POLVERE DI (5) STELLE

Di Maio non è una Sicurezza manco per i 5 Stelle torinesi

Il capo politico del M5s difende i decreti salviniani e dai pentastellati della Sala Rossa arriva una netta censura. La capogruppo Sganga: "Sono altri i problemi". E la Tav resta fuori anche dal riaggiornamento dei punti salienti del nuovo accordo di governo

Tra tante bandiere, dal decreto dignità al reddito di cittadinanza passando per la sempiterna Tav, proprio quella del decreto Sicurezza Luigi Di Maio doveva andare a sventolare dopo il colloquio con Giuseppe Conte? A chiederselo sono stati in tanti nel Movimento 5 stelle, soprattutto tra militanti ed eletti di Torino, accomunati in gran parte da un’estrazione progressista e pur tra mille travagli in buona parte sollevati dall’uscita di scena di Matteo Salvini. E invece il capo politico non ha trovato nulla di meglio, in quella scombiccherata conferenza stampa, che difendere a spada tratta uno dei provvedimenti più indigesti per la sua base. Tra i venti punti (raddoppiati rispetto a ieri) imprescindibili, secondo Di Maio, per dare vita al nuovo governo con il Pd ci sono proprio i due Decreti Sicurezza di Salvini, oltre alla revoca delle concessioni autostradali ai Benetton, il taglio dei parlamentari, temi ambientali e altro ancora della propaganda pentastellata. Gli stessi decreti contro cui molti consiglieri pentastellati di Torino si erano pronunciati pubblicamente.

A farsi portavoce di un malcontento riemerso questo pomeriggio tra i consiglieri della maggioranza in Sala Rossa c’è la capogruppo Valentina Sganga: “I problemi del Paese sono tanti – scrive in una nota – l'emergenza immigrazione è stata costruita ad arte per distogliere gli italiani dai loro veri problemi, il mio auspicio è che se nascerà il nuovo governo si concentri su questi: prima fra tutti il lavoro per le giovani generazioni e la tutela di chi il lavoro già ce l’ha”. Per Sganga “provvedimenti come i Decreti Sicurezza, su cui come Consiglio Comunale di Torino abbiamo espresso in modo netto le nostre criticità, non possono essere usati per far arenare la trattativa. Eravamo scettici quando al Governo c’era la Lega e lo restiamo oggi”. Una bocciatura della linea di Di Maio, sempre più in palese difficoltà in una trattativa in cui non trova il bandolo della matassa, impegnato com’è a salvare prima del M5s se stesso.

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