VERSO IL VOTO

Regionali, "il motore è la Lega"

Canelli esclude qualsiasi alleanza in chiave locale con il M5s. Al voto con il centrodestra, "tenendo però conto dei mutati rapporti di forza". Nei desideri dello stato maggiore salviniano era il vero sfidante di Chiamparino, ma resterà a fare il sindaco di Novara

Non è un mistero che per la Lega fosse lui il candidato “ideale” alla presidenza della Regione Piemonte. E se non sarà Alessandro Canelli a guidare il centrodestra nella competizione contro Sergio Chiamparino non è solo perché nella spartingaia delle designazioni la nomination spetti a Forza Italia – un patto che non foss’altro per la distanza temporale lo rende piuttosto vulnerabile – quanto perché “non possiamo permetterci di rimandare una città al voto dopo due anni e mezzo”, come ebbe a dire con rassegnazione Riccardo Molinari, leader del Carroccio piemontese. Così, come spesso capita quando le scadenze non s’incastrano con i piani politici, a lui tocca saltare un giro e proseguire a fare il sindaco di Novara: non che la cosa gli dispiaccia, sia chiaro, visto che la conquista di Palazzo Cabrino è stata per Canelli il compimento di una vocazione amministrativa iniziata nel consiglio di quartiere, passata per la giunta provinciale e poi affinata all’opposizione del sindaco renzianissimo Andrea Ballarè.

Il primo cittadino della seconda città del Piemonte interpreta l’essenza più genuina del nuovo corso salviniano, un mix di razionalità e passione, sturm und drang certo, ma anche sottile arte della diplomazia. “La Lega può fare un ottimo risultato anche in Piemonte alle elezioni di maggio, come sta facendo in tutta Italia. Il Piemonte in questi anni è rimasto immobile, ha bisogno di un cambio di passo, e il motore trainante siamo noi”, ha affermato oggi nel corso di un forum con i cronisti dell’Ansa. E, tanto per non lasciare spazio a fraintendimenti, ha aggiunto netto: “Non vedo una possibile alleanza con il M5s”. Quindi, nessuna proiezione in chiave locale del contratto di governo gialloverde, alle Regionali lo schema di gioco è quello dello schieramento di centrodestra, “tenendo però conto dei mutati rapporti di forza”, anche se non ha del tutto smaltito le pene patite all’ombra della cupola di San Gaudenzio proprio a causa dell’alleato berlusconiano, con il capataz casalingo, il neo deputato Diego Sozzani, che nel 2016 ha osteggiato la sua candidatura finendo per spaccare la coalizione. Una rottura ricomposta ma che ha lasciato ferite mai del tutto sanate.

Una cosa è però chiara, per Canelli, figlio "politico" del suo predecessore Massimo Giordano: il perno deve essere la Lega. “Chi milita nella Lega ha una grande capacità amministrativa, c’è inoltre un forte radicamento nel territorio, come insegna Salvini. E i temi che trattiamo, sicurezza ed economia, ad esempio, ci stanno molto a cuore. Se si vuole valorizzare un territorio bisogna creare le condizioni per attrarre. E poi c’è la cosa più importante di tutte: la Lega è un partito con un’anima. Gli altri partiti ce l’hanno questa anima? Dove vogliono andare? Questa è la grande differenza. La Lega è un modello. E la gente lo capisce”. Un modello esportabile ben oltre il perimetro della vecchia Padani, ormai finita in soffitta tra le carabattole dell’era bossiana. “Il modello per governare è lo stesso in tutta Italia. Un modello di autonomia differenziata che dà possibilità di crescere a tutto il Paese. Le regioni del Sud non devono temerlo perché andrà tutto a vantaggio loro. La Lega è già sbarcata in maniera massiccia nel Sud. In Basilicata abbiamo un commissario della Lega che mi racconta di quante persone si stanno avvicinando al nostro movimento, ai nostri valori”.

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