FINANZA & POTERI

Crt, Palenzona vuole il commissario. Cirio e Lo Russo sfogliano la rosa

Big Fabrizio in modalità "muoia Sansone" punta alla decapitazione della fondazione. Una lotta di potere ammantata di buone intenzioni dove nessuno è una mammoletta. Quel "patto" oscuro o chiaro a seconda delle convenienze. La giurista Poggi in pole

In Fondazione Crt si prepara il dossier da inviare al Mef ottemperando così alla richiesta giunta lo scorso 24 aprile dal direttore generale di Palazzo Sella, Marcello Sala, che in una lettera inviata al Consiglio di indirizzo, al Consiglio di amministrazione e al Collegio sindacale ha chiesto i verbali delle tre ultime riunioni (Cdi del 19 aprile e dei Cda del 19 e del 22 aprile) “nonché ogni deliberazione assunta nel mentre anche non approvata”. Il tempo stringe, giacché per il “carattere di urgenza” della disposizione, la documentazione è attesa entro “10 giorni dalla ricezione” della notifica e “il Collegio Sindacale, posto a vigilanza della legge e dello Statuto, informerà tempestivamente il ministero in ordine a eventuali impedimenti al rispetto del suddetto termine, provvedendo a fornire motivazione degli stessi”. Probabile che, calendario alla mano e viste le scadenze in programma, serva una proroga, un breve rinvio che, fanno sapere fonti romane, verrebbe concesso a fronte di precisi impegni formali degli organi.

Ed è proprio in tale direzione che, in attesa dell’insediamento del nuovo Consiglio di indirizzo, nominato venerdì 12 aprile e previsto per il 7 maggio, domani si svolgerà una riunione dei componenti del consiglio precedente per esprimere una valutazione sui fatti oggetto della richiesta del Mef. Nella stessa giornata, alle 17, la questione sarà trattata anche dal cda, sotto la guida del “reggente” Maurizio Irrera. Riunioni che non dovrebbero riservare sorprese poiché a dispetto del clamore suscitato dall’azione dell’ex presidente Fabrizio Palenzona – la segnalazione al Tesoro e il contestuale esposto alla Procura di Roma – nella torinese via XX Settembre tendono a ridimensionare la vicenda. Soprattutto, si contesta la “narrazione” di una fondazione allo sbando, ostaggio di faide intestine, segnata da comportamenti illegittimi se non addirittura operante nell’illegalità come, senza mezzi termini, ha lasciato intendere Palenzona nelle motivazioni delle sue dimissioni. Una posizione che sembra accomunare i diversi fronti che fin dai tempi della “scalata” di Big Fabrizio e la detronizzazione di Giovanni Quaglia, hanno dato vita a una vivace dialettica interna. Significativo che neppure tra i “palenzoniani” superstiti si levi una voce a sua difesa.

Una cosa è certa, a partire dalla scansione temporale si fatica a dare una lettura logica alla concatenazione di fatti che hanno portato la Crt sotto la (cattiva) luce di istituzioni e opinione pubblica. Persino sul “patto occulto”, la cui “scoperta” ha innescato il pandemonio, si registrano incongruenze e contraddizioni. Dopo averne denunciato l’esistenza, adombrandone finalità sovversive (una fondazione parallela per condizionare le scelte dell’ente, incarichi ed erogazioni in primis), Palenzona aveva ritenuto chiuso il “caso” con le dimissioni di Corrado Bonadeo, promotore dell’iniziativa. È lo stesso ex presidente a scriverlo nella lettera del 14 aprile: dando “riscontro” alla decisione del suo ex fedelissimo non solo gli riconosce la buona fede (“le istanze contenute del patto non avevano e non vanno interpretate nel senso di possedere un contenuto di vincolo, ma intendono solo stimolare tutti i destinatari a realizzare al meglio il proprio lavoro e di sostenere l’azione della Fondazione”), ma annuncia la conclusione del procedimento avviato con il Mef: “Ritengo (…) non sia più di alcuna utilità celebrare il Consiglio di amministrazione (…) e parimenti rappresenterò l’inutilità di ogni approfondimento al Consiglio di indirizzo. Infine, essendo interlocutore formale dell’Autorità di vigilanza il Collegio sindacale, raccomanderò parimenti che lo stesso prenda immeditatamente contatto con l’Autorità per confermare che non vi sono ulteriori criticità da approfondire”. Una decisione, quella del non doversi procedere, confermata alla successiva seduta del cda e da questo deliberato.

Insomma, il “patto oscuro” era stato chiarito. Poi a distanza di qualche giorno, di fronte all’intenzione della maggioranza del cda di sollevare dall’incarico il segretario generale Andrea Varese, colpevole di avere informato il Mef senza neppure consultare il board, Palenzona torna sui suoi passi, capisce che la sfiducia al manager è una inequivocabile sconfessione del suo operato di presidente, manda tutti a quel paese, si scollega e qualche ora più tardi si dimette. A cambiare sponda e contribuire a metterlo in minoranza è Antonello Monti, consigliere indicato dai vescovi del Piemonte, che giustifica il suo voltafaccia a seguito di una lettera “terribile” proveniente da ambienti ecclesiastici di forte critica sull’operato del presidente. Avvisa del sua mutata posizione con una mail Roberto Mercuri, braccio destro di Palenzona. A quel punto il pressing sul ministero si fa stringente, così come le voci di un commissariamento della fondazione prendono a circolare con insistenza. In fondo, per Palenzona l’azzeramento dei vertici “ribelli” rappresenterebbe una onorevolissima via d’uscita, confermando all’esterno l’immagine di un ente ingovernabile, la cui gestione è piegata “a logiche spartitorie” come asserisce il 23 aprile nella lettera di dimissioni in cui resuscita il patto, quello su cui non aveva ravvisato elementi rilevanti sul piano civile e penale e per il quale aveva chiesto non doversi procedere: “Non mi sarei mai aspettato che addirittura si venissero a prefigurare patti occulti tali da creare una fondazione nella Fondazione (…). Né mai mi sarei aspettato di essere attaccato per avere portato tali circostanze alla conoscenza del Ministero dell’Economia”. Un cavaliere senza macchia e senza paura che ha la “legalità come stella polare”? Magari non l’Agilulfo calviniano, non foss’altro per la stazza dell’armatura.

