SACRO & PROFANO

"Inaccettabile abbandonare Torino". Repole scomunica Stellantis

Messaggio del vescovo in occasione del Primo Maggio. Un monito severo a chi esaspera la logica del profitto sacrificando territorio e lavoratori. Aziende sane che chiudono fabbriche e danno stipendi stellari ai loro manager. Come a Tavares e Elkann

Non sacrificare la vita delle persone per il profitto. È l’appello di monsignor Roberto Repole, arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, per la ricorrenza civile della Festa del Lavoro. giorno in cui nel calendario della Chiesa è la ricorrenza di San Giuseppe Lavoratore. Il messaggio, diffuso in occasione del Primo Maggio, contiene una riflessione sul “difficile mestiere degli imprenditori” nel mercato globale e il problema delle fabbriche che chiudono nell’area torinese e che suona come un forte richiamo ai vertici di Stellantis, sebbene non direttamente citati.

“Nell’area torinese è capitato e continua a capitare a tante persone di perdere il posto di lavoro in aziende che non riescono più a restare sul mercato e falliscono – scrive il presule –. Ciò che non dovrebbe mai accadere, agli operai e agli impiegati, è perdere il lavoro in aziende che godono di buona salute e stanno producendo ricchezza e profitto, eppure non si accontentano: queste aziende, spinte sovente da logiche esasperate di ricerca di sempre maggiori guadagni, tagliano i posti di lavoro o li trasferiscono altrove. È questa, tristemente, una dinamica presente nel mercato internazionale, a volte guidata dalle valorizzazioni dei titoli in borsa e talvolta anche dalla ricerca di premialità per i top managers, che spesso porta anche aziende sane, con buoni profitti, a chiudere fabbriche”, si legge nel messaggio. Come non pensare ai 36,5 milioni di euro intascati lo scorso anno da Carlos Tavares e ai 4,8 milioni messi in tasca da John Elkann a premio per i brillanti risultati del gruppo mentre la produzione a Mirafiori è pressoché ferma e i lavoratori (operai e impiegati) incentivati a lasciare il posto?

“Se la scelta di abbandonare il nostro territorio può essere compresa quando è necessaria per la sopravvivenza dell’azienda, non mi pare possa essere accettabile quando risponde alla logica di moltiplicare in modo esasperato i profitti: credo che esistano limiti all’accumulo della ricchezza, oltre i quali non è legittimo sacrificare la vita delle persone”, prosegue il monito di Repole.

“Dopo un inverno segnato dalla dolorosa chiusura di varie fabbriche nell’area torinese e nella Valle di Susa desidero cogliere l’occasione della Festa del Lavoro e della Festa di San Giuseppe Lavoratore per una riflessione sul difficile mestiere degli imprenditori in questo nostro tempo di grande competizione economica, che sfida le aziende e le costringe a continui cambiamenti per mantenere competitività e garantirsi la sopravvivenza”, spiega Repole. “Il destino dei lavoratori e delle loro famiglie in questa stagione così delicata dipende anche dal successo degli imprenditori: per questo la Chiesa sostiene con gratitudine ed anche prega per tutti coloro che abbracciano l’attività di impresa investendo risorse e spendendo la propria intelligenza, il proprio coraggio e la fantasia. L’avventura delle imprese, anche quella delle industrie multinazionali con sede a Torino, è anche l’avventura di un territorio, che offre alle aziende la risorsa più importante: i lavoratori. Oggi va detto con forza che i lavoratori non sono separabili dagli interessi delle aziende: sono gli uomini e le donne che, con il loro impegno, con la loro vita, con la vita delle loro famiglie, rendono possibile la ricchezza e l’esistenza stessa delle aziende. Desidero esprimere grande riconoscenza agli imprenditori che combattono per mantenere vive le proprie aziende. Faccio anche osservare che il complesso dei lavoratori di un territorio rappresenta il mercato cui le aziende rivolgono i loro prodotti e servizi: se questo mercato mantiene la sua capacità di spesa e consumo saranno le aziende stesse a beneficiarne”, conclude Repole.

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