SANITÀ MALATA

Visite in tempi brevi solo se paghi.
Asl "reticenti" sui rimborsi possibili

Un anno di differenza tra un esame col servizio pubblico e a pagamento. Una scellerata gestione dell'intramoenia tra le cause delle liste d'attesa. "Nascosta" la possibilità di farsi restituire quanto sborsato nel privato dai pazienti

Per una colonscopia a Novara la prima data libera è il 25 luglio del 2025, più di un anno di attesa. Ma se la stessa visita la si fa, sempre con medici ospedalieri, ma pagando 426 euro i tempi si riducono drasticamente al 20 giugno prossimo a Domodossola o addirittura al 6 dello stesso mese a Verbania. Bisogna aspettare fino al prossimo settembre per una gastroscopia ad Alessandria, così come a Casale Monferrato, ma se si vogliono accorciare i tempi, mettendo mano al portafogli, si trova posto al San Giovanni Bosco addirittura per oggi al costo di 262 euro o il 4 aprile al Martini spendendo dieci euro di meno. Questi dati, raccolti dal vicepresidente del consiglio regionale Daniele Valle, non fanno altro che confermare ulteriormente ciò che lo Spiffero va scrivendo da tempo sulle cause ancora irrisolte che impediscono di ridurre le liste d’attesa e su una visione, spesso distorta, del concetto di “privato” nella sanità.

Certamente non l’unica, ma tra le ragioni principali e di maggior impatto su una patologia del sistema sanitario nazionale e piemontese che ormai da emergenza è passata a cronicità, sta proprio in una mancata gestione e controllo dell’intramoenia. Ovvero di quella facoltà data ai medici ospedalieri di esercitare privatamente la loro professione all’interno delle strutture pubbliche. Mesi di differenza nei tempi di attesa tra la visita specialistica o l’esame diagnostico forniti con il solo esborso del ticket e le stesse prestazioni, effettuate spesso dallo stesso medico, a pagamento. Basta, chiamando il Cup, chiedere le date e la questione apparirà di un’evidenza lampante. Meno il sistema che sta dietro, in particolare la verifica da parte delle aziende sanitarie e ospedaliere di un rapporto, chiaramente sbilanciato, tra il numero di prestazioni erogate tramite il servizio pubblico e quelle per cui i cittadini devono pagare. Non varcando le porte di una clinica privata, ma rivolgendosi a specialisti che lavorano negli ospedali cui la legge consente di esercitare la libera professione versando una piccola percentuale all’azienda di appartenenza e operando, come dice il termine latino, entro le mura, insomma all’interno dell’ospedale.

Cosa che non sempre accade, anzi va crescendo il numero di medici che l’intramoenia la fa in studi e laboratori privati. Una possibilità, quest’ultima, concessa in deroga per ovviare alla carenza di locali nelle strutture pubbliche, che tuttavia viene sempre più utilizzata dai professionisti, grazie alle autorizzazioni rilasciate dalle Asl. L’ultima relazione del ministero della Salute sull’attività libero professionale intramuraria relativo al 2021 e trasmessa lo scorso anno al Parlamento evidenzia come “le criticità maggiori, con riferimento ai medici che esercitano esclusivamente al di fuori degli spazi aziendali si registrano in Lazio e in Piemonte”. 

Sempre per quanto riguarda il Piemonte, che ha una percentuale del 20% di intramoenia esclusivamente al di fuori delle strutture pubbliche, preceduta solo da Campania, Basilicata e Lazio, dal documento del ministero emerge come sia al quarto posto, dopo Valle d’Aosta, Liguria e Veneto, per percentuale di medici con rapporto di lavoro esclusivo con il servizio sanitario nazionale che esercitano l’intramoenia, con un dato del 53% rispetto a una media nazionale del 42,7%. Altro dato nazionale assai indicativo riguarda il numero degli universitari che operano nelle strutture pubbliche e che scelgono di fare anche la libera professione: nel 2021 tra professori e ricercatori superavano il 60%. E questo è un aspetto rilevante per quanto riguarda le aziende ospedaliere universitarie che, come altrove, in Piemonte coincidono con gli ospedali più grandi, gli stessi dove spesso si registrano tempi di attesa più lunghi.

“Questi dati – osserva Valle, riferendosi alle recenti verifiche fatte contattando il Cup come uno dei tanti pazienti che lo fanno ogni giorno – dimostrano che c'è un problema enorme di organizzazione, di controllo delle proporzioni corrette tra attività ordinaria e attività intramoenia e di controllo di come questa attività si svolge quando si tiene fuori dagli ospedali”. Per l’esponente del Pd “sono differenze sui tempi di accesso inaccettabili e costi francamente insostenibili per le famiglie, che peraltro finiscono per aumentare le sperequazioni fra le diverse specialità mediche, rendendone alcune non attrattive”. Da qui la proposta alla Regione “che potrebbe fissare uno scarto massimo tra i tempi di attesa del servizio sanitario e quelli dell'intramoenia, oltre il quale bloccare le prenotazioni per le prestazioni a pagamento”. 

Ma c’è un altro aspetto della gestione da parte delle aziende sanitarie dell’intramoenia e di tutto ciò che vi ruota attorno, tale da suscitare più di un interrogativo. Come già riportato dallo Spiffero nei giorni scorsi, una legge dello Stato prevede che in caso di tempi che superino quelli indicati come limite nella prescrizione del medico per visite o esami, il paziente possa chiedere di effettuarli, piu rapidamente, in intramoenia chiedendo il rimborso all’Asl. Una possibilità che, però, continua a venire taciuta sia dalle aziende che non la comunicano, sia dallo stesso Cup al momento in cui chi chiama per prenotare espone la sua necessità e non trovando date nei tempi fissati, è costretto a rivolgersi, spesso, allo stesso specialista pagando quasi sempre cifre importanti. In alcune regioni, tra cui l’Emilia-Romagna, la Liguria e la Lombardia stanno costituendosi dei patronati e delle associazioni per aiutare i pazienti a ottenere ciò che la legge prevede. Circolano già dei modelli di richiesta di rimborso da presentare alle Asl, il cui silenzio difficilmente potrà ancora durare a lungo e non coprirà una gestione del rapporto tra visite fornite dal pubblico e quelle a pagamento che mostra più di una falla.

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