Dissesto, dalle parole ai fatti

Per contrastare e prevenire il rischio idrogeologico occorrono interventi concreti e urgenti. Purtroppo da tempo registriamo la latitanza delle varie istituzioni. La (triste) favola di Trino. Risposta all'articolo dell'on. Bargero

Gentile on. Bargero,
ho letto attentamente il Suo articolo del 18 maggio u.s. pubblicato dallo Spiffero, che trae spunto dal recente rapporto di Legambiente la quale denuncia uno stato di fatto e del rischio che definirlo preoccupantissimo è puro ottimismo. Ma ahimè questo è il risultato di decenni di abbandono del territorio, innanzitutto da parte delle istituzioni perché l’uso e/o la cosiddetta cementificazione è frutto delle regolamentazioni e delle concessioni rilasciate sempre dalle istituzioni stesse. E quindi dal mio punto di vista, la maggiore responsabilità del dissesto crescente è proprio istituzionale. Praticamente un cane che si morde la coda.

C’è poi uno scenario che non giova certamente né al mantenimento ambientale e naturalistico né alla messa in sicurezza del territorio stesso; purtroppo tempi biblici (anni) necessari per l’approvazione dei progetti, risorse finanziarie che non ci sono quasi mai, estrema proliferazione e farraginosità delle competenze spesso contrastanti tra loro, poi l’iter burocratico per molti aspetti del tutto simile ad un vero accanimento, Enti Locali molte volte poco propensi ad assumersi le dovute responsabilità e/o il ruolo di “spinta” e di coordinamento delle opere di messa in sicurezza, ecc.

Anche la struttura di “Italia Sicura” del tutto lodevole ma che dovrebbe avere anche autonomia finanziaria, sui progetti di messa in sicurezza del territorio non può che demandare alle Regioni, che sono di fatto gli organismi competenti tanto che gli stessi Presidenti sono stati nominati anche Commissari contro il dissesto idrogeologico. Ma purtroppo sono dei Commissari molte volte latitanti, almeno per il Piemonte è così, credo però che anche nelle altre Regioni lo scenario non cambi di molto visto che le catastrofi ormai si ripetono sull’intero territorio nazionale: dalle Alpi alla Sicilia.

E tutto questo sfacelo non ha confini politici perché sono irresponsabilità tramandate dai Governi che ai vari livelli, si sono avvicendati negli anni, siano essi di centrodestra che di centrosinistra, i quali ci hanno lasciato in eredità un territorio abbandonato a se stesso, che non ha più difese, che subisce sempre più le conseguenze dello stato di crescente esposizione al rischio idrogeologico. Il risultato? Miliardi di danni e tante vittime. Quindi se siamo al vertice in assoluto della classifica europea sui dissestati, questo è solamente merito delle Istituzioni per aver abbandonato a se stesso il territorio, e prime fra tutte le Regioni seguite però a brevissima distanza da Province e Comuni. E ricordiamoci che i Sindaci sono i primi “guardiani” dei loro territori, ma vanno accompagnati seriamente per risolvere problemi che continuano ad aggravarsi. E solamente dopo le avvenute catastrofi, da decenni sempre le stesse Istituzioni ripetono che faremo, interverremo, non deve più succedere, ecc. Ma poi continua il nulla di fatto o quasi.

Una rapida considerazione è quella dell’impegno dei Fondi Europei destinati alla sicurezza del territorio, siamo praticamente terzultimi nella graduatoria. E per essere concreto Onorevole, Le cito un caso emblematico di questa sorta di cane che si morde la coda. Un caso per il quale sono anche a chiedere il Suo intervento visto che non so più a che Santo raccomandarmi. Abito a Trino, cittadina piemontese della Provincia di Vercelli, tristemente famosa per le sue disastrose alluvioni e il suo crescente stato di insicurezza che ancora ad oggi, la espone al rischio esondazione.

Dopo due disastrose alluvioni del 1994 e del 2000, l’abitato di Trino e non solo, “soffre” ancora delle conseguenze e del pericolo derivante sia delle piene del fiume Po e maggiormente di quelle del cosiddetto reticolo idrografico minore; in pratica le rogge e i canali. Un reticolo molto sviluppato e tipico della pianura risicola, ma che non deve avere solamente funzioni irrigatorie ma anche di sicurezza, con la possibilità di scolmare le piene eccedenti durante i periodi delle intense precipitazioni meteoriche anch’essi sempre più crescenti. E le cosiddette bombe d’acqua sono di fatto un fenomeno sempre più ricorrente, incontrollabile e violento. Ovviamente la sicurezza in assoluto è irrealizzabile ma quella sostenibile sì, con opere appropriate che garantiscono un buon livello di difesa.

Le opere di messa in sicurezza del territorio di Trino sono state approvate da circa un decennio a tutti i livelli istituzionali, e sostanzialmente vede la costruzione di tre infrastrutture idrauliche: due nuovi scolmatori, uno in territorio di Fontanetto Po (6000 metri di tracciato) e uno a Trino (4300 metri di tracciato). Due canali che hanno funzioni complementari tra loro nel senso che nei momenti di criticità, intercettano le piene eccedenti del sistema idrografico minore e per gravità le convogliano direttamente nel fiume Po sulla base di un modello idraulico che trae spunto dalla piena storica del fiume registrata con l’alluvione del 2000 (8.500/mc./sec.).

