EMERGENZA SANITARIA

Covid, ecco i morti fantasma

Nel primo trimestre 2020 si sono registrati 25mila decessi in più degli anni scorsi. Ma di questi poco più della metà sono stati classificati positivi al coronavirus. In Piemonte aumentati del 47%. Il rapporto dell'Istat

Tra il 20 febbraio e il 31 marzo di quest’anno i morti in Piemonte sono aumentati del 47 per cento, passando da 5.747 – la media dei decessi nello stesso lasso di tempo tra il 2015 e il 2019 – a 7.859. L’incremento è stato di 2.112 unità di cui solo 1.018 sono state certificate come affetti da Covid-19. I dati sono stati diffusi dall’Istat, nell’ambito di un rapporto redatto assieme all’Istituto superiore di sanità, e si riferiscono a un campione di 6.866 Comuni italiani sui 7.904 complessivi. Nel Nord Italia, l’area più colpita dall’epidemia, nel periodo preso in considerazione, i decessi sono quasi raddoppiati passando da 32.491 a 56.402.

A livello nazionale, tra il 20 febbraio (giorno in cui è stato scoperto il primo paziente infetto) e il 31 marzo, sono circa 25mila i morti in più rispetto alla media degli anni precedenti. La mortalità “diretta” attribuibile al coronavirus, in individui con diagnosi confermata, è stata di circa 13.700 decessi. E gli altri allora di cosa sono morti? A cosa sono dovuti quegli 11.600 morti in più che non hanno ottenuto la “certificazione Covid"? I ricercatori dell'Istituto di statistica ipotizzano tre possibili cause: La prima prevede “una ulteriore mortalità associata a Covid-19 (deceduti su cui non è stato eseguito il tampone)”. La seconda spiegazione ipotizza “una mortalità indiretta correlata a Covid-19 (decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni, probabili conseguenze della malattia scatenata dal virus in persone non testate, come accade per analogia con l’aumento della mortalità da cause cardiorespiratorie in corso di influenza)”. È verosimile, dunque, che molte persone, nel turbine dell’emergenza, non siano state sottoposte a tampone, nonostante manifestassero i sintomi da coronavirus, e in assenza di test virologico le cause della loro morte, almeno per la statistica, siano state polmonite, influenza o complicazioni generiche di un quadro clinico probabilmente già compromesso. Questo avvalorerebbe la tesi secondo la quale i decessi di persone infette sarebbero molti di più di quelli certificati dal Sistema sanitario nazionale. Quasi il doppio. C’è poi una terza possibile causa, secondo cui “una quota di mortalità indiretta sia non correlata al virus, ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette”. 

Tra le Province piemontesi più colpite c’è certamente Alessandria: qui in meno di un mese si è passati da 693 decessi (la media tra il 2015 e il 2019) ai 1.199 del 2020, ad Asti da 299 a 382, a Biella da 279 a 471, a Novara da 445 a 724, a Vercelli da 259 a 426. Nell’area metropolitana di Torino è stato registrato l’incremento più contenuto: si è passati da 2.803 a 3.469 morti (+29,7%). A questo punto, però, è d’obbligo precisare che nella maggior parte delle aree geografiche del Piemonte l’epidemia è arrivata e si è diffusa almeno una settimana dopo rispetto a Lombardia, Veneto ed Emilia: il picco dei decessi in Piemonte è stato tra il 24 marzo e il 5 aprile per poi scendere lentamente da una media di 90 al giorno a quella di 20, registrata nelle ultime tre giornate di maggio. Dunque l’indagine sui decessi, per avvicinarsi alla realtà, dovrà attendere i dati del mese scorso.  

Il 91% dell’eccesso di mortalità riscontrato a livello medio nazionale nel mese di marzo 2020 si concentra nelle aree ad alta diffusione dell’epidemia: 3.271 comuni, 37 province del Nord più Pesaro e Urbino. Nell’insieme di queste province, i decessi per il complesso delle cause sono più che raddoppiati rispetto alla media 2015-2019 del mesedi marzo. Se si considera il periodo dal 20 febbraio al 31 marzo, i decessi sono passati da 26.218 a 49.351 (+23.133); poco più della metà di questo aumento (52%) è costituita dai morti riportati al Sistema di Sorveglianza Integrata Covid-19 (12.156). All’interno di questo raggruppamento le province più colpite dall’epidemia hanno pagato un prezzo altissimo in vite umane, con incrementi percentuali dei decessi nel mese di marzo 2020, rispetto al marzo 2015-2019, a tre cifre: Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (371%), Brescia (291%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro e Urbino (120%).

L’eccesso di mortalità più consistente si riscontra per gli uomini di 70-79 anni: i decessi aumentano di circa 2,3 volte tra il 20 febbraio e il 31 marzo; segue la classe di età 80-89 (quasi 2,2 volte di aumento). L’incremento della mortalità nelle donne è invece più contenuto per tutte le classi di età. Raggiunge il 20% in più della media degli anni 2015-2019 alla fine di marzo, tanto per la classe di età 70-79 che per la 90 e più.

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