruzione, pronto ad autorizzare programmi ricchi di pericolosi revisionismi dettato da interessi politici; dove apprezzare o meno un brano musicale cantato in napoletano fa la differenza tra essere o non essere definiti razzisti. Una nazione in cui i media dettano l’agenda del Governo (come in ultimo dimostra la strumentalizzazione in cui sono caduti gli agricoltori), mentre un’alta percentuale di cittadini non si recano più alle urne elettorali, è vicina alla sua trasformazione da democrazia imperfetta a oligarchia.

Inorridire di fronte a un generale che scrive un libro pieno di opinioni personali, e turbarsi leggendo di fans disposti a partecipare a costose cene per ascoltarlo, è la reazione naturale di quel mondo che per fortuna “gira al contrario”, ossia di tutti coloro che rifiutano di viaggiare nel tempo alla ricerca del “magnifico” passato: un’epoca fantastica in cui nessuno (tranne i ricchi) poteva uscire dalle fila in cui era stato messo dal tiranno di turno. 

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