POLITICA & GIUSTIZIA

"Burzi vittima di barbarie giudiziaria, Saluzzo serbi un rispettoso silenzio"

Levata di scudi dei penalisti alle "gravi" parole del procuratore generale e del "gazzettiere delle manette" Travaglio. Quella del politico suicida è "una vicenda giudiziaria di per sé incompatibile con i principi costituzionali del giusto processo"

«La magistratura giudicante ha già “parlato” con i suoi provvedimenti: sentenze di assoluzione, di condanna e decreti di archiviazione. I magistrati requirenti dovrebbero invece limitarsi a valutare la bontà di eventuali notizie di reato anziché intervenire pubblicamente in una vicenda come questa, segnata dall’immane sofferenza di un uomo sottoposto a un processo troppo lungo per essere considerato “giusto”, evocando addirittura il vilipendio dell’ordine giudiziario». È il testo di una nota diffusa dalla Camera Penale del Piemonte occidentale in merito alla morte dell’ex consigliere regionale Angelo Burzi. Si tratta di una risposta alle dichiarazioni del procuratore generale Francesco Saluzzo che, nel respingere le accuse di persecuzione giudiziaria e di disparità di trattamento, ha esortato a usare «maggiore prudenza nel fare e veicolare affermazioni che gettano discredito e potrebbero costituire anche vilipendio dell’ordine giudiziario». Una dichiarazione che è parsa a molti, non solo agli avvocati, un tantino fuori luogo e sopra le righe.

Leggi anche: Su Burzi la magistratura si assolve

Il pg Saluzzo se l’è presa con vari politici “anche del passato”, in particolare con Guido Crosetto che, dopo aver subito la ramanzina, è tornato sull’argomento: «Una mia frase, generale e astratta, è stata stigmatizzata da un Procuratore in un comunicato ufficiale, evidenziando addirittura che potrebbe costituire “Vilipendio dell’ordine giudiziario”. Ho sempre detto quello che pensavo, ma mi dicono che oggi devo aver paura. Di parlare». Il cofondatore di Fratelli d’Italia, ed ex parlamentare, sui social aveva definito Burzi, “piegato da anni di assurde ingiustizie e violenze giudiziarie». «Se una persona arriva al punto di togliersi la vita per poter affermare la propria innocenza, è perché considera il proprio onore un bene superiore alla vita stessa – è un altro post di Crosetto –. Ribadire con comunicati stampa ed articoli che i magistrati non sbagliano mai, è inumano ma non mi stupisce».

La Camera penale manda, infine, un preciso messaggio al mondo politico: «La politica – si legge nella nota – dovrebbe chiedersi se certe derive giudiziarie non siano anche la conseguenza di norme poco chiare o peggio espressione di un certo giustizialismo “simbolico” che ha la virulenza di contagiare, a seconda della contingenza politica, tutti gli schieramenti. L’indeterminatezza della legge può generare arbitrii e incertezze che a loro volta minano irrimediabilmente le basi di una sana e moderna democrazia». Un riferimento chiaro a quel “buco” normativo sull’uso dei fondi a disposizione dei gruppi nei Consigli regionali che ha aperto il varco nelle varie Rimborsopoli a pronunciamenti contraddittori e spesso arbitrari tra Regione e Regione, tra Procura e Procura e persino tra vari gradi di giudizio.

Nella vicenda interviene anche la giunta delle Camere penali italiane, anch’essa con una nota dai toni ancora più duri. Per i rappresentanti dei penalisti italiani il suicidio di Burzi «pone drammaticamente questioni di elementare evidenza. Restare prigionieri di una accusa e di un processo per dieci anni è una barbarie, qualunque sia l’accusa, qualsiasi siano le responsabilità. Restarlo dopo essere stati assolti in primo grado “perché il fatto non sussiste” aggiunge infamia alla barbarie, e non è da tutti riuscire ad accettarla. Angelo Burzi non c'è riuscito. Tutto qui, tragicamente semplice nella sua evidenza. Eppure dobbiamo leggere, sul solito gazzettino delle manette, che il torto risiederebbe nelle parole di chi si scandalizza per tale barbarie ed esprime umana compassione per chi ne è stata vittima. (Parole peraltro condite dalla consueta dose di disinformazione tecnica: l’annullamento della Cassazione, ad eccezione di un capo divenuto definitivo, riguardava non la semplice rideterminazione della pena, come afferma Travaglio, ma la sussistenza dell’elemento soggettivo della condotta!)».

«Non meno gravi – aggiunge l’Ucpi – ci appaiono le parole del procuratore generale di Torino, Saluzzo, il quale ha ritenuto di dover intervenire (non è ben chiaro in difesa di chi e di cosa), finendo per minacciare addirittura reazioni giudiziarie verso quanti, esprimendo quello sgomento e quelle censure, si macchierebbero di vilipendio della magistratura. Invece di serbare un silenzio rispettoso della tragica vittima di quella barbarie (un processo infinito nonostante una assoluzione piena in primo grado), o semmai di aprire una riflessione sulla compatibilità tra l’appello del pubblico ministero contro sentenze assolutorie ed il principio della condanna “oltre ogni ragionevole dubbio”, il dottor Saluzzo, e non è cosa nuova per lui, mena fendenti, invocando il più odioso dei reati a tacitazione delle legittime critiche». «I penalisti italiani esprimono tutta la umana e partecipe vicinanza ai familiari di Angelo Burzi, e tutta la più orgogliosa, incommensurabile distanza, culturale ed etica, dalle posizioni espresse da Marco Travaglio e da Francesco Saluzzo sul tragico epilogo di una vicenda giudiziaria di per sé incompatibile con i principi costituzionali del giusto processo», conclude l’Unione delle Camere penali.

Leggi qui la nota dell'Unione delle Camere Penali italiane