RETROSCENA

Tremonti sogna via XX Settembre, in barba a Crosetto (e Siniscalco)

Natali socialisti, poi Patto Segni, berlusconiano in Forza Italia, leghista con Bossi e oggi candidato alla Camera da Fratelli d'Italia. E punta a tornare per la quinta volta al ministero dell'Economia che lasciò a un passo dal crac. Ma non ha fatto i conti con...

Tremonti a dir poco deludente”, firmato Guido Crosetto. Era d’agosto, come adesso, ma undici anni fa e l’allora sottosegretario alla Difesa, ancora nelle fila berlusconiane, vergò, insieme ad altri parlamentari compagni di partito, una nota di fuoco contro il ministro dell’Economia reo di aver proposto una ricetta anticrisi che, a loro dire, avrebbe continuato ad alimentare il mostro del debito pubblico. Ma dietro quel giudizio, fin da allora, era evidente la ruggine tra il gigante di Marene, futuro cofondatore di Fratelli d’Italia e l’economista che oggi è tra i nomi più in vista tra i candidati di quel partito, con la prospettiva – più alimentata da voci che da reali possibilità – di tornare a fare il ministro in un futuribile governo guidato da Giorgia Meloni o da chi per lei.

Da quell’estate del 2011 di acqua sotto i ponti ne è passata, ma forse non abbastanza per trascinare via la reciproca insofferenza che data origini ormai remote. I due non si sono mai presi e non si vede perché dovrebbero aver cambiato opinione l’un dell’altro solo adesso che il ministro dell’Economia tra i più contestati e controversi della storia repubblicana ha deciso di candidarsi nel partito che l’ex parlamentare, ma pur sempre primo e ascoltatissimo consigliere della Meloni, ha fondato e in cui continua ad avere pesante voce in capitolo.

Un rapporto costellato di stilettate e non povero di situazioni tra il surreale e il sarcastico, tratto del carattere, quest’ultimo, che certo non difetta al fiscalista di Sondrio, in gioventù socialista vicino a Gianni De Michelise stretto collaboratore di Rino Formica, l’autore della definizione della politica “sangue e merda”, ma approdato in Parlamento per la prima volta nel 1994 con il Patto Segni passando subito in Forza Italia.

Quando, un bel po’ di anni fa interpellato dallo Spiffero sulla presunta (e da lui smentita) telefonata ricevuta da Crosetto per proporgli di fare l’assessore nella giunta regionale di centrodestra presieduta da Roberto Cota, Tremonti non rinunciò ad arrotare ancor più la erre per dire: “Guardi, le faccio una confessione: non mi sono mai laureato”. Stoccata micidiale che neppure il giubbotto antiproiettile indossato nelle visite alle truppe all’estero riuscì a fermare contro la stazza dell’allora sottosegretario in mimetica, travolto dalla vicenda della laurea citata (lui dirà, poi, per sbaglio) nel curriculum, ma in realtà mai conseguita.

Sulla storia della telefonata ci avrebbe messo una pietra, un po’ traballante, l’allora governatore leghista, ma la questione pose comunque ulteriormente in evidenza il rapporto a dir poco non facile tra i due. Oscura la reale ragione e origine della ruggine, palese la sua esistenza mai venuta meno e che adesso con la leader di FdI che si dice potrebbe accarezzare l’idea di riportare Tremonti al Governo, dopo che a condurlo sull’uscio ormai anni fa fu Silvio Berlusconi, la posizione di Crosetto è nient’affatto irrilevante. Si metterà di traverso come un macigno sul viale del Tremonti verso un suo possibile ingresso al Mef?

Per il dicastero di via XX Settembre le quotazioni di Tremonti sono, ad oggi, decisamente minori rispetto a un nome “indicato” da Mario Draghi, ovvero quello di Fabio Panetta, già direttore generale di Banca d’Italia e unico componente italiano del board della Bce. Una figura che molto meglio di Tremonti, soprattutto dopo le sue recenti esternazioni su tassazione, borsa e investimenti, tranquillizzerebbe i mercati internazionali, quelli che oggi iniziano a vendere i titoli italiani.

Sonni tranquilli per Crosetto, se questa sarà la linea seguita dalla leader che di lui si fida e spesso a lui si affida. Per l’ex ministro sostituito dal Cav (che poi lo riavrà nuovamente in successivi governi) nel luglio del 2004 ci sarà un posto certo alla Camera nei banchi dei Fratelli, mentre per una sua nomina a ministro difficilmente potrà contare su un altro “appoggio” piemontese oltre a quello di Crosetto. E bisogna guardare proprio a quella lontana estate di 18 anni fa per trovare nel suo successore, l’economista Domenico Siniscalco, altre tracce di ruggine.

Destini spesso incrociati. Dopo essere succeduto a Tremonti, Siniscalco passerà il testimone nuovamente al suo predecessore nel 2004, in un momento cruciale come la vigilia della presentazione della manovra finanziaria evitando, con il veloce rientro di Tremonti, di infrangere quelle scadenze, che per un gioco del destino, si ripresentano oggi per l’approvazione della legge di Bilancio. E Siniscalco è un nome che circola a proposito del futuro titolare del Mef, a quanto si dice egli non sarebbe affatto disinteressato all’ipotesi, anzi. Una ragione in più per non spolverare troppo quella ruggine. La stessa che c’è, in maniera più evidente, tra Crosetto e Tremonti. La ragion di partito porterà l’ex sottosegretario, da tempo presidente dell’associazione delle industrie della Difesa, a scrollarsela di dosso come la sabbia sulla mimetica, oppure seppur tra Fratelli continueranno ad affilare i coltelli? 

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