Opere delle quali ad oggi sono state prodotte solamente montagne di carta, progetti e varianti sottoposti a continui aggiornamenti a seconda degli umori nonché a volte per le assurde posizioni di principio degli Enti Locali (Comuni in particolare), riunioni e sopraluoghi a non finire, sondaggi, complicazioni burocrati che all’ordine del giorno, ecc. Per sintetizzare, lo scolmatore di Fontanetto Po era stato finanziato dalla Regione Piemonte (Fondi Europei) fin dal 2009, risorse poi dirottate altrove; al momento il Comune di Fontanetto Po, soggetto attuatore dell’opera, dopo sei anni è ancora nella fase di assegnazione della progettazione preliminare e definitiva per poi sottoporlo alla procedura di Valutazione dell’Impatto Ambientale e di Incidenza.

Quindi tempi più che biblici nel frattempo il finanziamento con i Fondi Europei di undici milioni di euro è pressoché svanito e si è ridotto a circa 300.000 euro, forse neppure sufficienti per questa fase progettuale. Ovviamente il costo dell’opera è lievitato a circa quindici milioni di euro per costruire sempre lo stesso canale nello stesso luogo. Ma prima che siano state espletate tutte le procedure, è facile dedurre che il costo si incrementerà ancora notevolmente. Lo scolmatore di Trino finanziato a fine 2005 dalla stessa Regione Piemonte con cinque milioni di euro, allora sufficienti per realizzare l’intera opera. Oggi invece ne servono tredici di milioni per costruire sempre la stessa infrastruttura. E poiché non ci sono altre risorse finanziarie, con quei “vecchi” cinque milioni, complicatissimo a rintracciarli e a impegnarli, si è deciso da quattro anni di costruirne solamente un primo lotto, metà dell’opera circa, con benefici per la sicurezza di Trino del tutto irrilevanti. Il secondo lotto e quindi il completamento dell’opera garantirebbe effettivamente maggiore sicurezza per il centro abitato; ma tutto ciò è ancora solamente nelle intenzioni e non si sa neppure di chi.

Inoltre, la stessa Regione Piemonte ben consapevole del livello di esposizione al rischio esondazione, si è straordinariamente assunta l’onere di soggetto attuatore dell’opera. Ad oggi sono ancora in fase di valutazione economica e tecnica le offerte pervenute per la costruzione di questo primo lotto ininfluente per la sicurezza del centro abitato. Ma impropriamente alcuni Enti Locali e il Parco Fluviale del Po vercellese-alessandrino, hanno già sollevato quelle che loro definiscono delle criticità del progetto esecutivo, e quindi altri rallentamenti e/o assurde e insostenibili prese di posizione e i cui ricorsi da anni sono stati rigettati sia dal Tribunale Amministrativo Regionale sia dal Tribunale Superiore delle Acque. Eppure fin dal giugno 2008 la stessa Giunta Regionale del Piemonte aveva approvato il Progetto dopo la conclusione della procedura di Valutazione dell’Impatto Ambientale e di Incidenza.

Di questi fatti ho scritto decine di comunicazioni a TUTTE le Istituzioni e al Presidente della Regione Piemonte, Commissario per il dissesto idrogeologico. Risposte? NESSUNA, neppure la conferma di avvenuta ricezione.

La terza opera di messa in sicurezza del Territorio, consiste nell’allungamento del ponte stradale sul fiume Po di Trino; un vero collo di bottiglia. Alle attuali nove arcate se ne dovrebbero aggiungere altre sette; cinque in sponda sinistra e due in destra. Progetto e relazioni tecniche approvati urbi et orbi nell’ambito dei piani stralcio del Piano per l’Assetto Idrogeologico. L’allungamento del ponte garantirebbe un maggiore franco arginale dagli attuali dieci cm a circa 70, ma favorirebbe anche il deflusso di tre corpi irrigui tra i quali il maggiore che è il Roggione di Palazzolo foriero di esondazioni garantite. Soggetto attuatore dell’opera è la Provincia di Vercelli che dopo circa un lustro è ancora alle prese con l’assegnazione della progettazione definitiva e l’avvio delle procedure di Valutazione dell’Impatto Ambientale e di Incidenza. Per non parlare della miriade di riunioni, di sopraluoghi, di varianti, ecc. sulle quali non c’era mai accordo con gli Enti Regionali interessati. Per non parlare dei finanziamento oggi ridotti a poco più di ottocentomila euro appena sufficienti per coprire queste prime spese tecniche e poi per la costruzione vera e propria si vedrà. Nel frattempo, anche per quest’opera i costi continueranno a lievitare significativamente.

E la Regione? E il Commissario per il Dissesto Idrogeologico? SILENZIO anche su questo caso. Mai nessuna risposta alle decine di comunicazioni che ho inviato. E il sindaco di Trino, visto che si tratta della messa in sicurezza del suo Comune? Dice che la realizzazione di tali opere di messa in sicurezza, non competono a lui. E questa è la risposta più ponziopilatesca che un sindaco poteva dare. E così Onorevole sono anni che si stanno spendendo soldi pubblici che hanno abbondantemente superato i due milioni di euro per produrre dopo dieci anni che cosa? Il NULLA, ma con l’unica certezza che quelle stesse opere hanno abbondantemente raddoppiato i loro costi.

Credo che ci sarebbe spazio per la Corte dei Conti e la Procura della Repubblica alle quali mi sono rivolto, di indagare su quella che è ormai una favola purtroppo molto costosa che ha prodotto il nulla. Nel frattempo a Trino speriamo nella intercessione dei Santi Protettori contro le Alluvioni. Grazie Onorevole per quanto potrà fare affinché questa favola ormai da Gabibbo e da Striscia la Notizia possa finalmente sbloccarsi. Chiedo scusa per la mia lungaggine a Lei e alla Redazione de Lo Spiffero, purtroppo la dote della sintesi non mi appartiene. Provi Lei Onorevole a cercare l’irrintracciabile Commissario per il dissesto idrogeologico del Piemonte al quale ho inviato per conoscenza questo scritto. Cordialmente,

*Giovanni Ravasenga, consigliere comunale di Trino

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