GEOGRAFIA POLITICA

"Piemonti", una regione mutante

Il conflitto tra capoluogo e province, il proliferare di localismi, un sistema produttivo in affanno, il progressivo isolamento, la politica debole. Trasformazioni e sfide nell'analisi di Bargero, studiosa dell'Ires ed ex parlamentare

Un Piemonte ancora più distante, isolato, dalle altre regioni d’Europa. Una ancora più difficile uscita dalla crisi che rischia di veder vanificato molto del faticoso percorso imboccato dopo il 2009. I timori dei lavoratori che si incrociano e si sommano a quelli del mondo dell’impresa. E poi, non ultimo, “l’accentuarsi delle distanze tra gli stessi Piemonti”. Localismi, tentazioni secessioniste, conflitti tra capoluogo e province, confini labili e mobili: questa la mappa di una regione che pare subire, più che guidare, una mutazione così profonda da modificare radicalmente i propri connotati.

Torna il plurale con cui Cristina Bargero, ricercatrice dell’Ires e già parlamentare del Pd, ha definito nel suo recente saggio quelle molte e diverse facce di una regione che “più di altre rischia di pagare i costi della via tracciata e imboccata dal Governo, della pur legittima critica all’Unione Europea trasformata però in palese antieuropeismo, e non di meno della politica dei no alle infrastrutture e, dunque, allo sviluppo. “Chi ci governa a livello nazionale probabilmente anela a uno splendido isolamento del nostro paese e del Piemonte, incurante, come insegna la storia, che l’isolamento tanto splendido non è, considerato poi che non viviamo più in un epoca coloniale bensì in un tempo globalizzato in cui le reti e la connessione ad esse è fondamentale”.

Sono i Piemonti in cui le “forti preoccupazioni espresse da vari mondi, in primi quello delle imprese e del mondo del lavoro” all’analisi di chi osserva per mestiere i mutamentI socioeconomici risultano “più che giustificati e gravi se si tiene conto che l’attuale Governo è in carica da pochissimi mesi”. Ma tanto, purtroppo, è già bastato per far comprendere e temere quel che può riservare il futuro per il Piemonte.

“L’ostinato e mai nascosto no alla Tav da parte dei Cinquestelle con l’alleato leghista che sul tema non va oltre che enunciazioni di principio, rimandando tutto alla strumentale analisi costi-benefici, non possono che far temere il peggio per l’economia della nostra regione. Lo stesso imbarazzante e assurdo atteggiamento del ministro Luigi Di Maio sull’Ilva è un pericolosissimo giocare sulla pelle dei lavoratori che, solo in Piemonte, a Novi Ligure e Racconigi, tra maestranze dirette e indotto superano ampiamente il migliaio”, osserva Bargero.

Se l’ex deputata che nella scorsa legislatura è stata membro della commissione Attività Produttive, dovesse scrivere oggi, dopo poco meno di tre mesi di governo grilloleghista, il suo libro Il Piemonte oltre la crisi, non potrebbe evitare di aggiungere un capitolo in cui accentuare dubbi e paure su una prospettiva che già non si presentava del tutto positivamente definita, essendo quell’oltre anteposto alla crisi ancora da compiersi completamente.

Molte opinioni degli stakeholder raccolte nel libro di Bargero che raccontano di uno sviluppo possibile per il Piemonte, pur duramente segnato dalla crisi ma con un tessuto imprenditoriale e finanziario solido, oggi lanciano allarmi e palesano i loro timori. “L’iniziativa degli industriali torinesi a favore dalla Tav è solo una delle conferme del rischio concreto di una brusca frenata, anzi di una retromarcia innestata da chi mescola politiche sovraniste alla teorizzazione della decrescita, che non può mai essere felice” sostiene la ricercatrice che conferma i timori circa “importanti passi in avanti fatti come nel caso di Industria 4.0, cruciale per una città come Torino, ma per molte altre aree del Piemonte, ma che pare sparita dall’agenda del nuovo esecutivo”. Un quadro a dir poco inquietante. “Non posso che concordare appieno con il professor Marco Cantamessa il quale di fronte al Governo da poco insediato, proprio in merito agli effetti della politica di Lega e M5s sugli investimenti e sullo sviluppo industriale parlò di un rischio di ritorno all’era glaciale”.

Insomma, quell’“equilibrio collettivo per il Piemonte che sia la sintesi dei diversi Piemonti”, come scrive nel suo libro, per Bargero oggi “è molto più difficile, aprendosi invece la strada per ulteriori e più marcate divisioni. Uno scenario probabile oltrechè possibile, di fronte al quale una regione con una storia socioeconomica importante come il Piemonte può e deve resistere. Per farlo occorre mettere in campo tutte le sue potenzialità, le sue energie, ma non rifiutare anche schemi nuovi adeguati a contrastare pericolose e ormai concrete derive populiste e sovraniste - osserva l’ex parlamentare democrat -. Il culmine  del caos, descritto da Dambisa Moyo, come conseguenza dell’incapacità  delle democrazie moderne di trovare strumenti adatti nei periodi di crisi deve essere fronteggiato non nel modo provocatorio consigliato  dall’economista zambiana ma attraverso una maggior coesione di tutte le forze antipopuliste, riformiste e progressiste”.

Per l’ex deputata “la via indicata da Sergio Chiamparino, il giusto richiamo ad allargare il perimetro dei partiti arrivato da alcuni esponenti sindacale come il segretario della Fim Cisl Claudio Chiarle, così importanti segnali e prese di posizione che emergono in questi giorni da esponenti dell’area moderata fermamente antipopulista, credo siano il terreno giusto su cui costruire la risposta del Piemonte, partendo già dalle proposte per le prossime elezioni regionali”.

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