Il passo falso di Cirio

Comincia con un passo falso la lunga marcia di Alberto Cirio verso la presidenza della Regione Piemonte. La scelta di non sfilare, sabato prossimo, con il “popolo Sì Tav” è sbagliata. Non solo perché, pur rivendicando una posizione favorevole all’opera, produce una frattura del fronte che si batte per la realizzazione della Torino-Lione, indebolendo di fatto l’insieme del “Sistema Piemonte” che si è mosso finora in modo trasversale e bipartisan. La decisione dell’aspirante governatore di centrodestra finisce per favorire ciò che egli con l’annunciata diserzione dichiara di voler contrastare e contestare: l’uso strumentale della piazza da parte di Sergio Chiamparino. Voler scongiurare la temuta manipolazione elettoralistica da parte del presidente uscente (e suo principale avversario da battere il prossimo 26 maggio) lasciandogli campo completamente libero pare davvero un controsenso. Ma Cirio dovrebbe interrogarsi, soprattutto, su quanto la sua assenza possa segnare la distanza (e la diffidenza) da quel mondo dell’associazionismo datoriale, professionale e sindacale che poco conosce e ancor meno frequenta: l’essere espressione di una nobile realtà provinciale, ostentare con legittimo orgoglio le radici langhette, non può distoglierlo dalla necessaria interlocuzione con le rappresentanze sociali e produttive, per quanto in disarmo e autoreferenziali possano essere. In ultimo, tale decisione lancia ombre non propriamente incoraggianti sul grado di autonomia dai partiti (in particolare da uno, ovviamente) di chi potrebbe trovarsi a guidare il Piemonte nei prossimi anni. Ci (ri)pensi, caro Cirio.

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