GRANA PADANA

Lega, soffia il vento del Nord. Salvini nell'occhio del ciclone

Bossi dal letto d'ospedale chiama all'adunata. Il partito continua a scendere nei sondaggi, superato anche dal Terzo Polo. Futuro incerto per il leader tra mal di pancia e critiche sempre più diffuse. Domani il Federale. Le manovre di Zaia e Fedriga. E Molinari? - VIDEO

Il vecchio leone padano, pur acciaccato dai malanni, ruggisce ancora. E ancora la sua voce suona come richiamo della foresta per una parte della Lega e sinistro allarme per l’altra. “Ci vediamo il 3 dicembre a Giovenzano”, annuncia e promette Umberto Bossi dal letto d’ospedale. E Giovenzano nel lessico attuale è un po’ una Pontida degli esordi, anzi della riscossa perché nel borgo del Pavese si troveranno tutti quelli del Comitato del Nord, iniziativa della revanche nordista-autonomista e dolorosa spina nel fianco di Matteo Salvini. “Il comitato” del Nord l’ho voluto io ed al primo incontro voglio esserci io. Per cause di forza maggiore come vedete – dice su Facebook il Senatur – sono in ospedale ma non preoccupatevi: sto bene. Sarà un grande incontro”.

Loro, i suoi, quelli che hanno fondato il fronte nordista o vi hanno aderito, non si preoccupano di certo. Gli altri, piuttosto. Proprio a partire dal leader di un partito sempre più scosso da malcontenti e timori interni, sia pure (poco) mitigati da quel suo essere l’ultima forza politica a incarnare riti e regole leniniste. La legnata alle urne, i sondaggi che attestano come i partito di Giorgia Meloni abbia ormai quadruplicato i consensi rispetto a quelli che Salvini vede pericolosamente calare. E poi, come capita ai pugili suonati, anche le sberle fanno male come i pugni. Due ne ha prese, in pochi giorni. Domenica scorsa i primo dei congressi provinciali è stati vinto da uno dei suoi critici più feroci, Fabrizio Sala, ma il peggio è che il segretario manco era riuscito a candidare uno dei suoi. Passano pochi giorni e Gianmarco Senna, storico consigliere regionale della Lega e amico personale di Matteo (tra i suoi soci c’è l’ex compagna di Salvini), è passato all’altro Matteo, aderendo ad Azione-Italia Viva, quel Terzo Polo che nelle intenzioni di voto attuali ha pure lui superato la Lega.

Domani un Capitano con le truppe sempre meno motivate e lo sguardo puntato a cogliere segnali di ammutinamento, riunisce il Consiglio Federale. Formalmente per discutere di congressi e tesseramento, in realtà non è affatto escluso che sia quella l’occasione per (provare a) ragionare di un futuro a dir poco incerto. “C’è entusiasmo, i militanti sono contenti e la Lega è in crescita”, ovvero “il morale della truppa è alto” detto da Cadorna a Caporetto. E proprio lì, in quel Nord Est, molti a ragion veduta indicano di porre l’attenzione per quel che potrà succedere, nessuno sa ancora quando, ma tanti giurano capiterà nella Lega.

I pessimisti non fanno fortuna, s’intitola così il libro di Luca Zaia, dove il “doge” dedica parecchie pagine alla battaglia per l'autonomia e per un ritorno a una Lega nordista-federalista, non esimendosi dal prendere posizioni chiare (e assai lontane da quelle del segretario) su immigrazione, razzismo e altre tematiche che Salvini da tempo maneggia come un apprendista artificiere.

Oltre al libro il governatore del Veneto potrebbe scrivere la storia di una nuova Lega che, senza troppa nostalgia ma poggiando su antichi fondamentali, per molti oggi appare come l’unica salvezza dal baratro. Zaia non pare avere ambizioni da leader, molti spiegano il suo sogno sia il superamento del limite dei due mandati per guidare ancora un altro lustro la sua regione, ma questo non significa che Salvini non debba guardarsi le spalle. C’è una soglia di Gorizia cui fare attenzione sulle carte del Capitano, già perché dietro la regia e l’appoggio potente di Zaia potrebbe muoversi verso via Bellerio il suo omologo del Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, assai apprezzato (anche dagli avversari) alla guida della Conferenza delle Regioni. Nove anni alla testa del partito non sono pochi, ma il leader è (politicamente) stanco, forse più del fondatore a dispetto dell’età. Non lo ha certo rinfrancato quel che è stato più di un buffetto di Giorgia, quando la premier ha scelto Giancarlo Giorgetti per affidargli l’Economia, negando a lui l’agognato quanto impossibile Viminale, assegnato all’ex capo di gabinetto Matteo Piantedosi

Zaia, Fedriga, il vento del Nord e ancor più del Nord-Est, la tempesta che le nubi su via Bellerio annunciano ormai da tempo, fa preparare anche altri nomi pesanti del partito, per non trovarsi eventualmente coinvolti e troppo legati al leader. Si vedrà, probabilmente, quanto peserà l’amaro calice che Riccardo Molinari ha dovuto bere restando nel sia pur importante scranno di capogruppo alla Camera, mentre il Veneto (ma non così amato dai corregionali) Lorenzo Fontana brindava per l’ottenuta presidenza di Montecitorio che il deputato alessandrino credeva (con più di una ragione) ormai sua.

Se ne vedranno anche altre e, come si dice, delle belle. Magari non tanto domani nel rito un po’ stantio del federale, quanto magari già proprio il 5 a Giovenzano. Liquidare il ruggito del vecchio leone padano, nel richiamo della foresta federalista, come una semplice voce della nostalgia potrebbe essere un errore. Delusioni per le scelte nelle candidature alle politiche, mal di pancia per la sdrucciolevole strada nazionalista, non più paganti slogan sull’immigrazione e molto altro ancora muovono travagli dall’incerto esito nel partito guidato da un leader che, semmai volesse seguire Zaia nel cimento letterario, difficilmente potrebbe essere lui a scrivere la prossima avventura del Grande Nord.

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