PASSATO & PRESENTE

"A questo Pd serve un congresso", torna in campo la Ditta Pci-Pds

Lettera di alcuni esponenti storici del vecchio partito piemontese, tra i protagonisti della svolta dalla falce e martello alla quercia. "C'è un problema strutturale alla base, non sfruttare la rabbia per regolare conti interni". Un messaggio chiaro alla sinistra interna

“Sbaglia chi pensa che basti modificare le liste elettorali per risolvere il problema, rimuovendolo per l’ennesima volta. E sbaglia altrettanto chi immagina di poter sfruttare il malessere e l’emotività per regolare i conti, anche qui senza venire a capo dei problemi che riguardano la natura stessa del Pd”. Seniores o reduci di una stagione passata. Da lì arriva l’ennesima stoccata o più bonariamente, sollecitazione, al Pd, in una lettera che ha come primo firmatario Beppe Borgogno, un tempo responsabile dell’area stampa e propaganda del Pci, fassiniano di ferro, coordinatore della segreteria del Lungo durante i cinque anni al piano nobile del Comune di Torino, prima di defilarsi definitivamente dalla politica attiva.

Accanto alla sua firma, nella lettera indirizzata ai vertici del Pd piemontese e subalpino, ci sono quelle di Lorenzo Gianotti, uno dei capi storici del Pci di Torino, il segretario per antonomasia della Federazione provinciale, parlamentare dal 1983 al 1994 prima sotto le insegne della falce e martello e poi della Quercia; Tullia Todros, professoressa e figlia dell’ex deputato del Pci Alberto Todros, Gianguido Passoni e Maria Grazia Sestero, assessori nelle passate giunte di centrosinistra, glistorici Sergio Roda e Claudio Dellavalle, il giurista Mario Dogliani, tutti intellettuali organici del Pci, l’avvocato Vincenzo Enrichens, l’ex sindacalista e consigliere regionale Rocco Larizza. Molti di loro non hanno più rinnovato la tessera del Pd ma pur essendone fuori, o forse proprio per questo, non si lasciano sfuggire la possibilità di dispensare “buoni consigli” (non potendo più dare il cattivo esempio).

“Pensiamo che sia venuto però il momento di un congresso vero, che al più presto apra una occasione di discussione autentica ed aperta, sola possibilità per rianimare sul serio il Pd quale partito della sinistra italiana” affermano nella loro missiva. Un congresso che abbia un inizio e una fine “e non che rimane aperto in eterno, com’è ora” precisa Borgogno.

Una lettera che arriva proprio nel giorno in cui Elly Schlein, in una dei tanti richiami alle origini, annuncia che la nuova tessera del Pd, quella per il 2024, avrà il volto di Enrico Berlinguer per celebrare i 40 anni della sua scomparsa. Lo stesso Berlinguer che per primo aveva evocato la questione morale e rivendicato una presunta superiorità del suo partito, rispetto in primis ai socialisti e ai democristiani. La storia insegna come andò a finire. Fino ai giorni nostri, quando tocca al cinico Giuseppe Conte interpretare (male) la parte del puro che epura di nenniana memoria.  

“Le vicende che a Torino e in Puglia investono il Pd fanno emergere l’immagine di un partito in cui si è consentito a gruppi di interesse, a correnti personali pervasive di dilagare condizionando elezioni, nomine e scelte. Confronto ed elaborazione, anima di una organizzazione politica, sono sostituiti troppo spesso da pratiche di potere basate sulla capacità di controllo dei voti” è l’incipit dell’analisi dei firmatari, orfani forse del centralismo democratico prima ancora che del pluralismo che mai, diciamo la verità, si è praticato troppo dalle parti delle Botteghe Oscure e per rimanere a Torino, nella storica sezione di via Chiesa della Salute.

Parlano di un “problema strutturale”, alla radice. E non si negano un buffetto a chi, autoproclamatosi erede della tradizione che loro incarnano, tenta di “sfruttare il malessere e l’emotività per regolare i conti”. Un riferimento a Chiara Gribaudo e Anna Rossomando e alla loro pretesa di “liberare il Pd”? Molto probabile. Di qui la richiesta di “un gesto, una iniziativa che aprano una fase diversa ricomponendo le condizioni perché il partito, non occupato o usato, ritrovi le sue funzioni di organismo sociale al servizio delle trasformazioni della realtà, più che mai necessarie per la giustizia e i diritti”.

Qui la lettera e i firmatari

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