GRANA PADANA

L'"ingrato" Damilano agita la Lega

I salviniani lanciano il sospetto che dietro la decisione dell'ex candidato sindaco di Torino di lasciare il centrodestra ci sia la regia dei nemici interni. Indiziato numero uno Giorgetti. Duro il pretoriano Molinari: "La riconoscenza è sempre la virtù del giorno prima"

Una decisione coerente con il suo profilo di “civico” prestato alla politica o la mossa di un “ingrato” che si è servito dei partiti per coltivare le sue ambizioni salvo poi scaricarli dopo la sconfitta? L’addio di Paolo Damilano, candidato sindaco di Torino alle ultime elezioni comunali, agita il centrodestra e non solo quello locale. Nella Lega, che pure per due volte ha rivendicato l’onere (e il merito) della designazione – nel 2019 è stato a un passo dal soffiare al forzitaliota Alberto Cirio l’investitura a governatore del Piemonte –, è l’ora dei veleni. Secondo non meglio precisate fonti parlamentari dietro il gesto di Damilano ci sarebbe una precisa strategia dei nemici interni di Matteo Salvini, la fronda “draghiana”, volta a fiaccare la leadership del Capitano in combutta più o meno esplicita con il premier, attorno al quale settori sempre più ampi si starebbero coalizzando per dar vita a un fronte europeo e moderato. È quanto sospettano i pasdaran di Salvini che parlano, pur sotto la garanzia dell’anonimato, di un attacco orchestrato all’interno del movimento e che rientrerebbe in una strategia della tensione contro Salvini e che farebbe la felicità di Palazzo Chigi in un momento delicato per la Lega a causa delle polemiche sulla possibile missione russa. L’indiziato numero uno, ovviamente, è il ministro Giancarlo Giorgetti, quello che, ricordano alcuni fedelissimi del segretario, aveva definito il futuro premier “Cristiano Ronaldo” e che di Damilano è stato il principale, se non unico kingmaker. Del resto, è lo stesso Damilano ad avvalorare tale ipotesi: “Io accendo la miccia”, dice per spiegare la sua decisione, quasi a voler anticipare una esplosione imminente nella Lega.

E allora non è un caso che a spazzolare l’imprenditore sia sceso in campo Riccardo Molinari, capogruppo della Lega a Montecitorio e segretario del partito in Piemonte ma soprattutto uno dei suoi pretoriani più fedeli (almeno in pubblico): “Sembra strano sentire certe parole dallo stesso Damilanoche è stato candidato dalla Lega e dal segretario Salvini sindaco di Torino e che ha più volte manifestato interesse per iniziare un percorso politico nello stesso partito nel quale ha cercato egli stesso sostegno”. E non solo in passato, come velenosamente allude, lasciando intendere a qualche richiesta non esaudita: “Vicinanza che ha manifestato anche in tempi recenti. Ma, del resto, la riconoscenza è sempre la virtù del giorno prima”. Ma è anche un parlamentare torinese, spesso ascritto nella falange “giorgettiana”, Alessandro Benvenuto a usare parole piuttosto severe: “L’uscita di Damilano dal centrodestra si commenta da sola come un gesto di ingratitudine nei confronti della Lega che, fin da subito, gli ha offerto appoggio leale e concreto. Sono stupito dal gesto e mi sorprendono le parole, ingiuste, usate nei confronti del nostro partito che da sempre lo ha sostenuto”.

Rimbrotto severo arriva pure da Forza Italia che, in Piemonte, è guidata dall’area capeggiata da Licia Ronzulli, quella più filosalviniana. “Sono molto sorpreso della presa di posizione di Damilano sia nelle modalità che nel merito – attacca il coordinatore azzurro, Paolo Zangrillo, fratello del medico personale del Cav –. Nelle modalità perché è un fulmine a ciel sereno e mi dispiace di apprendere dai giornali una posizione del genere quando io non lo sento da nove mesi. E nel merito non mi riconosco assolutamente nelle sue valutazioni. Questo centrodestra non è un centrodestra a trazione populista”.

Ambienti vicini all’imprenditore parlano di una scelta meditata da tempo e che avrebbe subito un’accelerazione a seguito di alcuni screzi con le altre forze di opposizione in Sala Rossa (anche a proposito di indicazioni su nomine non condivise da sottoporre al sindaco). Qualcuno riferisce di un Damilano offeso per non aver ricevuto rassicurazioni su una sua candidatura alle prossime politiche. Altri assicurano che abbia in mente un piano per le Regionali, dove presentandosi per la successione di Cirio – con il quale avrebbe avuto oggi uno scambio di opinioni “franco” al limite della lite – riuscirebbe a far da volano a “Piemonte Bellissimo” portando questa sua lista pocket, già registrata, addirittura al 20%. “Oggi ho acceso la miccia”, ripete sperando in cuor suo di non restare col cerino in mano.

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