EMERGENZA SANITARIA

"Fermiamo anche le fabbriche"

Il sindacalista della Fiom Airaudo propone lo stop delle attività produttive "non indispensabili". I lavoratori devono restare a casa e vanno posticipate tutte le commesse non urgenti. Gallina (Unione Industriale): "Non si può bloccare tutto"

“Bisogna programmare il rallentamento o la chiusura di tutte le attività produttive non indispensabili. Il sindacato è pronto a discutere tutte le misure necessarie per permettere ai lavoratori di rispondere anche loro all’invito di restare a casa”. La proposta è di Giorgio Airaudo storico leader della Fiom Piemonte ed ex parlamentare di Sel. “Hanno ragione tutti quelli che pensano che sia necessario fermare tutte le attività non indispensabili, posticipare tutte le commesse non urgenti, negoziando tutti gli strumenti di tutela fino alla cassa integrazione in deroga”, sostiene Airaudo. Il sindacalista propone “di utilizzare le fermate per fare, laddove non sono stati ancora effettuati, concordandoli con il sindacato, tutti gli interventi di sanificazione degli ambienti collettivi, come mense, sale d’attesa, sale relax e spogliatoi”.

“Si possono individuare soluzioni per beni non necessari, con accordi a livello territoriale, di settore o di filiera, ma non è possibile chiudere tutto perché ci sono aziende che perderebbero le commesse e non riaprirebbero più”. Così il presidente dell’Unione Industriale di Torino, Dario Gallina, commenta la richiesta di Airaudo. “Bisogna trovare un equilibrio tra due esigenze: ridurre il contagio con minori contatti possibili anche all’interno delle aziende e non penalizzare le fabbriche chiudendole perché così si ammazza il Paese. Una modulazione concertata con il sindacato per potere ridurre la capacità produttiva in un momento di economia debole è possibile, ma bisogna consentire alle aziende che vogliono lavorare a capacità produttiva piena di poterlo fare. L’importante è che non siano il governo e i governatori a prendere decisioni forti per tutti”, spiega Gallina. Per il presidente degli industriali torinesi “bisogna essere molto rigorosi nell’applicare le norme negli spazi di lavoro, ma anche nelle parti aperte al pubblico”. Per le imprese torinesi cominciano ad emergere difficoltà legate al trasporto internazionale delle merci (“non si trovano mezzi o hanno un costo triplicato rispetto al passato”) e alla fornitura di componenti. “Al momento – dice Gallina – registriamo solo situazioni di sofferenza, ritardi, difficoltà, non ancora blocchi dell’attività. La macchina produttiva sta rallentando, per questo deve rimanere accesa, ma bisogna lasciare aperte solo le attività fondamentali”.

La proposta non piace neppure alla piccola e media impresa “L’ipotesi di ridurre o addirittura fermare l’attività delle fabbriche come è stato suggerito da alcuni rappresentanti delle organizzazioni sindacali ha dei rischi per quanto concerne gli effetti anche a medio-lungo periodo. Fermare un'impresa espone al rischio di farla chiudere definitivamente”, dichiara Corrado Alberto, presidente Api Torino. “È che quelle aziende che hanno in corso commesse siano poste in condizioni di portarle a termine efficacemente. È necessario poi lavorare su due fronti: la stretta osservanza delle indicazioni di prevenzione personale e l’attivazione in tempi immediati di tutti i sostegni finanziari possibili per le aziende. Su quest’ultimo aspetto stiamo lavorando a stretto contatto con le Istituzioni e con le altre associazioni. Più di tutto, è necessario mantenere la calma, non fare fughe in avanti, valutare bene tutti gli aspetti di provvedimenti che devono essere osservati da tutti, ma devono essere condivisi da tutti”.

La serrata non trova concorde gli altri sindacati, anche se una misura così estrema potrebbe essere applicata per quelle imprese che si stanno dimostrando incapaci di rispettare le prescrizioni sanitarie. “In questo momento ciò che occorre di più è il senso di responsabilità, che impone di trovare tutte le misure possibili per applicare il decreto coronavirus senza penalizzare le aziende e i lavoratori che già stanno vivendo una fase molto complicata”, afferma la Uilm torinese. “Abbiamo già raggiunto accordi in varie aziende per rispettare le distanze di sicurezza, scaglionare l’ingresso e l’uscita dei lavoratori, accedere ai vari servizi come la mensa. La chiusura è l’extrema ratio e auspichiamo che non si renda necessaria”, spiega il segretario, Luigi Paone. Sulla stessa linea Marco Bentivogli della Fim: “Sappiamo cosa comporta bloccare tutte le fabbriche metalmeccaniche per un mese ma ciò diventa immediatamente necessario nelle aziende che si stanno dimostrando incapaci di rispettare tali prescrizioni. La prevenzione del contagio è un dovere del datore di lavoro. Registriamo, purtroppo, in tantissime aziende grandi e piccole la mancanza di dpi (mascherine, igienizzanti), sanificazione dei locali e non rispetto della distanza di almeno un metro tra i lavoratori”. Per il segretario generale dei metalmeccanici Cisl “non bisogna perdere la calma e prendere decisioni con ponderazione e senso di responsabilità”.

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