FINANZA & POTERI

Intesa, Profumo (e Lo Russo) nello stretto di Messina

Il capo della banca vuole un quarto mandato per il presidente Gros-Pietro e Torino non ha la forza per opporsi. Né una valida alternativa: Siniscalco sarebbe troppo ingombrante. L'asse tra sindaco e numero uno della Compagnia sulla lista del futuro cda

L’attenzione degli stakeholder sul borsino di Gian Maria Gros-Pietro quale possibile e probabile successore di sé stesso alla presidenza di Intesa Sanpaolo cresce con il ridursi del tempo che separa dagli inizi di primavera quando ci sarà il rinnovo della banca governata dal ceo Carlo Messina. Attenzione soprattutto di chi auspica il pensionamento del settantanovenne economista torinese che siede sulla poltrona presidenziale dal 27 aprile 2016. Tra questi, certamente, non c’è Messina.

Pur portate splendidamente, le 79 primavere unite al fatto che per Gros-Pietro si tratterebbe di un quarto mandato pesano sul piatto della bilancia di chi vedrebbe di buon occhio (e con qualche interesse) un altro al suo posto. Sullo stesso piatto finisce anche una serie di rilievi che una parte del tessuto produttivo e finanziario piemontese avanzano, pur sottovoce, lamentando una sorta di scarso interesse sui grandi dossier e, soprattutto, sui grandi clienti della banca nell’ambito del territorio regionale. Perplessità e segnali che, tuttavia, trovano di fronte il muro protettivo alzato dal ceo, mai messo in ombra per non dire in minima difficoltà sul piano operativo dal presidente.

Di fronte a un quadro così netto, per quanto riguarda le intenzioni di Messina cui non gli si possono disconoscere i risultati ampiamenti positivi nella gestione del colosso bancario, c’è chi può davvero pensare di agitare la fronda e ingaggiare uno scontro? Se qualcuno ha cullato l’idea, tutto fa pensare che rimetterà opportunamente in fretta il proposito nel cassetto. Lo stesso azionista forte della banca, ovvero la Compagnia di San Paolo, è guidata da un presidente, Francesco Profumo, che a Messina deve la sua riconferma, nonostante i tentativi di impedirlo messi in atto dall’allora sindaco di Torino Chiara Appendino.

Mai come in questo caso deve prevalere la realpolitik, con la valutazione dei rapporti di forza e gli eventuali spazi di manovra nonché gli interessi prevalenti e agire di conseguenza. Va detto, tuttavia, che pur avendo ancora un po’ di mesi davanti e, ancor più, il pesante appoggio di Messina, le manovre sempre tra parole ovattate e passi felpati, proseguono e si intensificano. Il vicepresidente Paolo Andrea Colombo, bocconiano espressione della finanza bianca lombarda, ha già incominciato a tastare il terreno delle fondazioni minori, partendo da CariFirenze, pare incassando dal Grande Vecchio Giuseppe Guzzetti la promessa di un futuro sostegno, condizionata però all’eventualità che la corsa verso la presidenza di Colombo avesse più che solide basi e altrettante assicurazioni da parte degli azionisti. Insomma, Guzzetti è pronto per Colombo, ma non a salti nel buio. Una estrema cautela, quella dell’“arzillo vecchietto”, che sembra non lasciare molte speranze: di sicuro nei piani di Guzzetti non c’è alcuna intenzione di fare sgarbi a Messina né di irritare la parte torinese cui convenzionalmente spetta, dai tempi della “fusione”, la presidenza. Inoltre, fanno notare ambienti di Ca’ de Sass, agitarsi in modo scomposto potrebbe dare spago all’azione dei fondi, particolarmente aggressivi e pronti a cogliere al volo le occasioni.

Certo, un torinese in possesso dei requisiti sempre più stringenti richiesti da Bce e Bankitalia per presiedere grandi istituti bancari, carica che tra l’altro frutta un milioncino di euro l’anno di emolumenti, ci sarebbe. Si tratta di Domenico Siniscalco, curriculum prestigioso, standing e relazioni internazionali, ma tanto Gros-Pietro è nelle grazie del ceo, tanto tra quest’ultimo e l’ex ministro non c’è quel che si dice un profondo feeling. Fredda, per usare un eufemismo, nei confronti di Siniscalco c’è una parte della finanza milanese e lombarda, memore della coppia Siniscalco-Tremonti schierata in passato contro Guzzetti. E poi, proprio il profilo troppo operativo dell’attuale vicepresidente di Morgan Stanley Europe potrebbe essere foriero di tensioni con il ceo. Quindi per lui porte sbarratissime.

Esclusa ogni velleità di mettere (troppi) bastoni tra le ruote di Messina, a Torino si ragiona piuttosto come ottenere il massimo da una situazione di oggettiva difficoltà dovuta non solo dal fatto di non avere delle valide alternative alle volontà del ceo (che, fatto non secondario, custodisce nelle casse della banca gran parte del debito della Città) ma anche dal ruolo ancora fragile di Stefano Lo Russo, ai suoi primi passi nei corridoi del potere finanziario. In verità, il neo sindaco ha stretto un asse di ferro con Profumo, concordando una linea comune: aprire la strada alla riconferma di Gros-Pietro, ponendo però ai lati una serie di paletti ben visibili in anticipo. In soldoni, entrambi non avrebbero difficoltà ad assecondare Messina in una sorta di patto tra gentiluomini che preveda la scelta di tre dei quattro componenti di nomina torinese del board. Insomma, questa volta Messina dovrebbe accontentarsi di piazzarne uno e non tutti e quattro come accaduto, per una serie di circostanze, all’ultimo rinnovo del board (oltre a Gros-Pietro, Bruno Picca, Fabrizio Mosca, Maria Cristina Zoppo; più il sanpaolino Luciano Nebbia “caricato” sulla fondazione fiorentina).

Chi ben conosce le intenzioni di Lo Russo e Profumo spiega questa posizione con il non nascosto e legittimo obiettivo di inserire nel cda tre figure di alto profilo che possano acquisire esperienza e caratteristiche da permettere, fra poco più di tre anni, di poter scegliere tra di essi il futuro presidente. Che, con molte probabilità, succederà a Gros-Pietro, sostenuto da Messina il quale ha dalla sua il presidente della Compagnia di san Paolo, riconoscente al Ceo di Intesa, ma pure già impegnato a costruirsi un futuro per quando scadrà il suo secondo e non rinnovabile mandato nella fondazione. E non è un mistero che l'ex rettore del Politecnico e già ministro sintetizzi in un acronimo l'approdo cui mira: Cdp. Cassa Depositi e Prestiti, naturalmente la presidenza.