REGIONE

Scintille tra Lega e Fratelli d'Italia

Maggioranza regionale in fibrillazione. Dalle nomine alle scelte amministrative: schermaglie quotidiane tra alleati. Sarà un crescendo fino a quando il partito della Meloni non otterrà da Cirio il secondo posto in giunta. Imminente un vertice dei segretari

Se il sismografo dei rapporti tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni da un po’ di tempo oscilla proporzionalmente all’aumento di consensi (personali e di partito) della leader di Fratelli d’Italia e del conseguente nervosismo del Capitano, quelle che si registrano in Piemonte tra i due partiti sembrano qualche cosa di più di semplici scosse di assestamento. Semmai ad alzare la tensione fosse la necessità di declinare in ambito regionale il clima tra i due, quello reale e non la rappresentazione affidata a selfie della concordia, certamente non mancherebbero le occasioni. Le stesse che, effettivamente, sono al centro di un rapporto tra alleati, per molti versi, assai più aspro di quanto non sia o non appaia quello dei rispettivi vertici nazionali.

È pur vero che nella Regione che governano insieme (con Forza Italia defilata rispetto alle beghe sul fianco destro del centrodestra) accadimenti come quello che ha portato la giunta a perdere un assessore – Roberto Rosso arrestato con l’accusa di voto di scambio, poi espulso dal partito – lasciando il partito della Meloni dimezzato nella squadra di Alberto Cirio hanno acuito le frizioni.

Sta di fatto che, ancora ieri, la reazione del capogruppo di FdI Maurizio Marrone alla notizia della decisione “non concordata” dell’assessore leghista alla Sicurezza Fabrizio Ricca di stanziare 300mila euro per lo smantellamento dei campi nomadi a Torino, è stata molto dura ed altrettanto indicativa di come le due forze politiche appaiano sempre più spesso ai ferri corti. Già, perché sempre più spesso, il fioretto non basta più di fronte al pesante e pressante alleato che non si è messo i guanti per avvisare che sul posto che è stato di Rosso ha deciso di mettere il biglietto con su scritto riservato alla Lega, e indicando pure i tempi, non brevi, per la sostituzione che comunque resta formalmente in capo al governatore. Che poi Marrone non faccia carte false per trasferirsi dal consiglio alla giunta è un altro paio di maniche e, in fondo, del tutto marginale. La questione è quel rapporto non sempre facile tra un’azionista di maggioranza che ha mietuto voti nelle urne e uno di minoranza che nell’elettorato del centrodestra ha lanciato un’opa ostile e che continua a rastrellare consensi.

Non può che leggersi come ben più di una puntualizzazione anche quel “nessun passo indietro” pronunciato ancora da Marrone di fronte alla correzione di rotta da parte dell’assessore leghista Chiara Caucino,sulla vicenda della norma sugli affidi con l’apertura all’ipotesi di un tavolo di lavoro con enti locali e associazioni. “Sul disegno di legge contro l’allontanamento selvaggio non ci sarà nessuna retromarcia”, ha precisato il capogruppo di Fratelli d’Italia aggiungendo un passaggio importante anche rispetto al partito dell’assessore: “Nella maggioranza di centrodestra FdI vigilerà affinché non vi sia alcuna frenata sui tempi e sui contenuti del testo, che anzi, intendiamo rafforzare con alcuni emendamenti”. Come a dire: da Bibbiano in poi quel tema è sempre stato nostro e noi, nonostante la Lega se ne sia appropriata, continueremo a rivendicarlo.

Non solo bandierine, ma anche un avviso all’alleato, al quale pur velatamente viene rammentato che pure sull’imbarazzante vicenda del presidente dell’Atc Piemonte Nord con cimeli fascisti in ufficio, la Lega non può dirsi del tutta assolta, ma almeno in parte coinvolta. È vero che Luigi Songa, ancora in attesa di ottemperare allo sfratto ingiuntogli da Cirio, è di Fratelli d’Italia, ma quella nomina – fanno notare – è figlia illegittima di un errore compiuto dalla Lega che indicò Marco Marchioni, risultato inconferibile. E non è affatto escluso che dietro il tergiversare di Songa nel levare le tende ci sia lo zampino di Marrone.

Fatti e vicende che in un altro clima si sarebbero risolte, come si dice, in famiglia. Invece già a partire dall’iniziale ostracismo leghista verso i due posti in giunta per il partito della Meloni quando ancora la squadra si doveva comporre, passando per la bulimia salviniana mostrata non appena il posto di Rosso è rimasto vacante, le frizioni sono andate aumentando. Fors’anche alimentate da quella scarsa riconoscenza da parte della principale forza del centrodestra nei confronti di Marrone per il suo ruolo di gestione dell’aula per conto di tutta la maggioranza, sopperendo più volte a inciampi o sviste del suo omologo leghista.

Tensioni, quelle che riflettono e a tratti amplificano il duello non dichiarato tra Salvini e Meloni, destinate a sopirsi o, al contrario, acuirsi nel momento in cui Cirio nominerà il nuovo assessore. Anche se l’eventualità di un più ampio rimpasto, già messa in conto dai vertici della Lega, potrebbe scrivere nuove pagine del rapporto, non sempre proprio fraterno, tra i due partiti.  

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