SANITÀ

Un milione di esami e visite in più.
Asl, giro di vite per le liste d'attesa

La riduzione dei tempi passa per un incremento di circa il 50% delle prestazioni. Dalla Regione Piemonte numeri e regole ai direttori generali. Una parte dei servizi per i pazienti potrà essere fornito dal privato accreditato. Assunti in pianta stabile circa 100 medici Covid

Un milione di prestazioni ambulatoriali in più, tra visite ed esami diagnostici, rispetto ai circa due che fino ad oggi vengono erogate dal sistema sanitario piemontese. È l’obiettivo che, in base ai calcoli fatti negli uffici dell’assessorato alla Sanità, deve essere raggiunto al massimo nel giro di un anno da parte di tutte le aziende sanitarie e ospedaliere per ridurre in maniera decisa i tempi di attesa, riportandoli almeno ai livelli del 2019. Dopo le recenti misure adottate, con il piano predisposto dal direttore Antonino Sottile per evitare il ricorso al Cup, il centro unico di prenotazione, per tutte quelle prestazioni legate in un percorso clinico, che già stanno dando risultati laddove si è dato corso alla loro applicazione, arriva una ulteriore misura.

Negli uffici del grattacielo del Lingotto ieri sono arrivati gli ultimi dati da Asl e Aso in risposta alle richieste di incrementare le prestazioni, con indicazioni precise su ciascuna di esse – dalla gastroscopia alla Tac per una determinata parte del corpo, dalla visita dermatologica all’esame del campo visivo, solo per fare alcuni esempi – e alla relativa capacità di ciascuna azienda sanitaria. Nelle scorse settimane ogni direttore generale ha ricevuto l’indicazione numericamente esatta dell’incremento necessario per ogni prestazione al fine di ridurre i tempi e adeguarli a quelli previsti dalle prescrizioni mediche e, comunque, tali da non dover più avere pazienti che si sentono rispondere con date avanti di mesi se non di anni alle loro richieste. I volumi di prestazioni proposti ad ogni singola struttura pubblica sono stati, quindi, rivisti al rialzo dagli uffici della direzione regionale. Un esame dal quale, sempre per fare un esempio, si è accertato che in una determinata Asl c’è un arretrato di 800 visite gastroenterologiche, mille urologiche, 200 Tac e così via. Sulla base di questi numeri la Regione ha chiesto ai vertici delle Asl quante sono in grado di recuperare in tempi stretti, aumentando l’attività.

Nel caso in cui l’obiettivo e dunque l’aumento di prestazioni indicato dalla Regione risulti, a detta delle aziende, solo parzialmente raggiungibile, la parte restante verrà fornita dalle strutture private accreditate, già inserite nel piano straordinario regionale con un fondo già finanziato. Ulteriore aspetto di questo intervento riguarda la questione geografica, visto che la riduzione dei tempi di attesa e lo stesso ricorso alla sanità privata (senza ovviamente alcun esborso per i pazienti) dovrà rispettare anche l’ambito di quadrante, ovvero al massimo il territorio di province limitrofe, per evitare viaggi di centinaia di chilometri per abbreviare l’attesa per una visita, come purtroppo spesso accade ancora oggi.

Da oggi tutti i dati forniti dalle aziende sanitarie e ospedaliere saranno passati al vaglio, così come le motivazioni richieste per giustificare l’impossibilità di osservare completamente le indicazioni, sempre riferite a ciascuna prestazione per evitare che un’eccessiva generalizzazione impedisca di comprendere dove sono e per quali ragioni le singole criticità. L’esito e il conseguente avvio dell’operazione dovrebbe essere questione di un paio di settimane. Poi toccherà ai direttori generali far sì che i tempi vengano rispettati e il meccanismo, come purtroppo non di rado accade, si inceppi in quei passaggi dove altrettanti spesso rimpalli di responsabilità o supposti problemi burocratici hanno vanificato più di una buona intenzione. 

Nel frattempo, sempre per cercare di ridurre i tempi di attesa, così come per garantire un sia pure modesto incremento del personale ospedaliero, ieri è stato siglato un accordo con i sindacati dei camici bianchi per la stabilizzazione, ovvero l’assunzione a tempo indeterminato, di un centinaio di medici che avevano prestato servizio durante l’emergenza Covid. 

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