SANITÀ

Anestesisti contro i gettonisti: "Stop al caporalato delle coop"

Un "mercato" dei camici bianchi sempre più fuori controllo con costi esorbitanti per le Regioni. Fiore (Arooi-Emac): "In Piemonte situazione critica. Seguire il modello Bertolaso". L'esempio delle cliniche private dove non si fa ricorso alle cooperative

“Se non parliamo di caporalato in questo caso, quando dovremmo farlo?”. Parole pesanti quelle di Gilberto Fiore, presidente per il Piemonte di Arooi-Emac, l’associazione che rappresenta gli anestesisti e i rianimatori ospedalieri. E il caso è quello, sempre più oggetto di critiche e proteste, dei medici a gettone ingaggiati dalle cooperative e fornite al sistema sanitario pubblico in perenne carenza di personale. La posizione piemontese non è certo isolata. Non meno dura quella assunta dalla stessa associazione degli anestesisti e rianimatori a livello nazionale. “Perseverare nel reclutare medici a gettone negli ospedali pubblici tramite cooperative le quali si arricchiscono sia a danno del servizio sanitario nazionale sia a scapito dei medici che assoldano, sui quali esse stesse lucrano fino al 20% della paga a loro riversata – si legge in una nota – per noi è sempre stato inconcepibile. Ma oggi, dopo anni di denunce, e di fronte alla voragine nei conti pubblici certificata anche dall’Anac, per nessuna Regione dev’essere possibile far spallucce”. Un richiamo forte alle amministrazioni regionali per “porre fine a quest’appalto perverso”.

Proprio alla Regione Piemonte si rivolgono gli specialisti ospedalieri indicando la soluzione nell’iniziativa intrapresa in Lombardia dall’assessore Guido Bertolaso (solo in parte limitata in seguito a un ricorso su cui dovrà pronunciarsi nel merito il Tar) e seguita per ora soltanto dal Veneto, che punta a sostituire i contratti con le coop con quelli stipulati, a prezzi prefissati, con ogni singolo professionista. Di fine gennaio la lettera inviata dall’associazione degli specialisti ospedalieri ai governatori e agli assessori alla Sanità con cui invitavano ad applicare il modello Bertolaso “per il superamento delle esternalizzazioni dei servizi sanitari e per la migliore gestione del personale”.

Sono due, infatti, i problemi che scaturiscono dal ricorso a questa intermediazione di manodopera dei camici bianchi. Il primo è quello della adeguata specializzazione non sempre garantita: “Più volte ci si è trovati di fronte a professionisti che non avevano titoli e competenze”, ricorda Fiore. Il secondo, non meno grave riguarda i costi ormai fuori controllo che rischiano di far ulteriormente sprofondare i bilanci delle Asl e delle Aso, sempre più ostaggio delle cooperative a proposito delle quali Arooi-Emac parla di “un mercato” dove sempre più spesso questi operatori si muovono “non accontentandosi di una cresta, ma creando una contabilità del tutto separata tra gli introiti astronomici che contrattano per sé con le aziende sanitarie aggiudicandosi gli appalti, e gli emolumenti ai medici, ridotti all’osso attraverso veri e propri contratti capestro di dipendenza privata”.

Anestesisti e rianimatori ospedalieri pongono inoltre l’accento su una situazione da cui emergono con evidenza ritardi e inerzie che continuano a connotare la gestione pubblica della sanità. “Non ci risulta che nessun ospedale privato, nessuna clinica abbia mai dovuto fare ricorso alle cooperative, riuscendo a gestire in proprio anche liberi i professionisti oltre che i dipendenti e questo deve far riflettere sulla maggiore efficienza non sanitaria, ma amministrative e gestionale rispetto al pubblico”. 

Un pubblico che, nonostante le più stringenti (almeno nei propositi) direttive del ministro Orazio Schillaci sull’impiego dei gettonisti forniti dalle coop, continua ad attingere a mani basse professionisti da questo mercato che detta prezzi e, in non pochi casi, pure regole. “Lo stesso settore dell’anestesia e rianimazione – spiega Fiore – vede in Piemonte un massiccio utilizzo di questi professionisti, soprattutto nell’Alessandrino e nel Cuneese, con tutte le problematiche sulla qualità dell’assistenza che ciò rischia di comportare e, purtroppo, non di rado comporta”.

print_icon