LAVORO & OCCUPAZIONE

Otto su dieci hanno il "posto fisso", calano i lavoratori autonomi

È un momento positivo per il nostro mercato del lavoro. Sia per il record storico di occupati sia per l'aumento del numero di contratti a tempo indeterminato. Sempre più richiesto personale qualificato. Nota dolente i livelli retributivi, più bassi della media Ue

Entro il 2025 l’Italia potrebbe sfiorare i 24 milioni di occupati. “Le previsioni ci dicono che lo stock complessivo degli occupati è destinato a crescere ulteriormente, sfiorando i 24 milioni di addetti entro il 2025”, rileva l’ufficio studi della Cgia che ha analizzato il mercato del lavoro interno, con una proiezione sull’inizio del prossimo anno. A fine 2023 la platea degli occupati in Italia ha toccato i 23,6 milioni di unità, 471 mila in più rispetto al periodo pre-Covid, di cui 213 mila hanno interessato il Mezzogiorno che è stata l’area geografica ad aver registrato l’incremento percentuale più elevato del Paese (+3,5 per cento).

Rispetto al 2019 la Puglia ha segnato un ragguardevole +6,3 per cento (+77 mila unità), seguono la Liguria e la Sicilia entrambe con il +5,2 per cento (la prima con +31 mila unità e la seconda con +69 mila), la Campania con il +3,6 per cento (+58 mila unità) e la Basilicata con il +3,5 per cento (+7 mila unità). A livello provinciale, invece, è Lecce con il + 16,5 per cento (+36.500 unità) ad aver conseguito l’incremento percentuale più significativo del Paese rispetto al periodo prepandemico. Seguono Benevento con il +12,4 per cento (+10 mila unità), Enna con il +11,2 per cento (+4.800 unità), Frosinone con il +10,9 per cento (+16.600 unità) e Ragusa con il +9,4 per cento (+10 mila unità).

Sempre l’anno scorso si è registrata una incidenza dell’84 per cento di coloro che hanno un contratto di lavoro a tempo in determinato (15,57 milioni su 18,54 milioni) sul totale dei lavoratori dipendenti. Se si confronta il numero di lavoratori dipendenti del 2023 con il posto fisso sempre con lo stesso dato del periodo pre-pandemico, l’aumento è stato di 742 mila unità (+5 per cento). La Cgia evidenzia “delle criticità che fatichiamo a superare”. La principale rimane il basso tasso di occupazione; tra i 20 Paesi dell’Area dell’Euro, l’Italia è fanalino di coda con un “misero” 61,5 per cento, contro una media dell’Eurozona del 70,1 per cento. È sempre più richiesto personale qualificato: il numero dei lavoratori altamente specializzati e qualificati è aumentato nell’ultimo anno del 5,8 per cento (+464 mila), pari al 96,5 per cento dei nuovi posti di lavoro creati nel 2023; mentre rispetto al 2019 la variazione rimane positiva (+2,3 per cento), ma più contenuta rispetto all’anno precedente (+192 mila) con una incidenza del 40,7 per cento sui nuovi posti di lavoro creati in questo ultimo quadriennio.

Non va trascurato nemmeno il trend registrato dai lavoratori autonomi; rispetto al 2019 sono scesi di 223 mila unità (-4,2 per cento), nonostante nell’ultimo anno ci sia stato un leggero segnale di ripresa pari +62 mila unità (+1,3 per cento).

Nota dolente, infine, sui livelli retributivi italiani che sono “mediamente più bassi degli altri Paesi dell’Ue, a causa di un livello di produttività del lavoro molto basso, di un tasso dei Neet elevatissimo e di un tasso occupazionale relativo alle donne più contenuto di tutta Europa”.

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