SACRO & PROFANO

Fedeli alla linea "boariniana", cattodem spiazzati (e silenti)

La diocesi di Torino è ormai egemonizzata da un gruppo saldo e monolitico, con tanto di gerarchia interna, che mal sopporta il dissenso. Repubblica "papista" sorvola su quei pronunciamenti di Francesco che contraddicono la vulgata progressista

Durante l’episcopato dei precedenti quattro arcivescovi di Torino (Ballestrero, Saldarini, Poletto e Nosiglia) tutti sanno che i “boariniani” hanno sempre costituito un gruppo saldo e monolitico – vera diocesi nella diocesi – con la loro teologia, la loro ecclesiologia, le loro gerarchie interne, i loro luoghi di incontro nei tempi e nei modi stabiliti, un loro linguaggio da iniziati, i loro punti di riferimento ecc. A chi faceva notare tale esclusiva referenzialità, rispondevano – anche ai vescovi – che nella Chiesa esistono da sempre diverse sensibilità e varietates legitimae. Oggi che hanno preso tutto il potere e se lo sono redistribuito fra di loro – cominciando dal seminario – ricreando una gerarchia perfetta essi vedono con sospetto ogni possibile e innocua aggregazione di preti, temendo critiche o che si formino centri di pensiero alternativo. Quelle critiche che un tempo non lesinavano, con grande sfoggio di vittimismo, verso i superiori dell’epoca i quali, con antica saggezza sapevano dare spazio a tutte le componenti della diocesi. Adesso l’aria è cambiata, bisogna essere tutti “fedeli alla linea”, qualcuno dice addirittura che si è instaurata una specie di dittatura.

***

Chi avrebbe mai potuto immaginare, solo qualche anno fa che Repubblica, sarebbe diventato il giornale più papalino d’Italia. Ormai, un giorno sì e un giorno no, due delle sue firme più prestigiose, l’ex priore di Bose Enzo Bianchi e l’ex enfant gâté della sinistra ex comunista e idolo dei radical-chic Michele Serra, fanno a gara nel tessere ampia (e persino imbarazzante) lode del pontefice regnante avendone non solo assunto la difesa d’ufficio ma proclamato unico e solo «papa cristiano».

Eppure la  recente Dichiarazione del Dicastero per la dottrina della fede, presieduta dal cardinale Tucho Fernández, pubblicata con il titolo Dignitas infinita e approvata ex audientia da Francesco, a parte qualche contraddizione, si situa sulla linea dei predecessori verso i quali ambedue i dioscuri del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari che – dicono i maligni – sia apparso in visione a Bergoglio, erano ostili, specialmente nei confronti di san Giovanni Paolo II che veniva sprezzantemente nomato come “il polacco”. Infatti, il cardine della Dichiarazione è la riaffermazione del valore della legge naturale poiché la dignità infinita dell’uomo ha il suo fondamento nella definizione classica della persona come «sostanza individuale di natura razionale». Viene quindi riaffermato il valore della legge naturale contro i fraintendimenti di chi deduce la dignità e i diritti da quella capacità di conoscenza e di libertà di cui non sarebbero dotati tutti gli esseri umani: «Non avrebbe dignità personale, allora, il bambino non ancora nato e neppure l’anziano non autosufficiente, come neanche chi è portatore di disabilità mentale». La Chiesa, al contrario, «insiste sul fatto che la dignità di ogni persona umana, proprio perché intrinseca, rimane al di là di ogni circostanza, ed il suo riconoscimento non può assolutamente dipendere dal giudizio sulla capacità di intendere e di agire liberamente delle persone». Così, di fronte ai «nuovi diritti», Dignitas infinita afferma che «la difesa della dignità umana è fondata, invece, su esigenze costitutive della natura umana, che non dipendono né dall’arbitrio individuale né dal riconoscimento sociale. I doveri che scaturiscono dalla dignità dell’altro e i corrispondenti diritti che ne derivano hanno dunque un contenuto concreto ed oggettivo, fondato sulla comune natura umana» (n.25).

