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"Assurdo impedirmi di partecipare". Niet del Salone del Libro a Sgarbi

Prima polemica al Lingotto. Una norma "non scritta" vieta ai candidati alle elezioni di prendere parte agli eventi della rassegna. Una sorta di par condicio al ribasso. Il critico protesta: "Falsi doveri cancellano pari diritti". E Salvini dovrà limitarsi al firma copie

Si apre il sipario sul Salone del Libro di Torino ed è subito polemica. A dar fuoco alle polveri è Vittorio Sgarbi che annuncia l’annullamento della sua presenza in programma al Lingotto perché candidato nella lista di Fratelli d’Italia nella circoscrizione Italia Meridionale alle elezioni europee di sabato 8 e domenica 9 giugno. “È con grande amarezza che apprendo della cancellazione della presentazione del mio libro su Michelangelo Stupore e paura, (edito da La nave di Teseo), prevista per domenica 12 – scrive in una nota il critico d’arte ed ex sottosegretario alla Cultura –. Mi rassicura la casa editrice che non si tratta di una censura personale (per la quale gridare contro il regime come Scurati) ma di una norma non scritta che prevede che chi è candidato alle elezioni (immagino di qualsiasi tipo) in regime di par condicio non possa presentare un libro”. Una regola imposta dagli organizzatori della kermesse, evidentemente mutuata dalla par condicio televisiva e che interesserà anche Matteo Salvini, cui a quanto pare sarebbe stato concesso solo il “firma copie” allo stand della Piemme, editrice del volume Controvento scritto dal leader leghista.

“Sembra strano, e lo è – prosegue Sgarbi –. Ma ben oltre l’assurdità, essendo il salone del libro a Torino e io candidato alle europee nel meridione d’Italia. Si dirà che il salone del libro è una manifestazione nazionale e quindi può determinare influenze e vantaggi politici anche per chi presenta un libro di storia dell’arte. Non ho mancato l’appuntamento torinese (con relative presentazioni) per 36 anni, e sono certo che in tanti anni avrò incrociato occasioni elettorali. La misura coercitiva con la sua interpretazione restrittiva estesa anche a occasioni non televisive, per cui è stata creata la par condicio – denuncia il critico – è un segnale inquietante per la riconosciuta contrapposizione tra politica e cultura, di cui sono stato vittima in tempi recenti. È un momento triste per l’Italia perché – conclude Sgarbi – sancisce dannose incompatibilità e, attraverso proibizioni e limitazioni, invece di garantire pari diritti, impone falsi doveri”.

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