LE REGOLE DEL GIOCO

Maggioritario anche in Regione:
"Ora Cirio dimostri coerenza"

Dopo essere stato folgorato da Salvini sulla via del Papeete il governatore predisponga la riforma della legge elettorale piemontese. A lanciare la sfida per un sistema uninominale con l'abolizione del listino l'Uncem e i radicali di +Europa

E adesso tocca al Piemonte. Non nel senso degli scontati osanna della Lega nel vedere l’ultima regione del Nord passata al centrodestra aver ottemperato al diktat salviniano unendosi alle altre nel chiedere il maggioritario per eleggere il Parlamento, bensì nel trasporre altrettanta determinazione e celerità per applicare lo stesso sistema al voto regionale.

Prima i piemontesi, dicevano. Prima Matteo Salvini, è stato. Il Capitano ha ordinato la carica, dopo la Caporetto del Papeete, e le truppe, ascari compresi, hanno eseguito. Convintamente, si capisce. Quel maggioritario mon amour, adesso, non può certamente convivere nella visione del centrodestra a trazione leghista con un sistema, quello che ancora li ha portati sui banchi di Palazzo Lascaris, decisamente lontano, politicamente anacronistico e impossibile da difendere. Insomma, per la giunta di Alberto Cirio e la maggioranza che la esprima adesso è il momento di fare quel che altri in precedenza non hanno saputo o voluto fare: dare al Piemonte una nuova legge elettorale.

Non potrà più venire prima, come annunciato, ma il Piemonte neppure potrà restare indenne dall’onda maggioritaria che ha travolto lavori e prassi del parlamentino di via Alfieri trasformandolo in una sorta di 24 ore (anche se sono state ben di più) di Le Mans per il Carroccio e il suo fedele seguito di alleati.

La sfida cui difficilmente potrà sottrarsi il governatore viene lanciata da più fronti: a chiedere una modifica dell’attuale norma che regola le elezioni regionali è, non da oggi, l’Uncem (l’Unione dei Comuni e delle Comunità Montane), ma anche +Europa che annuncia una petizione popolare per chiedere il maggioritario con la suddivisione della regione in 50 collegi e conseguente eliminazione del listino. A pungolare Cirio anche i Cinquestelle nei loro interventi in aula, così come l’ex grillina Francesca Frediani e pure il Pd che, in verità, si porta sulle spalle il fardello di una riforma tanto annunciata quanto mancata.

Già quando in piazza Castello c’era Sergio Chiamparino, anzi fin dai tempi della giunta di Roberto Cota l’Uncem aveva presentato, formalmente attraverso alcuni Comuni associati, una proposta di legge elettorale in senso maggioritario, con alcuni elementi caratterizzanti il punto inderogabile per chi rappresenta i territori montani e, quindi, meno popolosi: abolizione del listino, 50 collegi uninominali, ma con un peso determinato non solo dal numero di elettori ma attribuendo a questo circa il 75%, garantendo un 25% all’estensione territoriale. Un sistema elettorale proporzionale con premio di maggioranza e garanzia di rappresentanza delle minoranze.

“È necessario superare l’anomalia che porta le aree metropolitane ad avere un numero eccessivo di rappresentanti penalizzando e lasciando spesso in assoluta assenza di rappresentanza interi territori” , ribadisce il presidente nazionale di Uncem Marco Bussone sottolineando come non sanare quel vulnus sarebbe “un fallimento politico”. Per il successore del deputato dem Enrico Borghi al vertice di Uncem “il modello è quello del Senato americano dove ogni Stato, indipendentemente da popolazione o estensione territoriale ha comunque due seggi”.

Se non ora quando? Cirio, dopo l’inusitata accelerazione sulla strada tracciata da Salvini, come può non seguire analogo percorso proprio per il suo Piemonte? Tanto più che il raggiungimento di quell’obiettivo indicato a suo tempo come prioritario da Chiamparino, segnerebbe indiscutibilmente un punto ulteriore a scapito di un centrosinistra tentennante che non è riuscito a partorire una legge, con un Pd a sua volta ostaggio di resistenze interne tese a conservare posizioni di comodo.

Anche gli ultimi disperati tentativi del presidente del Consiglio regionale Nino Boeti e prima di lui quelli del suo predecessore Mauro Laus, si erano incagliati consegnando come eredità della scorsa legislatura la permanenza del tanto abiurato quanto abilmente utilizzato listino.

Raramente su quei dieci posti, formalmente a disposizione del candidato presidente, si sono incrociate le lame e consumati giorni di estenuanti trattative come a ridosso delle ultime elezioni nel campo del centrodestra. Anziché essere utilizzato per portare in Consiglio e ancor più in Giunta figure di notevole spessore e capacità pur senza essere grandi raccoglitori di preferenze, il listino ha svolto il ruolo di camera di compensazione tra alleati e tra correnti all’interno degli stessi partiti.

Questa potrebbe e dovrebbe essere una ragione in più a sostegno di una riforma che lo escluda, affidando ai soli collegi uninominali il compito di portare i 50 consiglieri a Palazzo Lascaris, se davvero è il maggioritario il sistema di voto imprescindibile per il centrodestra.

Dopo la maratona cui è stato costretto il Consiglio regionale conclusasi ieri con il voto chiesto da Salvini, ogni settimana che passerà senza che venga incardinata una proposta per dare al Piemonte una nuova legge elettorale rafforzerà l’immagine di una maggioranza e un governatore pronti a obbedire agli ordini di un Capitano che, dopo aver messo i piedi su una mina da lui stesso piazzata, sguaina la sciabola della propaganda.

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