La verità è assai più prosaica. Nell’ultimo anno Crt è stata teatro di una lotta di potere senza esclusione di colpi, come del resto combattuta è stata la sua conquista della presidenza, invisa a gran parte delle istituzioni del territorio e degli stakeholder che paventavano un uso “personalistico” e autocratico dell’ente per fini estranei alle sue finalità. Per di più governato da remoto. E va detto che alcune decisioni – l’investimento nelle vigne Enosis nell’Alessandrino, nella Banca del Fucino o nella Banca di Asti, la dismissione delle quote di Banco Bpm per concentrarsi su Generali – confermano proprio il tratto più da raider finanziario che di amministratore di un ente filantropico. Il Camionista di Tortona non lo conosciamo oggi, può piacere o meno, ma la sua natura è quella di uomo di potere, sufficientemente spregiudicato da aver costruito la sua scalata in Crt autonominandosi. Certo, la spartingaia con la quale nottetempo i quattro dell’Ave Maria (Davide Canavesio, Caterina Bima, Antonello Monti e Anna Maria Di Mascio) si sono spartiti il bottino di cariche nelle partecipate è quanto di più lontano serviva per ridare credibilità alla fondazione e allontanare i sospetti di accordi dettati solo dalle brame personali. Una condotta esteticamente brutta, eticamente riprovevole ma legittima, almeno fino a prova contraria. Che poi è quella che manca nella mossa di Palenzona che sembra voler sottintendere una saldatura tra il “patto occulto” di Bonadeo e company con i congiurati del Cda. Tanto per non fare nomi, Monti è stato indotto a pugnalare Varese e Palenzona da indebite ingerenze e queste hanno avuto una regia occulta legata ai presunti pattisti? Spy o fantaCrt.

Arriverà il commissariamento? Difficile, riferiscono fonti accreditate, a meno che non emergano situazioni provate di violazione statutarie e di legge. Obiettivo di Palenzona sembra quello di dimostrare non solo di aver agito correttamente nel segnalare al Mef il “patto” ma soprattutto quello di delineare precise violazioni penali che sarebbero state commesse, Con il supporto di pareri legali – di Andrea Zoppini, potente avvocato romano e docente di Diritto a Roma tre, dalle solide relazioni (tra tutte con Giulio Napolitano), che in quest’anno ha assistito Palenzona, spesso partecipando alle sedute del Cda, e del penalista torinese Maurizio Riverditi, associato a UniTo – l’ex presidente getta un’ombra di gravi sospetti su via XX Settembre. E nonostante altri altrettanto autorevoli giuristi ritengano non sussistano – almeno in quello finora conosciuto – i presupposti per un’azione penale (né nell’ipotesi di reato di illecita influenza sull’assemblea, né per ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza) spera che tanto basti a indurre il dicastero retto da Giancarlo Giorgetti a spedire un commissario.

Un azzardo, secondo alcuni. E non solo perché, come riferiscono i maligni, la patata bollente torinese è sul tavolo di Marcello Sala, considerato allievo di Giuseppe Guzzetti che, com’è noto, non è propriamente un amico di Palenzona. La Lega, rimasta a bocca asciutta nell’infornata di nomine, potrebbe cogliere al balzo l’occasione per mandare tutto quanto all’aria e così ritagliarsi un ruolo da capotavola? Potrebbe, sempre se si considera Giorgetti il leghista disposto a giocare una simile partita. Piuttosto sono i precedenti a suggerire cautela, anzi l’unico precedente di fondazione commissariata: nel 2018 dopo mesi di conflitti interni e veleni il Tesoro azzerò il consiglio d’amministrazione della Fondazione Banco di Napoli, lasciando in carica il direttore generale e il consiglio generale. Simile il contesto di litigiosità ma nell’ente partenopeo dirimente nella decisione di ricorrere al commissariamento fu la necessità di preservare il patrimonio. In Crt non si è arrivati a tanto.

Da parte loro le istituzioni guardano a Roma con meno apprensione dei giorni scorsi, convinti che avviando un iter di successione il più possibile trasparente e “partecipato” metta al riparo la Fondazione. In base allo Statuto il nuovo presidente deve essere scelto entro un mese dalle dimissioni di Palenzona, avvenute il 20 aprile. Quindi entro il 20 maggio. Per questo il sindaco Stefano Lo Russo che, raccontano, alla fiaccolata del 24 aprile festeggiasse la “liberazione da Palenzona” e il governatore Alberto Cirio, sono al lavoro per individuare il nome e c’è già una lista ristretta con in cima due nomi: l’ex ministro Domenico Siniscalco e, in pole, la giurista Anna Maria Poggi. Lo scouting però è in corso e potrebbe riservare qualche sorpresa. Come quella sul nome della persona, verosimilmente donna, da cooptare nel Consiglio di indirizzo.

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