VERSO IL VOTO

M5s, faida sul “partito degli staffisti”

I grillini piemontesi si dividono sulla gestione delle candidature alle prossime Regionali. Vittorio Bertola critica l'incoronazione ricevuta da Bono per guidare la lista come candidato presidente e solleva il conflitto di interessi dei dipendenti aspiranti consiglieri

Elezioni alle porte, gli animi si surriscaldano e anche nel Movimento 5 stelle volano gli stracci. Protagonisti dell’ennesimo alterco via social i soliti Davide Bono e Vittorio Bertola, i due galli nel pollaio grillino piemontese, pronti a spennarsi quando c’è da misurarsi sul campo della competizione elettorale. Era già accaduto alle scorse Politiche e probabilmente il battibecco andato in scena in un gruppo chiuso e ristretto su Facebook non è che il preludio di uno scontro che si preannuncia infuocato.

 

Al centro della querelle l’incoronazione dell’attuale capogruppo a Palazzo Lascaris come candidato presidente della Regione Piemonte, dopo l’endorsement della base alle “Regionarie” on line. Contrariamente a quanto emerso in un primo tempo, la scelta di Bono non è avvenuta attraverso un secondo turo di primarie on line, bensì dal voto di un’assemblea formata proprio da quei 40 consiglieri usciti dalle consultazioni sul blog. Questioni formali, di lana caprina, ma che danno il polso di un nervosismo crescente. A Bertola e altri attivisti che chiedono spiegazioni in merito, Bono risponde in modo deciso (e in alcuni passaggi inelegante): «Abbiamo condiviso tutto il percorso in questi giorni, compreso il fatto che i 40 decidessero il candidato presidente, non abbiamo mai parlato di seconda votazione on line, anche perché sarebbe stata ridicola e Casaleggio, come sai, non l’avrebbe permessa per questioni tecniche e di tempo». La discussione è accesa e Bono finisce anche nel mirino degli esponenti cuneesi, da sempre l’area più critica verso la sua conduzione, quella legata a Fabrizio Biolè, il consigliere regionale espulso da Beppe Grillo con l’accusa di insubordinazione.

 

Dietro c’è una guerra neanche troppo latente per la leadership del Movimento in Piemonte, le candidature alle Europee e le prossime amministrative a Palazzo Civico. Da una parte la cosiddetta “corrente degli staffisti”, capeggiata da Bono e formata dai tanti dipendenti regionali che si sono avvicendati alle sue dipendenze e sistematicamente sono stati promossi con incarichi istituzionali. Lo scorso anno fu il turno di Laura Castelli, Ivan Della Valle e Marco Scibona tutti spediti a Roma con lo status di parlamentari, questa volta a correre assieme a Bono per un posto a Palazzo Lascaris ci saranno Giorgio Bertola (non Vittorio, e non sono parenti), Francesca Frediani, Marco Nunnari, Jessica Costanzo, Paolo Vinci, Dejanira Piras e il capolista di Biella Marcello Tescari, tutti collaboratori o ex collaboratori del gruppo grillino nel parlamentino sabaudo. Inutile dire che sono tra i favoriti, anche perché sfruttando il loro incarico (retribuito) sono stati a strettissimo contatto con la base e soprattutto hanno accesso a banche dati e mailing list. “Scommettiamo che torneranno in via Alfieri da eletti?” scherza un militante rigorosamente anonimo. «Non so se ti dà fastidio che quando si apre la questione del conflitto di interesse degli staffisti io ribadisca che secondo me esiste e questo a prescindere dalla stima che io posso avere per i singoli – scrive Bertola a Bono e poi rincara la dose – Ho subito ritorsioni di ogni genere per questo motivo, ho la netta sensazione (giusta o sbagliata che sia) che mi siano state chiuse diverse porte in faccia perché mi ero permesso di obiettare  alla carriera politica dei tuoi staffisti». Dell’area Bono fa parte anche l’altra consigliera di Palazzo Civico, Chiara Appendino, forte di uno stretto legame con la Castelli e le altre amazzoni del Movimento: lei punta dritto a una candidatura a sindaco di Torino nel 2016. In questo scenario Bertola rischia di rimanere isolato: può contare sull’amicizia di alcuni parlamentari, a partire dal senatore Alberto Airola, ma si rende conto che una Regione monopolizzata da Bono (che potrà disporre di ingenti fondi per il funzionamento del gruppo, con il quale ingaggiare nuovi staffisti) consentirebbe al capogruppo uscente di ottenere la golden share sul movimento, altro che uno vale uno. E così si prepara la resistenza interna.