Per quanto riguarda l’aborto, la «Chiesa non cessa di ricordare che la dignità di ogni essere umano ha un carattere intrinseco e vale dal momento del suo concepimento fino alla sua morte naturale…» (n.47). Citando San Giovanni Paolo II e la sua Evangelium Vitae, il Documento afferma che «nessuna parola vale a cambiare la realtà delle cose: l’aborto procurato è l’uccisione deliberata e diretta, comunque attuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, compresa tar il concepimento e la nascita» (ivi).

A fronte di questo solenne pronunciamento papale è di questi giorni la notizia che il Parlamento europeo, con un voto a larga maggioranza, ha chiesto di annoverare il diritto di aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La mozione ha visto schierarsi compatti sul fronte del no, i partiti italiani della maggioranza. Per Brando Benifei, capodelegazione del Pd, il voto del Parlamento europeo è stato invece «utile e necessario perché va nella direzione dell’avanzamento dei diritti fondamentali come quello dell’aborto che corrisponde al diritto inalienabile delle donne di poter decidere sul proprio corpo». Ancora più esplicita è stata la vicepresidente dell’Aula di Strasburgo, Pina Picierno, per cui il voto «segna un punto di non ritorno dei diritti delle donne». Chissà cosa ne pensano quei politici – detti “cattodem” – che militano nel Pd e che si apprestano a chiedere il voto dei credenti alle prossime elezioni regionali? Osserveranno un pudico silenzio o si profonderanno nei distinguo e nelle lezioni di teo-politica in cui sono i sempre meno credibili maestri? Ma soprattutto, che posizione prenderà il direttore del settimanale diocesano che ancora si domanda come mai i cattolici non riescano a far risorgere la Democrazia Cristiana e, secondo lui per colpa di un fantomatico «sistema», «a fare la sintesi» fra «cattolici sociali» e «cattolici morali». Non sarà forse che anche la Chiesa – oggi più divisa che mai – porti qualche responsabilità?

Categorica è poi, da parte di Dignitas infinita, la condanna della maternità surrogata, che «viola la dignità della donna» (n.50) e quella del bambino il quale «ha il diritto, in virtù della sua inalienabile dignità, di avere un’origine pienamente umana e non artificialmente indotta, e di ricevere il dono di una vita che manifesti, nello stesso tempo, la dignità di chi dona e di chi riceve (…) il legittimo desiderio di avere un figlio non può essere trasformato in un “diritto al figlio” che non rispetta la dignità del figlio come destinatario del dono gratuito della vita». Papa Francesco auspica poi un impegno della comunità internazionale «per proibire a livello universale» la pratica della maternità surrogata (48). A tal proposito va ricordato che in Italia tale progetto è il cavallo di battaglia di Giorgia Meloni e il suo disegno di legge per rendere l’utero in affitto «reato universale» è stato approvato dalla Camera dei deputati – con il voto contrario di vasti settori della sinistra – e si trova in discussione al Senato.

Vengono condannati infine senza appello anche l’eutanasia e il suicidio assistito e così pure la teoria del gender che viene definita «pericolosissima perché cancella le differenze nella pretesa di rendere tutti eguali» (n.56), così come il cambio di sesso. Parole che hanno mandato letteralmente fuori dai gangheri i gruppi Lgbt, anche quelli che si definiscono cristiani. Insomma, se su alcuni punti non secondari appaiono delle ambiguità (contraccezione, omosessualità), sui fondamentali il magistero di papa Francesco è fermo. Ma su questi aspetti di «radicalità evangelica», Enzo Bianchi e Michele Serra sorvolano mentre i catto-dem risultano troppo impegnati a trarre qualche vantaggio dalla bufera scoppiata in questi giorni nel Pd per occuparsi di simili bazzecole. I vescovi poi è come non esistessero, muti come pesci, aspettando di riunirsi, chissà quando, per discutere collegialmente e uscire con il solito documento che darà un colpo al cerchio e uno alla botte. Questo sì nel più puro stile democristiano, quando si discettava delle «convergenze parallele» ma almeno le chiese erano ancora piene di fedeli.

print_icon