OPERE & OMISSIONI

Città della Salute sulla corda

Equilibrismi politici attorno al mega ospedale di Novara. La Lega, dopo aver assecondato a livello nazionale le ubbie grilline, arrivata al governo della Regione continua a rinviare la decisione. Alimentando sospetti e tensioni. Ipotesi a confronto

Cosa o chi frena sulla Città della Salute di Novara? Quella che, a questo punto, assume le tinte del mistero con forti tonalità della politica è una questione tutta interna al centrodestra e in particolare alla Lega. E proprio nel partito di stragrande maggioranza nel governo della Regione, che esprime l’assessore alla Sanità Luigi Icardi, ma anche il sindaco di Novara Alessandro Canelli, la tensione sale e le domande senza risposta crescono.

Ieri sera Canelli, sempre meno disposto a sopportare un intoppo dietro l’altro sul percorso per la realizzazione del megaospedale nella sua città, ha chiesto lumi ad Alberto Cirio ricevendo dal presidente della Regione la conferma della linea del partenariato pubblico-privato. Rassicurazioni che, evidentemente, non sarebbero state esaustive se, come risulta, il sindaco di Novara nelle prossime ore avrà un incontro a Torino con il governatore e, probabilmente, con l’assessore. Quest’ultimo, come noto, aveva portato in giunta nei giorni passati la bozza della legge richiesta dal ministero con cui la Regione si fa “garante degli impegni assunti dall’Azienda ospedaliera universitaria di Novara a copertura dell’importo relativo al canone di disponibilità qualora l’azienda non disponga di risorse proprie per far fronte a detto canone”, ma da Piazza Castello il testo anziché prendere la via del Consiglio regionale, era finito negli uffici per la vidimazione della ragioneria. E lì è rimasto, saltando l’atteso ritorno in giunta. Già il solo fatto di non aver provveduto prima a questo adempimento ha lasciato perplessi molti.

Ma c’è ben altro a suscitare perplessità e nervosismo. E ad aprire una seri di dubbi alimentata da altrettante stranezze e incongruenze in questa vicenda. Se è vero che a stoppare un iter che stava procedendo regolarmente era stata l’allora ministro della Salute, la pentastellata Giulia Grillo palesemente ostile alla partecipazione dei privati all’operazione (219 milioni di investimento con un finanziamento statale di 109 e un canone di 18,5 milioni da pagare al privato da parte dell’Aou novarese per 26 anni) è altrettanto vero che allo stop imposto nei fatti dal ministro non era corrisposto una prevedibile reazione della Lega, allora alleata di Governo e pronta a puntare i piedi su più di una questione. Ma non su quella. Perché?

Da quasi due mesi al posto della Grillo c’è Roberto Speranza, la Lega è all’opposizione in Parlamento e da quattro mesi è l’azionista di maggioranza in Regione. Il ministro di Leu non ha certo l’atteggiamento del suo predecessore sul tema, né ha mostrato al contrario della Grillo di voler stoppare o rallentare il percorso. È vero che il dicastero ha chiesto quella legge a garanzia, altrettanto vero che come osservava in questi giorni lo stesso Cirio “non è stato fatto nei confronti di altre Regioni per analoghi progetti”. E i dubbi non finiscono qui: a parte il fatto, non certo trascurabile, che l’azienda ospedaliera universitaria ha dimostrato, dati alla mano e numeri messi nero su bianco e forniti a Icardi, di essere nelle condizioni di pagare il canone, tutti sanno come il bilancio dell’azienda stessa sia parte di quello regionale e che la garanzia da parte dell’ente sia automaticamente attivata nel malaugurato caso di inadempienza. I soldi se ci sono e ci saranno per l’azienda come fanno a non esserci per la Regione?

Il dossier “è nelle mani del Bilancio che auspico dia in fretta il proprio parere”, ha detto l’altro giorno Icardi. La cui estrema cautela, se per molti versi comprensibile, avrebbe finito con estendersi ulteriormente a quegli uffici che debbono pronunciarsi per dare il via libera a quella richiesta del ministero che non risulta essere stata fatta ad altre Regioni in analoghe situazioni.

Nel novero delle perplessità che ormai alimentano un clima di forte tensione all’interno dello stesso partito di Matteo Salvini e di conserva nella coalizione di governo regionale, va inserita anche quell’alternativa al partenariato pubblico-privato che, con la Grillo al ministero, era stata suggerita o proposta come exit strategy all’assessore, ovvero la realizzazione dell’opera da parte di Inail che ne conserverebbe la proprietà lasciando all’azienda ospedaliera la gestione e la manutenzione. Icardi prospettò questa possibilità in commissione Sanità di Palazzo Lascaris all’inizio di settembre spiegando che in tale soluzione “porterebbe a un risparmio della quota annuale di una decina di milioni di euro rispetto agli oltre 18 ora previsti a carico dell’azienda novarese”.

Quello dei minor costo per l’Aou e quindi per la Regione è un dato incontrovertibile a favore di questa ipotesi. L’unico pro, tuttavia, a fronte di molti contro. La lista delle negatività si apre, facilmente, con i tempi: si dovrebbe ripartire da zero o quasi. Poi servirebbero 3 milioni per indire la gara e si perderebbero quelli del finanziamento statale. Non ci sarebbe, inoltre, lo scudo dato dalla realizzazione in partenariato con la concreta eventualità che si apra un contezioso con l’appaltatore per possibili difetti progettuali di cui risponderebbe la committenza. Tra i contro all’ipotesi Inail ci sono tempi e costi, ma anche il rischio di una possibile tassazione al momento del passaggio di proprietà dall’Inail all’azienda.

A fronte dei maggiori costi del canone, il partenariato offre invece una serie di pro: immediatezza dell’indizione della gara, finanziamento statale a costo zero, rischi di progettazione, costruzione e gestione in capo al concessionario che assumerebbe anche quello delle varianti in corso d’opera. Sarebbe garantita la certezza dei tempi e dei costi e, non da ultima, l’immediata acquisizione della proprietà da parte dell’azienda con un facilmente immaginabile incremento del patrimonio.

Scartata, perché non consentita dalla legge, la terza ipotesi che si baserebbe su un mutuo da accendere con Cassa Depositi e Prestiti, sul tavolo resta, per stessa ammissione di Cirio, la soluzione imboccata dall’inizio ovvero quella del partenariato. Ma deve andare avanti. Caduto il muro eretto della ministra grillina (manco scalfito all’epoca dalla Lega) non dovrebbero esserci più alibi. Anche di fronte all’inusuale richiesta di una legge di garanzia sono difficilmente giustificabile ulteriori ritardi che si sommano a quelli accumulati e che alimentano dubbi circa l’esistenza di qualcosa o qualcuno che continua a frenare sulla Città della Salute.

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