LOTTA AL COVID

Sanitari no vax ancora tutti in corsia

Mentre in altre regioni decine di medici, infermieri e oss non vaccinati vengono lasciati a casa, le Asl piemontesi non hanno ancora inviato gli elenchi ai datori di lavoro. Intanto crescono ricorsi per allungare i tempi ed evitare di perdere lo stipendio

Per quale motivo mentre in moltissime regioni già si contano medici, infermieri e operatori sociosanitari sospesi dal servizio perché rifiutano di vaccinarsi, in Piemonte l’unico caso riguarda una dipendente di una cooperativa sociale di Chivasso che si è vista confermare il provvedimento dal giudice cui si era rivolta? Che cosa sta succedendo nelle Asl chiamate, pure a gran voce nelle settimane scorse dall’assessore alla Sanità Luigi Icardi e dal commissario alla campagna vaccinale Antonio Rinaudo, a un’applicazione rapida e puntuale della normativa che risale ormai all’inizio di aprile? 

Un ritardo quello che pone ormai al fondo della classifica il Piemonte e che non giova certamente a garantire la sicurezza negli ospedali, così come negli ambulatori, nelle cliniche e in ogni altro luogo in cui lavora un sanitario che dopo tutte le sollecitazioni e i tempi avuti a disposizione non si può non definire No Vax. Un ritardo che fa sorgere legittimi dubbi sull’efficienza degli uffici chiamati a comporre gli elenchi del personale non vaccinato, o peggio su una lentezza figlia di per nulla chiare strategie. Manco dovessero essere stilati da amanuensi, gli elenchi non sono ancora pronti. E se in qualche caso lo sono, restano fermi nelle Asl cui compete inviare i nominativi del personale sanitario residente sui loro territori di competenza ai datori di lavoro, siano privati o pubblici. Tutti li stanno ancora aspettando.

Al Mauriziano, il direttore generale Maurizio Dall’Acqua afferma di verificare ogni mattina se quella lista che attende ormai da tempo sia arrivata. Ogni mattina una delusione. Niente dall’Asl Città di Torino, sotto la cui giurisdizione ricade la stragrande parte dei dipendenti, niente dalle altre aziende. Lo stesso succede negli altri ospedali, addirittura in quelli che dipendono dalla stessa Asl territoriale che, quindi, agisce sia come soggetto tenuto a comunicare i nominativi dei non vaccinati sia da loro datore di lavoro cui spettano i provvedimenti di spostamento con eventuale demansionamento dei non immunizzati o la loro sospensione dal lavoro e dallo stipendio. Da una delle Asl con il maggior numero di ospedali, com’è quella di Alessandria, sono partite circa 500 lettere in cui si comunica al personale sanitario residente sul territorio la data ultima per produrre il certificato vaccinale – per una parte il 17 agosto per un’altra il 22 – dopodiché come spiega il direttore generale Luigi Vercellino, partiranno gli elenchi diretti di datori di lavoro. In altre aziende i tempi sono ancora più lunghi. 

E tutto questo mentre nella vicina Liguria sono già oltre 70 i dipendenti del sistema sanitario regionale sospesi o spostati ad altro incarico, in Sardegna i provvedimenti hanno fino ad ora raggiunto 57 operatori, nella sola Asl di Ferrara i sospesi sono 46, in Veneto si sfiora la settantina, mentre il record lo detiene il Friuli Venezia Giulia dove soltanto a Pordenone i dipendenti lasciati a casa sono 177. Che in Piemonte si sia partiti in ritardo è un fatto, che le sollecitazioni a recuperare terreno siano state disattese altrettanto. Gli stessi imprenditori della sanità privata sono, al pari degli ospedali, in attesa degli elenchi, come conferma Giancarlo Perla, presidente regionale di Aiop

“La legge va applicata in maniera rigorosa. Non possiamo permettere che chi non si vaccina e opera a contatto con persone fragili com’è chiunque vada in ospedale, possa essere veicolo di contagio”, ha ribadito più volte l’assessore Icardi. Eppure quel rischio, ad oggi, esiste e persiste. Il ritardo nell’attuazione della norma sull’obbligo vaccinale nei confronti di chi ha deciso di non rispettarla ha un altro risvolto: quello di dare ai sanitari No Vax l’impressione, reale, di un sistema al quale è possibile sfuggire, o perlomeno evitarne gli effetti nei tempi annunciati e rispettati in gran parte del Paese.

Proprio per allungare ulteriormente i tempi crescono i ricorsi al Tar che, come spiega l’ex magistrato Rinaudo “bloccano tutta la procedura, anche se giuridicamente sono destinati a un fallimento macroscopico”. L’obiettivo non dichiarato dei sanitari che rifiutano il vaccino, violando la legge, è quello di tirarla alle lunghe per arrivare al 31 dicembre quando la misura introdotta dal Governo cesserà i suoi effetti, salvo una non improbabile proroga specialmente se la diffusione dei casi e la pressione sugli ospedali aumenteranno in autunno. Nel frattempo, però, i No Vax continuano a lavorare e a prendere lo stipendio. E anche quei direttori di aziende ospedaliere che sanno di avere medici, magari anche in Pronto Soccorso, infermieri e operatori sociosanitari non vaccinati e sanno chi sono, hanno le mani legate. Senza gli elenchi, che nel frattempo rischiano di contare sempre più ricorrenti alla magistratura amministrativa, non possono fare nulla.

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