Caccia, evitato (per ora) il referendum
17:33 Giovedì 03 Maggio 2012Approvato l’emendamento della giunta regionale che abroga la legge in vigore. Ma sul provvedimento vi sono seri dubbi di legittimità. Promotori e ambientalisti annunciano ricorso
Scongiurato, almeno per ora, il referendum sulla caccia in un primo tempo indetto per il 3 giugno prossimo. Con i soli voti della maggioranza di centrodestra è stato approvato l’emendamento 200 proposto a nome della giunta dall’assessore Claudio Sacchetto che abrogando la legge in vigore sull’attività venatoria in Piemonte (la numero 70 del 1996) fa decadere le istanze dei promotori della consultazione. Sulla reale efficacia del provvedimento molti giuristi esprimono forti perplessità. Infatti, con la soppressione della norma regionale entra in vigore quella nazionale, di gran lunga più permissiva (nelle specie cacciabili e nel calendario). Il Comitato promotore fa sapere che non ci sta e che sono già pronti i ricorsi al Tar: “Uno scippo della democrazia, un bavaglio alla volontà popolare”, denunciano all’unisono i referendarti, annunciando nuove azioni legali.
Il regolamento sui referendum regionali “prevede che se si cancella la legge sottoposta a consultazione e quest’ultima viene sostituita da un’altra senza modificazioni né dei principi ispiratori della precedente né dei contenuti”, il referendum si svolge sulla nuova legge. Da qui le motivazioni per intraprendere un nuovo fronte giudiziario.
Alla fine, sull’onda del “risparmio” dei 22 milioni di euro – quanto sarebbe costata nel complesso la consultazione –, passa la “gabola” che consente almeno temporaneamente di far decadere all’ultimo momento il referendum, atteso da 25 anni. Una vicenda che ha origini lontane nel tempo, ben nel 1987 quando 60mila cittadini espressero il loro parere contrario alla caccia chiedendo un referendum regionale per limitare le specie cacciabili e i tempi previsti dall’attività venatoria. Ma l’allora giunta di centrosinistra, non potendo cancellare il referendum decise di cancellare la legge, aprendo un contenzioso legale durato cinque lustri finché nel 2010 la sentenza della Corte di appello di Torino ha sancito la sussistenza del diritto del comitato promotore di portare avanti il referendum. Il 23 novembre 2011, dopo la mobilitazione delle associazioni Lac, Pro Natura e del comitato referendario anticaccia, una sentenza del Tar ha confermato la decisione della Corte.