Inceneritore: chi guadagna e chi ci perde

Dal bilancio di Trm, società proprietaria dell'impianto del Gerbido, emerge chiaramente che gli unici a trarre vantaggi sono (e saranno) solo gli azionisti, mentre a rimetterci sono sempre e solo i cittadini, sotto tutti i punti di vista (economico, salutare, ambientale)

Abbiamo analizzato il bilancio 2014 di Trm (società proprietaria dell’inceneritore del Gerbido) al fine di comprendere l’andamento economico e finanziario dello “sciagurato” business di “bruciare i rifiuti”. Di seguito, alcune principali “evidenze”: 1) L’inceneritore inizia a “macinare utili”. 2) L’utile netto del 2014, infatti, è superiore a 10,5 milioni di euro. 3) Che si tratti di un ottimo risultato per gli azionisti è dimostrato dal Roe, ossia dalla redditività del capitale investito dai soci che, nel 2014, si attesta al 13%. In un contesto economico di perdurante crisi, sono pochissime le aziende che riescono a raggiungere delle “performance” cosi brillanti. Tale risultato è ancora più sorprendente se si considera che questa cospicua redditività deriva da un business, quale quello di bruciare i rifiuti, il cui rischio di mercato è praticamente assente. Infatti, a pagina 26 del bilancio si legge che: “Per quanto la produzione dei rifiuti non sia un elemento controllabile – e del pari il prezzo dell’energia elettrica ceduta ovvero dei certificati verdi che maturano sulla stessa – si evidenzia che il Contratto di Servizio prevede meccanismi di riequilibrio della tariffa nel caso di mancanza delle condizioni di equilibrio economico finanziario dell’iniziativa e quindi è possibile per la Società affrontare gli eventuali rischi di mercato non prevedibili senza particolari difficoltà”.
 
4) I guadagni aumenteranno sensibilmente non appena lo “Sblocca Italia” (di Renzi) consentirà di bruciare ancora più rifiuti, provenienti anche da fuori Provincia e Regione, passando dagli attuali 421 mila tonnellate a circa 490/500 mila tonnellate (quasi il 20% in più). Infatti a pag. 27 si legge che: “L’evoluzione prevedibile della gestione dell’impianto di termovalorizzazione connessa alla modifica autorizzativa ex legge 164/2014 (cd. “Sblocca Italia”) secondo le attese auspicate e previste dalla società, dovrebbe incrementare strutturalmente e significativamente la possibilità di ingresso, rispetto all’autorizzazione attuale basata su un valore fisso di tonnellate in ingresso, di ulteriori volumi di rifiuti che dovrebbero consentire lo sviluppo dei ricavi e della redditività”.
 
5) In sostanza, lo “Sblocca Italia” (di Renzi) permetterà con un semplice “tratto di penna” che, accanto al mega inceneritore del Gerbido (il quarto in Italia per dimensioni), si aggiunga un altro “piccolo inceneritorino” (da 70/80 mila tonnellate). 6) La scomposizione dei ricavi operativi nel 2014 in termini % è la seguente: Conferimenti 62% (43 milioni di euro) – Certificati verdi 21% (15 milioni di euro) – Energia elettrica 17% (12 milioni di euro). L’incidenza dei ricavi da certificati verdi dimostra chiaramente come questi impianti di incenerimento, che richiedono ingenti investimenti, senza gli aiuti di Stato erogati sotto forma di certificati verdi, non si reggerebbero dal punto di vista economico-finanziario e non starebbero sul mercato.
 
7) Al 31/12/2014, l’azionariato della società di Trm era così composto: Soci privati (81,52%), Soci pubblici (18,48%, di cui Città di Torino il 16,80%). Come è noto, a fine 2012, la Città di Torino, venendo meno alle promesse che aveva sempre fatto, per evitare il default finanziario, decise di vendere l’80% della società Trm, “privatizzando” la gestione dell’inceneritore. La Città di Torino vendette al prezzo di 126 milioni di euro la quota dell’80% di Trm per la quale, secondo i nostri calcoli, aveva fino ad allora sborsato, in termini di aumenti di capitale sociale, poco più di 63 milioni di euro. Vale a dire, la Città di Torino realizzò con la vendita di Trm una cospicua plusvalenza di circa 63 milioni di euro. Naturalmente, ai noi "comuni mortali" è stato impossibile, nonostante le reiterate richieste fatte ai dirigenti comunali, conoscere l’esatto importo della plusvalenza. Di fatto, l'investimento in Trm è stato l’unico vero investimento redditizio che la Città di Torino abbia mai fatto attraverso le sue società partecipate. A dimostrazione di quanto i guadagni che si ottengono dai rifiuti facciano gola a tutti.
 
In sostanza, la Città di Torino, pur di non fallire, preferì “incassare subito”, mediante la privatizzazione dell’inceneritore, i futuri guadagni, al fine di ripagare altri tipi di debito (come quelli accesi durante le Olimpiadi), piuttosto che non vendere le quote di Trm e reinvestire gli “utili” che sarebbero derivati dalla partecipata Trm (ad es. potenziando la raccolta differenziata). Peraltro, solo un anno prima, l’attuale Presidente di Trm (in allora amministratore delegato), in una intervista del 26 maggio 2011 al Corriere del Mezzogiorno, aveva dichiarato che: «L’incenerimento produce utili ed è giusto che siano reinvestiti per potenziare la raccolta differenziata, per razionalizzare la gestione del ciclo dei rifiuti o magari per costruire un asilo nido o una piscina. La gestione pubblica dell’impianto garantisce poi che la collettività ne ricavi vantaggi e benefici. C’è anche una questione di trasparenza». Sappiamo tutti come è andata a finire e quanto le bugie abbiano davvero le gambe corte. Da allora, ossia da 4 anni, la percentuale di raccolta differenziata a Torino è rimasta pressoché invariata, se non diminuita (42/43%). Chissà perché!
 
Conclusione di questa breve disamina “numerica”: a guadagnarci dall’inceneritore sono (e saranno) solo gli azionisti inceneritoristi a rimetterci, sotto tutti i punti di vista (economico, salutare, ambientale, ecc.), sempre e solo i cittadini.

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